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giovedì 31 luglio 2014

BIANCO TESTALONGA 2011 - Vino Bianco - Perrino Antonio



Perrino Antonio non produce vini timidi, ma fortemente espressivi, imperfetti, ruvidi e ruspanti, contadini e territoriali, originali e senza compromessi, ma maledettamente piacevoli e coinvolgenti fino all’ultimo bicchiere.


Sicuramente Dolceacqua non può vantare la fama e il blasone internazionale di città del vino come Barolo e Montalcino, ma smanettando on-line tra post vari e wine-shop, sembra che per stare “sul pezzo” ed essere dei veri “hipster” del vino, si debba bere Rossese. Qualcuno lo ha definito il vino del futuro… fresco, bevibile, snello, un rosso estivo…  roba che va di moda oggi dopo anni di vinoni "ciccia e brufoli", senza però riconoscere i meriti di alcuni produttori che hanno saputo ben lavorare con quest’uva. Personalmente delle tendenze me ne sono sempre fregato, e anche se il Rossese è un vino che mi piace assai, per me la Liguria del vino, veste soprattutto di bianco… e allora eccomi qui a stappare e raccontare di un Vermentino proveniente dalla terra del rosso Rossese… 


A Dolceacqua troviamo un vignaiolo di nome Antonio Perrino “Testalonga”, che firma vini fuori dagli schemi… non che faccia cose strane, ma su da lui il tempo sembra essersi fermato. Poco importa cosa succede nel così detto “mondo del vino”, delle guide, delle D.O.C., dei giudizi dei sommelier o dei movimenti “vinnaturisti”… qui il vino si fa artigianale e naturale per quei gesti e quelle abitudini che si ripetono nel tempo, racchiusi in un paio di ettari di vigneti e una piccola cantina da garagista, incastonata nell’ entroterra della riviera di ponente, lontano ancor più oggi che tanto se ne parla, dalle mode e dalle tendenze… 


Vado a stappare questa bottiglia di Vermentino 2011, 50° anniversario come dimostra l’etichetta supplementare… macerazione breve sulle bucce e si vede nel bicchiere, che si tinge di un giallo intenso tendente allo scuro… non possiamo parlare di vino “orange” e nemmeno di color “buccia di cipolla”, ma comunque si va in quella direzione. Poco snello e quasi impenetrabile, risulta velato e con particelle in sospensione. Già prima di versare si osserva (grazie anche al vetro bianco della bottiglia) parecchio fondo depositato, ma nessuna paura, è il sedimento naturale del vino non filtrato. Così visivamente ed esteticamente abbiamo già alcuni indizi interessanti, suggestioni quasi “vintage” che ci parlano di un vino dall’impronta rustica, ruspante, artigianale e contadina… praticamente la copia in bottiglia di Antonio Perrino. 


Naso importante, ricco, pieno di sensazioni e rimandi… non gli manca un po’ di “caratteristica” puzzetta, ma per fortuna non è troppo invadente e non infastidisce. Non manca nemmeno un po’ di volatile… ma anche in questo caso è solo un accenno che svanisce dopo pochi minuti di ossigenazione. Poi è un bel mix che spazia dagli idrocarburi alle note salmastre, si avverte salinità e mineralità, rimandi aromatici di salvia e timo, i profumi “liguri” dell’imbrunire. Non c’è spazio per finezza ed eleganza, forse queste sensazioni olfattive possono far storcere il naso a chi è abituato a bianchi più classici… ma è sempre un piacere trovare un vino dove non è la “solita” sensazione fruttata a predominare. Quindi vino senza banalizzazioni e senza “bananizzazioni”.


Con un naso del genere, al palato sorprende per bevibilità e scorrevolezza. Vini del genere risultano spesso “faticosi”, il Testalonga invece, grazie anche ad una gradazione alcolica contenuta (12.5%vol.), con sapidità e acidità “sgrassanti”, regala un sorso poco tondo e decisamente rustico, ma asciutto e scorrevole. Beva invitante, bottiglia “stesa” piuttosto velocemente e con indice di gradimento piuttosto elevato.


