...Anche se le vigne sono accudite in maniera molto “natur”c’è un
approccio moderno, molto tecnico e scientifico nel seguire il processo
produttivo del vino, si sente la mano dell'uomo, almeno più di quanto ti
aspetteresti da un produttore che si definisce biodinamico...
Torno sul luogo del delitto alcuni mesi dopo avervi raccontato del buon
Rosso Golfo dei Poeti di Andrea Kihlgren. Questa volta cambio tipologia, siamo
in Lunigiana, terra di eccellenza del Vermentino dei colli di Luni., più precisamente
a Sarzana, tra Liguria e Toscana, con il golfo dei Poeti e i suoi incantevoli
borghi ad est, ad ovest si sale verso i monti delle Alpi Apuane e le cave di
marmo carrarese, mentre a sud si sfocia nel mare a Bocca di Magra.
Su queste colline sorge Il Monticello, azienda vinicola bio-qualcosa, ma
anche agriturismo con alloggio. Le origini di questa azienda agricola risalgono
alla metà degli anni 80, quando un ingegnere elettronico la eredita e per hobby
inizia a dedicarsi al piccolo vigneto esistente (circa 0.5 ha). Ben presto il sign.
Pier Luigi Neri si rende conto delle potenzialità di questo territorio, inizia
a produrre le prime bottiglie con buoni risultati, tanto da trasformarsi in “ingegnere
viticoltore” a tempo pieno.
Circa una decina di anni fa, prende forma e sostanza la tenuta "Il
Monticello" così come la conosciamo oggi, grazie all'acquisto di altri
terreni, la costruzione di una nuova cantina e il passaggio di consegne ai
figli Alessandro e Davide. Ad influenzare le idee e il percorso enologico dei
fratelli Neri, c'è l'incontro con il produttore piemontese Claudio Icardi, che
ha indirizzato la cantina verso una valorizzazione del territorio puntando
sulla viticoltura biologica, il recupero di vecchie piante e la sostenibilità
ambientale.
Oggi Il Monticello può vantare dieci ettari vitati su colline esposte verso
il mare, composte da argille limo-sabbiose. I terreni vengono arricchiti con
l'utilizzo di preparati biodinamici, compost e sovescio, mentre si ricorre
all'esclusivo utilizzo di rame e zolfo per proteggere le viti, evitando
l’utilizzo di qualsiasi prodotto chimico. Attualmente vengono prodotte tra le
60/70.000 mila bottiglie l’anno, con il Vermentino a farla da padrone, ma si
sono ottenuti ottimi risultati anche con il rosso (Sangiovese, Ciliegiolo, Canaiolo,
Pollera e Merla), il rosè e il pasito. Entrambi i vini (bianco e rosso) sono
prodotti in due versioni, quella classica (come ad esempio per il Vermentino
base, affinamento solo acciaio) e quella
più “importante”, prodotta in minor quantità e affinata in barriques (come il
Vermentino Poggio Paterno). Negli ultimi anni l’ingresso in azienda come
enologo Nicola Tucci ha ulteriormente definito e marcato lo stile dei vini del
Monticello.
Anche se le vigne sono accudite in maniera molto “natur”, non mi sento di
inserire questo produttore nella cerchia dei così detti produttori “naturali”
(almeno per come li intendo io, essendo questo termine piuttosto vago e liberamente interpretabile…), in quanto c’è un
approccio moderno, molto tecnico e scientifico nel seguire il processo
produttivo del vino, si sente la mano dell'uomo, almeno più di quanto ti
aspetteresti da un produttore che si definisce biodinamico... che tradotto
significa bere un Vermentino stilisticamente preciso, diciamo una garanzia, ma
senza quel tocco caratteriale che ad esempio contraddistingue i Vermentini di
Santa Caterina.
Passando al nostro Vermentino dei Colli di Luni 2011 (circa 46.000 bottiglie
prodotte) di cui vi scrivo oggi, vendemmia realizzata in varie fasi nel mese di
settembre, con resa tra i 70/80 ql/ha. Fermentazione a temperatura controllata
e affinamento in inox per 5 mesi più un mesetto di riposo in bottiglia.
Acquistata e pagata 10 euro circa in un negozietto, mentre “bazzicavo” tra i
vicoli dell’incantevole Tellaro… carina nell’estetica, la bottiglia in stile
“alsaziano”, presenta una bella veste grafica modello “fatta a mano”, mentre
sul retro, oltre all’etichetta di rito, c’è una seconda etichetta nera con
scritto in bella evidenza “Noi non usiamo prodotti sistemici”. Mi gratta sempre
un po’ il naso quando viene sbandierata la “naturalezza” del prodotto… sento
puzza di marketing, ma devo ammettere che alla fine il vino l’ho comprato…
quindi, anche se non mi piace, devo ammettere che la cosa funziona…
Nel bicchiere color giallo paglierino con riflessi dorati, piuttosto brillante,
leggermente velato e qualche particella in sospensione. E' un bianco che ha
buona persistenza e freschezza, con una sottile venatura acida che lo rendono
un filo pungente, almeno quanto basta per dargli un po' di carattere e grinta,
al cospetto di un cuore fruttato e floreale che lo rendono più polposo e
morbido. Un vino di pronta beva, mai stancante, che si “scola” con disinvoltura
e piacevolezza. Tecnicamente ben fatto sempre in equilibrio tra il dolciastro
della frutta, un bel finale amarognolo e una acidità fresca e vibrante che dona
dinamicità e bevibilità.
Nell'insieme un Vermentino senza grandi acuti, facile se volete, ma ben
fatto e non banale, che farà felice soprattutto chi (come il sottoscritto), ama
berli freschi e leggeri, con disinvoltura, nelle calde serate estive, sia come
vino da accompagnamento ad un buon piatto di pesce o durante un aperitivo.
Per gli amanti dell'abbinato eno-musicale.. beh... visto
che siamo al cospetto di un vino Techno-Dinamico o Bio-Techno (o mio dio....),
non vi resta che assaporarlo bello fresco in riva al mare, durante l’aperitivo,
mentre muovete “il culo” su una base techno danzeraccia con stile… niente
tamarrate tunz-tunz… ci vuole un tocco di classe e allora basta andare indietro
di qualche anno e far risuonare quel capolavoro francese che è stato Homework
dei Daft Punk.
Che dire, passano gli anni ma questo album rimane sempre
una garanzia… un po’ questo Vermentino, si va sul sicuro….