...non deve essere "degustato" in un super-ballon
davanti al caminetto, ma "gustato" con i gomiti appoggiati su una tovaglia a
quadrettoni bianchi e rossi.
E' un venerdì sera di quelli caldi ed estivi, in cui dopo una settimana "di sudore" con giornate torride ed afose e notti "da finestra spalancata", hai solo voglia di rilassarti in giardino per godere quel minimo di relax che la leggera brezza prealpina riesce a regalarci quando il sole tramonta.
Ognuno ha le sue tecniche per riappacificarsi con il proprio corpo, c'è chi monta in macchina per un week-end al mare, chi va al centro commerciali a fare shopping... (che li c'è l'aria condizionata, gente che sta male...), chi si fionda in qualche centro benessere a farsi massaggiare e chi non ha voglia di fare una mazza e si spalma sul divano a guardare gli europei di calcio tra joint e birrette ghicciate.
Io decido per un'ultimo sforzo.. ultima vampata di calore e sudore, giusto il tempo di arrostire un polletto alla diavola e qualche verdura sulla griglia, prima di perdermi in una buona bottiglia di Chianti. Sono queste situazioni un po' così, da fine settimana "scazzo andante"... stappare una bottiglia "di livello" sarebbe quasi uno spreco... bisogna andare su qualcosa di classico e sicuro, una boccia semplice ma che sa darti le giuste garanzie di buon vino da tavola, da gustare in disimpegno mentre fai due chiacchere e sgranocchi la coscia del polletto abbrustolito, rigorosamente con le mani.
Pesco così dalla cantina un classico della viticoltura toscana... ovvero il Chianti Classico di Castellare, una delle più conosciute, premiate e direi anche rispettate aziende del Chianti. Anche se indirettamente ho già parlato di questa cantina, nella recensione de "Le sughere di Frassinello", prodotto dalla Rocca di Frassinello, che insieme a "Feudi di Pisciotto" e "Gurra di Mare" completano il lotto dei domini sotto la gestione di Paolo Panarei e dei suoi collaboratori.
Quella di Castellare é la prima e direi anche la più prestigiosa delle tenute, fondata nel 1968 con l'unione di 5 poderi, ma é sul finire degli anni '70 grazie all'acquisizione del giornalista ed editore con la passione per il vino Paolo Panarei, che la cantina inizia un importante processo di crescita e gestione, con scelte accurate ed intelligenti, che gli permettono di ricevere apprezzamenti e riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale, sia da parte dei tradizionalisti che dei modernisti.
Mentre alla Rocca di Frassinello la produzione è incentrata su Supertuscan e blend di taglio bordolese, nella cantina di Castellina si producono vini dal taglio moderno (penso ad esempio all’utilizzo di barriques) ma che tengono fede alla tradizione del Chianti Classico con l’utilizzo di uve autoctone (Sangiovese, Canaiolo, Malvasia Nera), mentre le internazionali (come ad esempio il Merlot), vengono vinificate in purezza. Come dire, rispetto e fiducia nel Sangiovese, il voler essere al passo coi tempi ma tenendo fede alla tradizione e al territorio, la dimostrazione che si può produrre uno dei più rinomati e apprezzati vini del mondo, (ovvero il “Sodi di San Nicolò”) senza scendere a compromessi con vitigni internazionali.
Partiamo dalla base, dal più classico e tradizionale vino chiantigiano, ovvero il Chianti Classico, qui siamo sulle colline di Castellina in Chianti e viene prodotto con il Sangiovese (95%) tagliato solo con la locale uva Canaiolo, senza seguire la tendenza che negli ultimi anni ha visto l’utilizzo da parte di molte cantine, di uve Merlot e Cabernet, per ottenere vini più concentrati, carichi e corposi (diciamo più "piacenti" al mercato estero, non dimentichiamo che oltre l'80% del Chianti viene esportato) un vero sacrilegio per i puristi del Chianti e del sangiovese.