Non cercate qui la leggerezza di un “fresco” bianco per l’estate, tanto meno eleganza e finezza… Perrino Antonio non produce vini timidi, ma fortemente espressivi, imperfetti, ruvidi e ruspanti, contadini e territoriali, originali e senza compromessi, ma maledettamente piacevoli e coinvolgenti fino all’ultimo bicchiere. Non è di facile abbinamento, ma in questo luglio autunnale, l’ho servito non troppo freddo con un coniglio alla ligure… e come dire… non rasenta l’incastro perfetto, ma sa dare grandi soddisfazioni.


In attesa di partire per il Friuli del Collio e del Carso, ci voleva proprio un vignaiolo come Antonio per chiudere in bellezza il blog  prima della pausa estiva, anche perché ultimamente trovo sempre più soddisfazioni nello stappare la Liguria… Qui forse non si fanno le “grandi” bottiglie, ma piccole produzioni che in molti casi sfociano in sorsi tesi e minerali di grande corrispondenza territoriale… come questo Bianco Testalonga. Se per l’estate passate da Dolceacqua non vi resta che risalire i suoi stretti vicoli e far sosta da Antonio Perrino. Alternativamente… non vi resta che cercare… prezzo al dettaglio sulle 13-14 euro.

giovedì 24 luglio 2014

DONNA MARGHERITA 2011 - Barbera d'Alba D.O.C. - Giovanni Rosso



...classico nello stile, ma davvero ben fatto e nonostante qualche rotondità di troppo, riesce ad essere possente ma godibile, in una fusione perfetta di "atmosfere" moderne, che non sminuiscono il carattere del vitigno.


Giovanni Rosso é un nome che conta nel mondo del Barolo, grazie al lavoro di Davide Rosso, che in questi ultimi anni ha dato grande slancio alla cantina, attraverso un approccio dinamico e imprenditoriale che riesce a coniugare tradizione ed innovazione come pochi... C'è spirito imprenditoriale per un mercato che guarda soprattutto all'estero, ma anche un bagaglio familiare che affonda le radici in un secolo di storia langarola, che in un percorso di crescita numerica e qualitativa, ha portato Davide a valorizzare i cru aziendali e firmare alcuni dei Barolo più interessanti che ci sono in circolazione. Facendo un po' di orine... dobbiamo partire dalla località Baudana a Serralunga d'Alba, dove a sede la rinnovata cantina e da oltre 100 anni la famiglia Rosso è proprietaria dei cru Cerretta, La Serra, Broglio, Meriame, Sorano, Costa bella, Lirano e Damiano, oltre alla leggendaria Vigna Rionda, per alcuni la Romanée-Conti di Barolo. Se i vari cru di Barolo, rappresentano indiscutibilmente il fiore all'occhiello di questa azienda agricola, é giusto ricordare che ad oggi sono circa 100.000 le bottiglie prodotte, e che si vinificano anche altri classici piemontesi come il Dolcetto, la Barbera d'Alba Donna Margherita, il Nebbiolo e un Langhe Bianco da uve Sauvignon per un totale di circa 15ha vitati.

La Barbera che vado a stappare é figlia dell'assemblaggio di uve vinificate in purezza e provenienti dai vigneti Ceretta, Costa Bella, Liriano, Damiano a Serralunga e La Valle del Mondo in località Roddino. La "lavorazione" prevede la vendemmia verso fine ottobre, quando le uve sono ben mature, a cui seguono 18 giorni di fermentazione in acciaio a temperatura controllata, senza aggiunta di lieviti selezionati. Conclusione con affinamento nei legni di rovere francese da 25hl per circa un anno e imbottigliamento senza filtrazioni.

Compatta ed impenetrabile, tinta di un rosso rubino tendente al granato, si presenta piuttosto classica all’olfatto, un naso concentrato molto piacevole e un po’ ruffiano, tra un frutto rosso maturo e dolce, una vena alcolica persistente che scalda (14.5%vol.), speziatura che conferisce un tocco di piccante, il tutto ammorbidito da un sapiente affinamento nei legni. La beva è assai piacevole, vino rotondo che riempie bene il palato, concentrato e corposo, con tannino importante ma perfettamente integrato. Il sorso è sanguineo, succoso e coinvolgente, ha un grande potenziale estrattivo e il finale lungo e persistente, chiude con ottima corrispondenza gusto-olfattiva.

