Un
Bordeaux interessante per gli amanti della categoria, ma qui a Simo
diVino piace il rock'n'roll e il taglio bordolese, mi suona molto
sanremese...
Alcuni anni fa, per puro spirito conoscitivo, qualche bottiglia di Bordeaux
la compravo. Oggi non più… ma in virtù della fama dei vini prodotti nella
regione francese tagliata dalla Garonne, la tentazione ad acquistare queste
bottiglie è ovviamente alta, soprattutto per chi come me, è sempre assetato di
conoscenza e curiosità. Poi gli anni passano, si affina il gusto, si cercano
“altre” emozioni, soprattutto quando ci si appassiona ai vini artigianali e naturali,
un anno zero da cui non si riesce più a tornare indietro.
Recupero
così dalla cantina questa bottiglia di Margaux del 2008, quasi non me la
ricordavo più, avrei dovuto stapparla prima, quando ancora trovavo piacevole
questa tipologia di vini, e non oggi che generalmente non riesco più ad
entusiasmarmi con i vini dal taglio bordolese (con alcune eccezioni su
bottiglie importanti che hanno il loro perché). Non posso farci nulla, perché pur con
le loro sfumature e varianti, quando stappi un vino tipo questo, hai già
un'idea di quello che troverai nel bicchiere e così sarà. Quindi sorpresa zero.
Semplice questione di gusti personali?? Forse, ma io con questi vini non riesco mai a stupirmi ed entusiasmarmi e dopo
due o tre bicchieri sono già stufo.
Gli amanti del genere avranno di che dire… ma stappare un Bordeaux come questo, è come guardare il Festival di Sanremo. Su venti canzoni, puoi salvare le tre o quattro migliori, ma alla fine per quanto possano essere meglio delle altre, é pur sempre un pezzo prodotto per Sanremo e sai già cosa aspettarti. Saranno i testi politicamente corretti che parlano d’amore, saranno gli arrangiamenti dell’orchestra, sarà la costruzione pop della canzone, quello che volete, ma state tranquilli, in un pezzo di Sanremo di rock‘n’roll ne troverete ben poco. Il taglio bordolese mi fa lo stesso effetto, anche se interessanti, c’è sempre un qualcosa che li rende simili e scontati… come se gli mancasse un animo rock’n’roll. Certo sto generalizzando, ma sono sicuro che tra voi lettori sono molti gli appassionati che non si ritrovano nei vini bordolesi. Se ti piace il rock e non la musica melodica… probabilmente non ti piaceranno i vini di bordeaux.
Gli amanti del genere avranno di che dire… ma stappare un Bordeaux come questo, è come guardare il Festival di Sanremo. Su venti canzoni, puoi salvare le tre o quattro migliori, ma alla fine per quanto possano essere meglio delle altre, é pur sempre un pezzo prodotto per Sanremo e sai già cosa aspettarti. Saranno i testi politicamente corretti che parlano d’amore, saranno gli arrangiamenti dell’orchestra, sarà la costruzione pop della canzone, quello che volete, ma state tranquilli, in un pezzo di Sanremo di rock‘n’roll ne troverete ben poco. Il taglio bordolese mi fa lo stesso effetto, anche se interessanti, c’è sempre un qualcosa che li rende simili e scontati… come se gli mancasse un animo rock’n’roll. Certo sto generalizzando, ma sono sicuro che tra voi lettori sono molti gli appassionati che non si ritrovano nei vini bordolesi. Se ti piace il rock e non la musica melodica… probabilmente non ti piaceranno i vini di bordeaux.
Vado
a stappare speranzoso… verso-sniffo-bevo, tutto confermato. Rubino intenso,
scuro e concentrato nel cuore, impenetrabile, volge al granato sui bordi,
piuttosto elegante, pulito. Archi, archetti, lacrime discendenti… anche qui
tutto come previsto. Profumi fini e ruffiani, profondi e piuttosto intensi,
ricchi di estrazione. Il frutto è pieno, dolce e maturo, ciliegia e more,
accenni floreali, spezie piccanti, richiami di barriques, vaniglia, leggera
tostatura. Per fortuna sotto traccia c’è qualcosa di “sporco”, una texture
leggermente terrosa, catramosa appena accennata, tanto basta per non scadere
totalmente nella visione di Albano e Romina che cantano “Felicità”. Beva
caratterizzata da tannini integrati anche se non troppo vellutati. Vino
caloroso e di corpo, materico e concentrato, maturo, lungo e dal retrogusto
dolciastro, riesce a mantenersi eretto grazie ad una leggera acidità e alla
piccantezza delle note pepate. Questo è sicuramente un punto a suo favore…
evitare di scadere (come a volte capita) nell’auto compiacimento, nella
dolcezza e nel legno nuovo.
Le
jeux sont fait, ma é meglio lasciarvi con qualche info sulla cantina...
vedo già una folla spontanea di sostenitori del taglio bordolese che inveisce davanti al cancello di casa… La cantina si chiama Château La Tour de Mons, quindi occhio pischelli a non confondervi con il
blasonato Château Latour di Pauillac, sempre Medòc, sempre Bordeaux, ma in realtà siamo su due pianeti diversi. Ci si trova "virtualmente" nel nel comune di Soussans,
quindi denominazione Margaux, sulla riva sinistra della Garonne e questo vino rientra
nella classificazione Cru Bourgeois.
Come spesso capita in Francia, storia
antichissima per questo Château, proprietà della famiglia “de Mons” già dal
1600. Nel 1995 la tenuta è stata venduta a un gruppo di investitori, il Crédit
Agricole e la Caisse des Dépôts et des Placements du Québec. Attualmente sono
circa 46 gli ettari vitati a corpo unico, con i classici vitigni bordolesi, con
predominanza di Cabernet Sauvignon, Merlot
e in piccole percentuali Cabernet Franc e Petit Verdot. In totale si sfiorano
le 400.000 bottiglie l’anno, circa 160.000 per questo Margaux. Per produrre questo
blend si mixa un 56 % di Merlot, 39 % di Cabernet Sauvignon
e 5 % Petit Verdot. Dopo la raccolta manuale ad inizio ottobre,
le uve vengono mantenute separate in serbatoi di acciaio inox con fermentazione
a bassa temperatura per un periodo prolungato. Quindi il travaso in barriques. Si
conclude con l’assemblaggio e l’invecchiare per 12 mesi in barrique di rovere
francese, il 40% delle quali nuove. Questo é tutto. Alla prossima bottiglia bordolese... se ci sarà...
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