La vendemmia delle uve avviene nel mese di ottobre e sono coltivate su terreno calcareo con una resa di 50ql. per ettaro. Per dare vita alle circa 110.000 bottiglie prodotte viene eseguita una fermentazione delle uve in vasche di inox termocontrollate a 28°C, per una durata di 15/20 giorni. L'affinamento invece viene eseguito per 7 mesi in botti di rovere francese usate, prima di rimanere per altrettanto tempo a riposare nella bottiglia.
Di color rosso rubino abbastanza carico, scuro e profondo. Al naso è discreto sia per intensità che per persistenza, con un bouquet in cui dominano i sentori dolciastri di frutta rossa, come ciliegie, fragole e lampone, accompagnati da note di violetta e fiori di campo, oltre che da una leggera tostatura di fondo e più amarognoli sentori terrosi. Al palato perde l'effetto dolcezza del naso, dimostrandosi sapido e secco, con il tannino bello presente e una buona acidità che lo rendono ideale come vino da tavola. Viene fuori il carattere del Sangiovese, con quella nota pungente che conferisce al vino freschezza, una beva apprezzabile e mai ruffiana, con il ritorno delle sensazioni di frutta rossa, una buona vena alcolica (13.5% vol.) che conferisce al vino giusto un filo di calore, ma soprattutto un finale piuttosto lungo che da importanza al tutto. Discreto per corpo e struttura, ottimo per carattere, un Chianti Classico di nome e di fatto, ideale compagno di viaggio della gastronomia toscana.
Pur senza stupire o dare vita ad entusiastici commenti, la bottiglia è andata ovviamente finita, bevuta con molto piacere e senza mai risultare faticosa. Forse gli manca un filo di eleganza e finezza, ma non è questo che andiamo a cercare in un buon Chianti, che non deve essere degustato in un super-ballon davanti al caminetto, ma gustato con i gomiti appoggiati su una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi.
Reperibilità abbastanza facile (si trova anche all’Esselunga per intenderci), ma occhio al prezzo, che mediamente varia tra le 9-15 euro… sui 10 sacchi ha ancora un buon rapporto qualità/prezzo, a 15 euro mi sa che qualcuno ci sta facendo la cresta e forse su queste cifre si possono trovare Chianti più interessanti. In qualsiasi caso, da bere senza nessuna cautela.
E' un venerdì sera di quelli caldi ed estivi, in cui dopo una settimana "di sudore" con giornate torride ed afose e notti "da finestra spalancata", hai solo voglia di rilassarti in giardino per godere quel minimo di relax che la leggera brezza prealpina riesce a regalarci quando il sole tramonta.
Ognuno ha le sue tecniche per riappacificarsi con il proprio corpo, c'è chi monta in macchina per un week-end al mare, chi va al centro commerciali a fare shopping... (che li c'è l'aria condizionata, gente che sta male...), chi si fionda in qualche centro benessere a farsi massaggiare e chi non ha voglia di fare una mazza e si spalma sul divano a guardare gli europei di calcio tra joint e birrette ghicciate.
Io decido per un'ultimo sforzo.. ultima vampata di calore e sudore, giusto il tempo di arrostire un polletto alla diavola e qualche verdura sulla griglia, prima di perdermi in una buona bottiglia di Chianti. Sono queste situazioni un po' così, da fine settimana "scazzo andante"... stappare una bottiglia "di livello" sarebbe quasi uno spreco... bisogna andare su qualcosa di classico e sicuro, una boccia semplice ma che sa darti le giuste garanzie di buon vino da tavola, da gustare in disimpegno mentre fai due chiacchere e sgranocchi la coscia del polletto abbrustolito, rigorosamente con le mani.
Pesco così dalla cantina un classico della viticoltura toscana... ovvero il Chianti Classico di Castellare, una delle più conosciute, premiate e direi anche rispettate aziende del Chianti. Anche se indirettamente ho già parlato di questa cantina, nella recensione de "Le sughere di Frassinello", prodotto dalla Rocca di Frassinello, che insieme a "Feudi di Pisciotto" e "Gurra di Mare" completano il lotto dei domini sotto la gestione di Paolo Panarei e dei suoi collaboratori.
