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mercoledì 18 febbraio 2015

TRUBAR 2008 - Venezia Giulia I.G.T. - Castello di Rubbia


Sui bianchi macerati e affinati in legno... rendono giustizia al vitigno?? Questione di metodo o stile?? Sono combattuto... e questa Vitovska non mi chiarisce le idee...


Alcuni mesi fa, mi trovavo sotto il portico di casa Zanusso con il sig. Ferdinando, alias "I Clivi", a mirar vigneti e sorseggiare gli eccellenti vini bianchi da lui prodotti. Ad un certo punto, mi sono permesso di chiedere come mai in una regione conosciuta per i bianchi “trattati come i rossi”, loro puntassero sulla vinificazione tradizionale con l'ausilio esclusivo dell'acciaio, il contenitore che meno influisce sulle caratteristiche del vino. Risposta convinta del sig. Zanusso... << ritengo che questo sia il modo migliore per realizzare vini il più fedeli possibili al vitigno e al terroir >>. Macerazioni no grazie, e botti di legno solo per i rossi. Quindi, anche se per pochi giorni, il contatto con le bucce, tende comunque ad alterare il vino, non solo nella struttura e nella materia, ma anche all'olfatto e al gusto, con sensazioni retrogustative spesso simili anche in vini che dovrebbero essere molto differenti. 

Come darle torto mentre mi concedo un bis della sua incredibile Ribolla, così leggera, scolorita, fresca, bevibile…  Eppure per correttezza e sincerità, ho voluto sottolineare che a me i bianchi macerati non dispiacciono affatto, purché ben fatti... Cito la Ribolla di Terpin... ovviamente diversissima dalla sua... ma altrettanto fantastica e a suo modo molto territoriale... (il sig.Ferdinando mi conforta esclamando << beh, Terpin é uno che lavora bene>>), così come non posso negare a me stesso, di aver bevuto e goduto in compagnia di tanti altri bianchi color "buccia di cipolla". Ma da quel giorno il cruccio mi è rimasto... e ogni volta che bevo un bianco macerato, mi chiedo, al di là del gusto personale, se quel vino riesce ad essere espressione diretta e veritiera del vitigno e del territorio. 

Anche perché ho la sensazione che oggi sia di moda proporre almeno un bianco fatto come un rosso e non mi riferisco solo ai produttori “naturali”… Si stanno forse commettendo gli stessi errori fatti con i rossi "americanizzati" al gusto, e quindi con delle similitudini più o meno accentuate anche su vitigni differenti e distanti centinaia di chilometri?? Come sempre la complessità e le variabili dell'eno-world mi lasciano combattuto e non ho una risposta certa da darvi, dopo tutto sono qui a raccontare esperienze e non a dare risposte.

Il cruccio mi è tornato al cospetto di questa bottiglia avuta in regalo (ringrazio!) di Trubar, una Vitovska macerata e affinata in legno, prodotta da una giovane realtà di San Michele del Carso (Gorizia), il Castello di Rubbia, che nasce sul finire degli anni 90 come progetto enoturistico. Questo significa "turismo nobile" attraverso la ristrutturazione del castello, un resort (leggo dal sito) “con un'antica cappella che sarà adibita per celebrazioni religiose, mentre le altre strutture adiacenti saranno destinate al ristorante, all’albergo dependance, alla sala congressi, al centro benessere con piscina e ai campi da tennis”. Passiamo alla parte che più ci interessa, ovvero quel "eno" davanti a turismo, 13 ettari vitati in media collina a quote comprese tra i 90 e i 150 metri, circondati dai boschi all'interno di una vallata carsica, con predominanza di vitigni autoctoni come vitovska, malvasia e terrano, più una piccola parte di cabernet sauvignon, tutti di recente impianto. A gestire il tutto la famiglia Černic, con la figlia Nataša ad occuparsi della produzione di vino. 

Entrando nel merito il Trubar (il nome deriva da Primoz Trubar letterato sloveno, pastore cattolico e poi protestante che in questo castello soggiornò), trattasi di una vitovska in purezza, le cui uve sono vendemmiate tra fine settembre ed inizio ottobre. Macerazione sulle bucce a temperatura controllata per alcuni giorni in acciaio inox, cui segue la fermentazione spontanea con lieviti autoctoni e l’affinamento in barriques e tonneaux di rovere di slavonia e acacia per 12-18 mesi. Il vino si stabilizza in acciaio e, dopo l’imbottigliamento, avviene un secondo affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi prima della commercializzazione. Un bianco importante quindi, adatto anche ad invecchiamenti piuttosto lunghi, non a caso viaggia tra le 20-25 euro in enoteca, una fascia di prezzo medio-alta per un vino bianco. Annata 2008 e gradazione alcolica sui 13°.

