...questo è l’Acino vini, una band di
3 elementi che dalla
cantina tra le aspre e rocciose colline della Calabria cosentina, se ne
escono con un 45 giri, Mantonicoz sul lato A e Toccomagliocco come B
side, che guarda al futuro partendo dal passato, due "piccole" gemme di
"periferia", dove ormai nessuno, ci avrebbe più
scommesso un centesimo...
Voglio iniziare dalla fine... e allora ve lo dico subito...
questo è un grande vino bianco!! E il termine “grande” va interpretato alla mia
maniera, diciamo trasversale e un po’ alternativ. Giusto per
intenderci, non ho utilizzato il termine “grande” in maniera classica, come
quando si parla di un bianco della Borgogna internazionalmente rinomato e costoso... roba di classe.
Ecco, per chi non ha tempo da perdere e ha ritmi di vita metropolitani, segnatevi questo nome per i prossimi acquisti e fine della storia. Per tutti gli altri che hanno il piacere di leggere la mia eno-esperienza con questo Mantonicoz, allora prendetevi 10min. di pausa e leggetevi questo post, perché la grandezza di questo vino è soprattutto legata alla sua storia, al suo territorio e ai suoi produttori (oltre ad essermi piaciuto un sacco, ma questo è un discorso più soggettivo ed ognuno può pensarla in maniera differente dal sottoscritto). Cerco di essere chiaro e non fare troppa confusione, perché le cose che devo scrivere e i concetti che voglio esprimere sono molti.
Ecco, per chi non ha tempo da perdere e ha ritmi di vita metropolitani, segnatevi questo nome per i prossimi acquisti e fine della storia. Per tutti gli altri che hanno il piacere di leggere la mia eno-esperienza con questo Mantonicoz, allora prendetevi 10min. di pausa e leggetevi questo post, perché la grandezza di questo vino è soprattutto legata alla sua storia, al suo territorio e ai suoi produttori (oltre ad essermi piaciuto un sacco, ma questo è un discorso più soggettivo ed ognuno può pensarla in maniera differente dal sottoscritto). Cerco di essere chiaro e non fare troppa confusione, perché le cose che devo scrivere e i concetti che voglio esprimere sono molti.
Allora, parto diretto...
siamo al cospetto di un fottutissimo gruppo punk rock, che suona in una cantina nei
sobborghi più malfamati di qualche cittadina post-sovetica. Ti aspetti un pezzo
grigio, teso e disperato, un punk nichilista e sgangherato, ma poi scopri che
sotto questi palazzoni pulsa un’anima punkabbestia e freakettona di ispirazione
Clashiana e se ne escono con un disco che pesca dalle radici per guardare avanti, un fiore
che spunta dall’asfalto per abbracciare il mondo come fu Sandinista più di vent'anni fa. Non ci avete capito
una mazza? Fa niente questo è l’Acino vini, una band di 3 elementi che dalla
cantina tra le aspre e rocciose colline della Calabria cosentina, se ne escono con un 45 giri, Mantonicoz sul lato A e Toccomagliocco come B side, che guarda al futuro partendo dal passato, due "piccole" gemme di "periferia", dove ormai nessuno, ci avrebbe più
scommesso un centesimo, ma che se ben "stimolato", é in grado di dare ottimi frutti.
Vengo in contatto con Dino e la realtà dell'Acino alla "Sorgente del Vino Live" di Agazzano. Da persona del sud, Dino é subito colloquiale e caloroso, mi presenta a ruota libera la sua realtà con entusiasmo e percepibile passione, facendomi gustare i suoi vini (questo é uno dei banche assaggi dove ti versano un vero bicchiere di vino, non come certi produttori "braccini", che non ti servono neanche un dito e tu li che guardi, senza capire se devi bere o se é solo per avvinare il bicchiere...), raccontandomi del suo lavoro e dei suoi progetti, rendendomi partecipe e piacevomente impossibile, la stretta di mano finale, senza l'acquisto di almeno una bottiglia (nello specifico il Mantonicoz 2009).