Quella di Castellare é la prima e direi anche la più prestigiosa delle tenute, fondata nel 1968 con l'unione di 5 poderi, ma é sul finire degli anni '70 grazie all'acquisizione del giornalista ed editore con la passione per il vino Paolo Panarei, che la cantina inizia un importante processo di crescita e gestione, con scelte accurate ed intelligenti, che gli permettono di ricevere apprezzamenti e riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale, sia da parte dei tradizionalisti che dei modernisti.
Mentre alla Rocca di Frassinello la produzione è incentrata su Supertuscan e blend di taglio bordolese, nella cantina di Castellina si producono vini dal taglio moderno (penso ad esempio all’utilizzo di barriques) ma che tengono fede alla tradizione del Chianti Classico con l’utilizzo di uve autoctone (Sangiovese, Canaiolo, Malvasia Nera), mentre le internazionali (come ad esempio il Merlot), vengono vinificate in purezza. Come dire, rispetto e fiducia nel Sangiovese, il voler essere al passo coi tempi ma tenendo fede alla tradizione e al territorio, la dimostrazione che si può produrre uno dei più rinomati e apprezzati vini del mondo, (ovvero il “Sodi di San Nicolò”) senza scendere a compromessi con vitigni internazionali.
Partiamo dalla base, dal più classico e tradizionale vino chiantigiano, ovvero il Chianti Classico, qui siamo sulle colline di Castellina in Chianti e viene prodotto con il Sangiovese (95%) tagliato solo con la locale uva Canaiolo, senza seguire la tendenza che negli ultimi anni ha visto l’utilizzo da parte di molte cantine, di uve Merlot e Cabernet, per ottenere vini più concentrati, carichi e corposi (diciamo più "piacenti" al mercato estero, non dimentichiamo che oltre l'80% del Chianti viene esportato) un vero sacrilegio per i puristi del Chianti e del sangiovese.
La vendemmia delle uve avviene nel mese di ottobre e sono coltivate su terreno calcareo con una resa di 50ql. per ettaro. Per dare vita alle circa 110.000 bottiglie prodotte viene eseguita una fermentazione delle uve in vasche di inox termocontrollate a 28°C, per una durata di 15/20 giorni. L'affinamento invece viene eseguito per 7 mesi in botti di rovere francese usate, prima di rimanere per altrettanto tempo a riposare nella bottiglia.
Di color rosso rubino abbastanza carico, scuro e profondo. Al naso è discreto sia per intensità che per persistenza, con un bouquet in cui dominano i sentori dolciastri di frutta rossa, come ciliegie, fragole e lampone, accompagnati da note di violetta e fiori di campo, oltre che da una leggera tostatura di fondo e più amarognoli sentori terrosi. Al palato perde l'effetto dolcezza del naso, dimostrandosi sapido e secco, con il tannino bello presente e una buona acidità che lo rendono ideale come vino da tavola. Viene fuori il carattere del Sangiovese, con quella nota pungente che conferisce al vino freschezza, una beva apprezzabile e mai ruffiana, con il ritorno delle sensazioni di frutta rossa, una buona vena alcolica (13.5% vol.) che conferisce al vino giusto un filo di calore, ma soprattutto un finale piuttosto lungo che da importanza al tutto. Discreto per corpo e struttura, ottimo per carattere, un Chianti Classico di nome e di fatto, ideale compagno di viaggio della gastronomia toscana.
Pur senza stupire o dare vita ad entusiastici commenti, la bottiglia è andata ovviamente finita, bevuta con molto piacere e senza mai risultare faticosa. Forse gli manca un filo di eleganza e finezza, ma non è questo che andiamo a cercare in un buon Chianti, che non deve essere degustato in un super-ballon davanti al caminetto, ma gustato con i gomiti appoggiati su una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi.
Reperibilità abbastanza facile (si trova anche all’Esselunga per intenderci), ma occhio al prezzo, che mediamente varia tra le 9-15 euro… sui 10 sacchi ha ancora un buon rapporto qualità/prezzo, a 15 euro mi sa che qualcuno ci sta facendo la cresta e forse su queste cifre si possono trovare Chianti più interessanti. In qualsiasi caso, da bere senza nessuna cautela.
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