Vi dico subito che organoletticamente parlando è un vino davvero ben fatto, pulito e preciso, l’ho trovato gustoso e si è costantemente costretti a riempire il bicchiere fino all’ultima goccia. Certo amo maggiormente i contrasti delle barbere monferrine, con quel tocco rustico che fa un po’ osteria, in un continuo duello tra acidità e dolcezza. Qui il vino è sicuramente meno “originale”, più classico nello stile, ma davvero ben fatto e nonostante qualche rotondità di troppo, riesce ad essere comunque possente ma godibile, in una fusione perfetta di "atmosfere" moderne, che non sminuiscono il carattere del vitigno.

Per la cronaca, ho acquistato il Donna Margherita un annetto fa all’Esselunga, conoscendo già il nome di Rossi per il Barolo. Quando ho visto la sua Barbera in offerta a poco più di nove euro non me la sono fatta scappare, nonostante negli ultimi anni per scelta, non compro praticamente più bottiglie presso la GDO.

E' un’ottima Barbera che può incontrare il gusto di molti, anzi, non può non piacere, ed é quindi utilissima per una cena tra amici non troppo pretenziosi, ma con un po' di buon gusto. Peccato solo per il cambio di etichetta (quella vecchia disegnata in stile "poster" era bellissima), ma comunque anche esteticamente, nella più classica delle bottiglie langarole (Albeisa) fa la sua bella figura. Prezzo in enoteca sulle 13-15 euro… ma se vi capita di andare all’Esselunga date un occhio allo scaffale “enoteca” e se la trovate… approfittatene. Sicuramente tra i migliori produttori che si possono trovare in un supermercato. Un bel bere...

mercoledì 16 luglio 2014

POIEMA 2009 - Vallagarina I.G.T. - Eugenio Rosi




...se incontri Eugenio Rosi viticoltore artigiano del Trentino e assaggi il suo Poiema, in un lampo fai tabula rasa di tutti quei preconcetti che decine di assaggi “insignificanti” hanno generato nel tuo cervello.


Di Eugenio Rosi conosciuto a Fornovo un paio di anni fa vi ho già raccontato. Anche del suo fantastico “Anisos”, Nosiola in divenire, vi ho già raccontato. Di Eugenio Rosi vignaiolo artigiano in Vallagarina vi ho già raccontato, così come vi ho già raccontato molte altre cose in merito… a partire dal suo ritorno alla campagna, luogo amato fin da bambino, al rifiuto dell'agricoltura industriale, la volontà di fare il contadino, ed essere un vignaiolo artigiano e indipendente, per mettersi in gioco e produrre il suo vino. Il fine ultimo è riuscire a fare un grande vino, ed Eugenio sa bene, che solo attraverso un approccio artigianale e non interventista si possono ottenere vini espressivi, territoriali e stilisticamente ben fatti. 

Quello che ancora mi mancava era stappare il Poiema, perché anche se ne hanno già scritto in tanti, è un dovere raccontare di Eugenio Rosi “The King” of Marzemino… fino ad oggi (almeno per quanto mi riguarda) il migliore in circolazione.

Oggi con circa 6ha vitati, riesce a produrre 20.000 bottiglie l'anno, con l'autoctono Marzemino come vitigno principale. Siamo in Vallagarina, a Calliano... dove é situata la cantina di affinamento. Qui Eugenio mette in opera le sue conoscenze enologiche... sperimenta, elabora, mixa... come un vero artigiano nella sua bottega. Estro e lavoro, un po' visionario e molto contadino, Rosi è riuscito in breve tempo a realizzare vini caratteriali, valorizzando i vigneti con l'agricoltura naturale e un lavoro di cantina artigianale e senza trucchi. Ma anche il ritorno all'appassimento delle uve per il Marzemino, l'utilizzo di vecchie botti in ciliegio, fermentazioni naturali, bianchi vinificati in rosso, assemblaggi di annate diverse, solforosa ridotta all'osso, nessuna filtrazione. Eugenio è membro de "I Dolomitici" (vignaioli trentini uniti nei valori, per preservare la viticoltura autentica e artigianale) e con il suo lavoro ne rappresenta l'essenza, diventando uno dei più apprezzati vignaioli trentini del nuovo corso.