L'Acino é una piccola e giovane azienda gestita da Antonello Canonico, Dino Briglio e Emilio Di Cianni, con sede a San Marco Argentano, in un territorio difficile e aspro, terra rossa argillosa e ricca di minerali. La piccola produzione parte dall'affitto di due vigneti, un ettaro di Mantonico a 600m. di altezza e 3 ettari di Magliocco. Due vitigni autoctoni e antichi, quasi dimenticati in questo territorio, ed é proprio da qui, la loro terra, le loro radici, che i 3 amici hanno deciso di investire per guardare al futuro ripartendo dal passato. Un rapporto uomo-terra il più possibile rispettoso e naturale, unico metodo possibile per valorizzare il terroir e portare all'attenzione del panorama enologico italiano una nuova e fresca realtà vitivinicola Calabrese, spesso rilegata al più famoso Cirò e a pochi conosciuti produttori come 'A Vita.
Al banco assaggi provo tutti i 4 vini proposti da Dino, partendo dal Chora bianco e rosso, vini freschi, giovani, croccanti, semplici se vogliamo, ideali da "sgargarozzare" senza ritegno come vini da pasto. Per questi due vini mix di uve caserecce, partento dai 2 vitigni principali, ovvero Magliocco e Mantonico, mixati con la Guarnaccia, il Greco, l'Aglianico e il Pecorello, a seconda che si voglia ottenere il Chora Rosso o il Bianco. Poi ci sono i 2 cru dell'Acino, il Toccomagliocco e il Mantonicoz, entrambi prodotti con uve provenienti al 100% dagli omonimi vigneti, vini sicuramente più complessi, interessanti e longevi rispetto al Chora.
Allora vi racconto di questo Mantonicoz 2009, acquistato per circa 10euro al banco assaggi. Come dicevo 100% uve Mantonico, vendemmiate da un piccolo vigneto di un ettaro, situato a 600 metri di altezza e vecchio di oltre 70 anni. Ad essere precisi il vigneto é stato recuperato da un vecchio viticoltore che ne possedeva solo alcuni filari, gli unici esistenti trattandosi nello specifico di Mantonico Pinto. Ecco, questo é un altro motivo per cui definire questo vino un "grande vino". Una viticoltura giovane ma coraggiosa quella proposta dall'Acino, capaci di recuperare, innestare e realizzare un vitigno unico nel suo genere, caratteristico e delicatissimo, da cui si ottengono rese assai basse (dai 40 ql/ha a scendere), per una produzione che fatica a raggiungere le 2000 unità (ed infatti non le raggiunge). Alla luce di quanto scritto, se penso, che questa chicca enologica mi é costata 10 euro come un qualsiasi vino bianco da supermercato di livello qualitativo medio, ecco... questo é un "grande vino". (Ma credo che in enoteca dobbiate sganciare qualche euro in più...). Fermentazione e affinamento in vasche di acciaio per una durata di circa 6 mesi, ad esclusione di un 10% che va nel legno, con l'affinamento in tonneaux di secondo e terzo passaggio. Prima di essere commercializzato, ancora 6 mesi di "nanna" in bottiglia.
Entrando nella spirale del Mantonicoz devo subito fare una considerazione. La caratteristica di questo vino é di essere ingannatore alla vista. Guardi la bottiglia scura, leggi la gradazione alcolica sostenuta (13.5%) e poi versi nel bicchiere un vino molto "colorato", un oro intenso, pieno e carico ma di bella pulizia. Non siamo al cospetto di un vino aranciato come il Baccabianca di Zampaglione, ma un po' me lo ricorda. La grande differenza é data dal naso e dal palato. Ti aspetteresti un vino molto carico, polposo, tannico, pieno... ed invece l'idea visiva che ti eri fatto viene smentita da un bianco saporito e grintoso ma assai bevibile e leggero. Al naso si presenta con buona intensità, con sentori di frutta gialla matura, note ammandorlate ed erbacee, con una bella vena minerale. Piacevole, fine ma al contempo accattivante. Al palato da "er meglio". Va giù che é una meraviglia senza mai appesantire, la sua gradazione alcolica importante non infastidisce mai, dimostrandosi fresco, dinamico, amabile. Continuo e senza cadute nelle sue caratteristiche fino all'ultima goccia, sapido e minerale, con piacevole vena acidula. Tannicità molto lieve e nel complesso la sensazione di un vino ben fatto ma senza tralasciare quel tocco di rusticità che lo rendono sincero "compagno" eno-gastronomico. Il finale é abbastanza lungo, con retrogusto dolciastro-amarognolo che richiama le sensazioni olfattive.
Un buon vino quindi questo Mantonicoz, il classico bianco che un sommelier potrebbe definire discreto, limitandosi all'esame organolettico... ma se valutiamo (come é giusto che sia), tutto il processo che porta alla realizzazione di questo vino (quindi dall'idea di realizzare l'Acino vini, alla valorizzazione del terroir, fino al contatto diretto con il consumatore) lo rendono a mio avviso un grande vino.