Nel bicchiere nessuna tendenza “orange”, ma un giallo oro piuttosto intenso e brillante, pulito e leggermente viscoso. Aristocratico. Quindi già all’aspetto nessun estremismo punk a confermare una macerazione piuttosto breve. Naso intrigante, incisivo e persistente, senza eccessi saturanti. E’ ben bilanciato e nonostante non sia più giovanissimo, rimangono intatte ed incisive le note “carsiche” spiccatamente minerali, rocciose, saline, così come le note verdeggianti, erbacee, fiori di campo… il tutto smorzato da un frutto piuttosto maturo, rinforzato dalla macerazione e dai legni, che conferisce ampiezza olfattiva attraverso sfumature dolciastre e leggermente affumicate, con richiami di mandorle amare e spezie. Anche la beva è decisamente piacevole, vini dritto e verticale, piacevolmente sapido e con acidità sostenuta ma perfettamente integrata e mai sopra le righe. Non manca in “sostanza”, con sensazione “materica” al palato, che arrotonda la beva e smussa gli spigoli, dando complessità ed importanza al sorso, anche se personalmente, una leggera sensazione dolciastra sopra le righe figlia di un frutto a pasta gialla e leggermente tropicalista maturo e polposo, lo rendono un po' scontato. Lungo e pulito nel finale, leggermente amarognolo, con ritorno alle note minerali e floreali.

Questa vitovska non mi è dispiaciuta, alla beva si ha la sensazione del vino importante, anche la scelta di una macerazione “non forzata” ha il suo perché e non stravolge troppo il vino. Quello che meno mi ha convinto è la scelta dell’ affinamento in legno, che sicuramente ha ammorbidito e arrotondato la beva, rendendola piacevole, ma manca un po’ in finezza ed equilibrio, ed anche al gusto, per chi come il sottoscritto è tendenzialmente “mineralista”, avrei preferito trovarmi un vino più spinto e tagliente, soprattutto in una terra di roccia e bora come il Carso. Rimane la personale sensazione di un Carso meno rurale e più “resort”. Alla prossima macerazione…..

2 commenti:

  1. Condivido le tue perplessità, superando il dubbio amletico e irrisolvibile su macerazione e moda/tendenza di periodo, ti dico che molti vini orange sono di una piacevolezza e complessità strepitosa, penso a Princic, Terpin, Radikon, Zidarick, Tenuta del Grillo, Cantina Giardino, quelli di Giulio Armani, per dirne giusto qualcuno, inoltre nella mia esperienza i rossi reggono alla grande le macerazioni anche lunghissime insite nella loro natura vinificativa e in essi si riesce comunque a individuare con esperienza, vitigno e territorio nell'accezione tradizionale della degustazione, cosa impossibile per i bianchi macerati.
    Nei bianchi io al massimo posso distinguere se si tratti di Nord o Sud, ma sui vitigni è un impresa ardua soprattutto perchè il nostro gusto-olfatto lo abbiamo modellato su parametri differenti diciamo più ais style, forse tra 10 anni riusciremo anche a distinguere i vitigni chi sa continuandone a bere di orange wine, nel frattempo dico che se nel macerativo bianco non c'è una ostentazione o costruzione troppo spinta, del tipo tanti giorni sulle bucce, molti altri sur lie, mesi e mesi su legni ecc ecc e se non si da vita a vini caricaturali, sono una bella storia.

    I bianchi dei Clivi li adoro, per il loro essere scarni e completi allo stesso tempo non mi trovo spesso con il prezzo di vendita per me troppo alto rispetto all'offerta finale e l'essenzialità di vino che vogliono esprimere!!!

    Claudio Tenuta

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  2. Concordo con te... hai nominato alcuni dei miei produttori preferiti... che fanno i migliori macerati in circolazione... a cui aggiungerei un paio di toscani come il Sassocarlo di Terre a Mano e il Bianco della Fabbrica di S.Martino perché mi piaciono molto. Rimane però la sensazione gusto-olfattiva simili per vini prodotti con uve molto diverse, e conseguentemente il dubbio... queste sensazioni non vanno ad omologare e occludere un po' l'espressione del vitigno?? Ma alla fine é solo vino... poche seghe, e godiamoci il piacere di bere quello che ci gusta...

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