Le uve da con cui si realizza questo Marzemino sono coltivate su terreni alluvionali argillosi, in localita' Ziresi di Volano. La caratteristica principale di questo Poiema sta nella raccolta delle uve... una parte viene messa ad appassire nei fruttai (tecnica di un tempo), mentre il resto completa la maturazione in vigna. Avviene quindi una rifermentazione attraverso l’assemblaggio del vino realizzato con le uve raccolte e quelle lasciate ad appassire, a cui segue un anno di affinamento nelle botti, utilizzando anche legni di ciliegio. A concludere circa due anni in bottiglia.

Rosso rubino carico, intenso, compatto, impenetrabile alla vista. Naso persistente e di buon impatto… si rimane “avvolti” da un insieme di profumi coinvolgenti. Un frutto nero pieno e maturo, accompagnato da note di spezie piccanti, sentori balsamici e sbuffi fumè, ma soprattutto (nel bicchiere del giorno dopo) si avvertono rimandi erbacei e animali. Vino di grande struttura e nerbo, pieno, compatto, materico, con tannino morbido e vena acida rinfrescante che conferisce allungo e bevibilità. Al palato si può godere di un frutto “carnoso” e dolce, ma non è mai vino statico, scivola via dinamico verso un finale lungo e dal retrogusto “rustico”... come dire... ha una marcia “artigianale” in più e non stanca mai. Grande potenziale evolutivo.

Si nota fin da subito il ruolo non secondario delle uve appassite. Non pensate però ad un Marzemino “ingrassato” e “iperconcentrato”, qui è un perfetto gioco di equilibri , una maggior capacità estrattiva, conferisce quel tocco in più sia al gusto che al palato, grazie ad una maggior consistenza ed un frutto esplosivo, che da importanza al sorso, nobilitando  quelle che sono le caratteristiche che ti aspetti da un vino di montagna… freschezza, leggerezza, verticalità… un binomio ben integrato che fa del Poiema un vino “accattivante”, marchiando stilisticamente il Marzemino di Rosi… 

Devo essere sincero, non sono propriamente un amante del genere, nel senso che se incontrassi uno che mi dice “dammi 20 euro (che non sono poche) e ti faccio assaggiare un ottimo Marzemino”, ecco non le sborserei alla cieca e andrei a cercare sicuro rifugio nel Nebbiolo… ma se incontri Eugenio Rosi viticoltore artigiano del Trentino e assaggi il suo Poiema, in un lampo fai tabula rasa di tutti quei preconcetti che decine di assaggi “insignificanti” hanno generato nel tuo cervello. Riesci a focalizzare un insieme di pensieri e lunghe riflessioni che fanno scivolare la mano verso il portafogli ed estrarre il dovuto per portarti a casa la bottiglia. Su tutte l’importanza dell’artigianalità… fino ad oggi avevo assaggiato solo marzemini massivi di grandi cantine, vini che nella mia mente avevano declassato questo vitigni nella lista dei “poco interessanti”, creando in me una sorta di eno-snobbismo che non dovrei avere… della serie “provare per credere”. E poi l’importanza del rapporto umano e del modo in cui il vino viene venduto, il che conseguentemente va in simbiosi con l’importanza di andar per cantine e per fiere, qui il vino ci viene raccontato, si può assaggiare e conoscere, vedere, capire, scoprire… dargli il giusto valore e perché no usufruire della vendita diretta (vino pagato 15 euro, ma in enoteca si viaggia sulle 20).

Poco altro da aggiungere… due vini di Rosi stappati e due ottime bevute… indubbiamente tra i viticoltori più genuini ed interessanti in circolazione…