Potete berlo bello fresco durante una serata estiva, con un pesciazzo sulla griglia, ma anche a temperatura ambiente abbinato ad un piatto di formaggi a pasta molle. Non facilissimo da recuperare, considerando anche l'esigua quantità di bottiglie prodotte... consiglio quindi di segnarvi sul taccuino il nome di questa cantina e andare a trovarli alla fiera vinicola più vicina a casa vostra. Vi portate a casa un vino piacevole e caratteristico, economicamente abbordabile e di buona longevità.
Per gli amanti dell'abbinamento eno-musicale, come ho scritto sopra, il Mantonicoz é un piccolo miracolo enologico, come fu Sandinista nel 1980 al cospetto di un panorama British punk iconoclasta e nichilista. Quindi bicchierozzo di Montonicoz e Clash a manetta? Fattibile... ma considerando che questo é il primo vino calabrese ad essere recensito su SimodiVino e la forte identità territoriale dell'Acino, non posso non abbinargli il baffo di Brunori SAS (recentemente visto qui a Varese), mentre in Rosa canta "...insomma devo scappare, che qui in Calabria non c'è niente, proprio niente da fare... c'è chi canta e chi conta... e chi continua a pregare..." . Poi assaggi il Mantonicoz nel bicchiere e capisci che Dario Brunori ogni tanto qualche cazzata ce la canta... l'Acino é la dimostrazione che dalla Calabria non bisogna scappare.. anzi c'è un sacco di lavoro da fare. Calabria rock.
Vengo in contatto con Dino e la realtà dell'Acino alla "Sorgente del Vino Live" di Agazzano. Da persona del sud, Dino é subito colloquiale e caloroso, mi presenta a ruota libera la sua realtà con entusiasmo e percepibile passione, facendomi gustare i suoi vini (questo é uno dei banche assaggi dove ti versano un vero bicchiere di vino, non come certi produttori "braccini", che non ti servono neanche un dito e tu li che guardi, senza capire se devi bere o se é solo per avvinare il bicchiere...), raccontandomi del suo lavoro e dei suoi progetti, rendendomi partecipe e piacevomente impossibile, la stretta di mano finale, senza l'acquisto di almeno una bottiglia (nello specifico il Mantonicoz 2009).
L'Acino é una piccola e giovane azienda gestita da Antonello Canonico, Dino Briglio e Emilio Di Cianni, con sede a San Marco Argentano, in un territorio difficile e aspro, terra rossa argillosa e ricca di minerali. La piccola produzione parte dall'affitto di due vigneti, un ettaro di Mantonico a 600m. di altezza e 3 ettari di Magliocco. Due vitigni autoctoni e antichi, quasi dimenticati in questo territorio, ed é proprio da qui, la loro terra, le loro radici, che i 3 amici hanno deciso di investire per guardare al futuro ripartendo dal passato. Un rapporto uomo-terra il più possibile rispettoso e naturale, unico metodo possibile per valorizzare il terroir e portare all'attenzione del panorama enologico italiano una nuova e fresca realtà vitivinicola Calabrese, spesso rilegata al più famoso Cirò e a pochi conosciuti produttori come 'A Vita.
Al banco assaggi provo tutti i 4 vini proposti da Dino, partendo dal Chora bianco e rosso, vini freschi, giovani, croccanti, semplici se vogliamo, ideali da "sgargarozzare" senza ritegno come vini da pasto. Per questi due vini mix di uve caserecce, partento dai 2 vitigni principali, ovvero Magliocco e Mantonico, mixati con la Guarnaccia, il Greco, l'Aglianico e il Pecorello, a seconda che si voglia ottenere il Chora Rosso o il Bianco. Poi ci sono i 2 cru dell'Acino, il Toccomagliocco e il Mantonicoz, entrambi prodotti con uve provenienti al 100% dagli omonimi vigneti, vini sicuramente più complessi, interessanti e longevi rispetto al Chora.
Allora vi racconto di questo Mantonicoz 2009, acquistato per circa 10euro al banco assaggi. Come dicevo 100% uve Mantonico, vendemmiate da un piccolo vigneto di un ettaro, situato a 600 metri di altezza e vecchio di oltre 70 anni. Ad essere precisi il vigneto é stato recuperato da un vecchio viticoltore che ne possedeva solo alcuni filari, gli unici esistenti trattandosi nello specifico di Mantonico Pinto. Ecco, questo é un altro motivo per cui definire questo vino un "grande vino". Una viticoltura giovane ma coraggiosa quella proposta dall'Acino, capaci di recuperare, innestare e realizzare un vitigno unico nel suo genere, caratteristico e delicatissimo, da cui si ottengono rese assai basse (dai 40 ql/ha a scendere), per una produzione che fatica a raggiungere le 2000 unità (ed infatti non le raggiunge). Alla luce di quanto scritto, se penso, che questa chicca enologica mi é costata 10 euro come un qualsiasi vino bianco da supermercato di livello qualitativo medio, ecco... questo é un "grande vino". (Ma credo che in enoteca dobbiate sganciare qualche euro in più...). Fermentazione e affinamento in vasche di acciaio per una durata di circa 6 mesi, ad esclusione di un 10% che va nel legno, con l'affinamento in tonneaux di secondo e terzo passaggio. Prima di essere commercializzato, ancora 6 mesi di "nanna" in bottiglia.
Entrando nella spirale del Mantonicoz devo subito fare una considerazione. La caratteristica di questo vino é di essere ingannatore alla vista. Guardi la bottiglia scura, leggi la gradazione alcolica sostenuta (13.5%) e poi versi nel bicchiere un vino molto "colorato", un oro intenso, pieno e carico ma di bella pulizia. Non siamo al cospetto di un vino aranciato come il Baccabianca di Zampaglione, ma un po' me lo ricorda. La grande differenza é data dal naso e dal palato. Ti aspetteresti un vino molto carico, polposo, tannico, pieno... ed invece l'idea visiva che ti eri fatto viene smentita da un bianco saporito e grintoso ma assai bevibile e leggero. Al naso si presenta con buona intensità, con sentori di frutta gialla matura, note ammandorlate ed erbacee, con una bella vena minerale. Piacevole, fine ma al contempo accattivante. Al palato da "er meglio". Va giù che é una meraviglia senza mai appesantire, la sua gradazione alcolica importante non infastidisce mai, dimostrandosi fresco, dinamico, amabile. Continuo e senza cadute nelle sue caratteristiche fino all'ultima goccia, sapido e minerale, con piacevole vena acidula. Tannicità molto lieve e nel complesso la sensazione di un vino ben fatto ma senza tralasciare quel tocco di rusticità che lo rendono sincero "compagno" eno-gastronomico. Il finale é abbastanza lungo, con retrogusto dolciastro-amarognolo che richiama le sensazioni olfattive.
Un buon vino quindi questo Mantonicoz, il classico bianco che un sommelier potrebbe definire discreto, limitandosi all'esame organolettico... ma se valutiamo (come é giusto che sia), tutto il processo che porta alla realizzazione di questo vino (quindi dall'idea di realizzare l'Acino vini, alla valorizzazione del terroir, fino al contatto diretto con il consumatore) lo rendono a mio avviso un grande vino.
Potete berlo bello fresco durante una serata estiva, con un pesciazzo sulla griglia, ma anche a temperatura ambiente abbinato ad un piatto di formaggi a pasta molle. Non facilissimo da recuperare, considerando anche l'esigua quantità di bottiglie prodotte... consiglio quindi di segnarvi sul taccuino il nome di questa cantina e andare a trovarli alla fiera vinicola più vicina a casa vostra. Vi portate a casa un vino piacevole e caratteristico, economicamente abbordabile e di buona longevità.
Per gli amanti dell'abbinamento eno-musicale, come ho scritto sopra, il Mantonicoz é un piccolo miracolo enologico, come fu Sandinista nel 1980 al cospetto di un panorama British punk iconoclasta e nichilista. Quindi bicchierozzo di Montonicoz e Clash a manetta? Fattibile... ma considerando che questo é il primo vino calabrese ad essere recensito su SimodiVino e la forte identità territoriale dell'Acino, non posso non abbinargli il baffo di Brunori SAS (recentemente visto qui a Varese), mentre in Rosa canta "...insomma devo scappare, che qui in Calabria non c'è niente, proprio niente da fare... c'è chi canta e chi conta... e chi continua a pregare..." . Poi assaggi il Mantonicoz nel bicchiere e capisci che Dario Brunori ogni tanto qualche cazzata ce la canta... l'Acino é la dimostrazione che dalla Calabria non bisogna scappare.. anzi c'è un sacco di lavoro da fare. Calabria rock.
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