"Erano i primi vini dell'Etna perché la Sicilia era solo nero
d'Avola. Da lì è partita la rincorsa a trasformare l'Etna nel nuovo Montalcino
a recuperare una realtà storica, ma senza l'esperienza per vinificare in
maniera corretta. Sono uscite migliaia di etichette Etna bianco e rosso, vini
stabili un anno poi venivano fuori i difetti vini cotti, puzzolenti e privi di
nerbo. Salvo Foti non ha sfruttato le conoscenze a scopo speculativo, ma ha
valorizzato un territorio e una tradizione: un signore"
Secondo
stappato per questa quinta somministrazione curata da Avionblu
e dedicata alla “mano dell’enologo”. Da chi si avvale della collaborazione del
miglior enologo in circolazione, fino al vignaiolo “faccio tutto io”… Cerchiamo
di capire come l'influenza dell'enologo (che spesso non sono limitate alla
semplice consulenza, ma partono dalla scelta del luogo dove impiantare nuove
vigne) riesca ad incidere sul vino che ci ritroviamo nel bicchiere e quello che
il produttore vuole esprimere. Quindi non solo un discorso puramente tecnico,
ma anche etico, non solo esplorare il risultato finale, ma anche il percorso
fatto, il lavoro svolto in vigna e in cantina, capire qual è l’obbiettivo di
quel vignaiolo o enologo e cosa ha voluto valorizzare e trasmetterci.
Siamo
partiti da un super-classico (il Montevetrano) di un super-enologo come Cotarella, ovvero le competenze
di un professionista per produrre un grande vino. Con il Rosso 2010 de “I
Vigneri” di Salvo Foti cambiamo impronta... enologo ma soprattutto vignaiolo le
cui competenze e professionalità si mettono al servizio del territorio. Lo
scopo ultimo è sempre quello di produrre vini eccellenti, ma il percorso é
differente (e non é cosa da poco), partendo da quello che già si ha tra le mani,
cercando di valorizzarlo e renderlo unico, senza bisogno di inventarsi niente,
espiantare o ricorrere a facili scappatoie.
Per
fare una bella città non é necessario distruggere per ricostruire, non dobbiamo
radere al suolo i vecchi centri storici per nuovi grattacieli, ma
valorizzarli, renderli attivi, fruibili, apprezzabili, mantenendone quelle caratteristiche
e peculiarità che lo rendono un luogo unico, un luogo del cuore... in due parole bisogna
"prendersene cura". Questo il lavoro di Salvo Foti alle pendici
dell'Etna.
Credo
sia un concetto importante da esprimere, perché quando si parla di vini come
questo, per apprezzarlo a pieno non ci si può limitare a giudicare il versato,
ma dobbiamo partire dal prima, da cosa c'è dietro quella bottiglia. E allora
dobbiamo partire da lontano per raccontare la storia de "I Vigneri",
di Salvo Foti e del suo coraggioso progetto nato ormai 30 anni fa...
Bisogna
partire dal 1435 (data marcata in rilievo sulla bottiglia), Sicilia
sud-orientale... a Catania viene costituita la "Maestranza dei Vigneri",
una associazione di viticoltori operanti sulle pendici dell'Etna, che aveva
come obbiettivo, quello di tramandare e insegnare alle nuove generazioni come
si coltiva la vite e si produce vino in un territorio così particolare.
Dopo quasi 6 secoli, Foti ridà vita alla "Maestranza"
attraverso "I Vigneri", nome della sua azienda vitivinicola, ma anche
del consorzio che ingloba una serie di viticoltori autoctoni etnei, uniti da
una filosofia comune.
Ripartire
dalle radici quindi, per recuperare un bagaglio storico, sociale, culturale e
vitivinicolo che stava scomparendo, al fine di produrre un vino che non sia
solo prodotto sull'Etna, ma che lo sappia rappresentare. Bisognava quindi
partire dalle persone, i vigneri, gli uomini della montagna, contadini
coltivatori di vite e custodi del vulcano, per incarnarne l'essenza. Metterli
insieme, creare delle sinergie, convincerli a ri-prendersi cura delle loro
vigne. Il lavoro di Salvo Foti é quindi incentrato sul recupero e la
valorizzazione di una cultura radicata nel tempo e trasmessa nei secoli. Per
raggiungere questo obbiettivo bisogna prima di tutto coltivare
"uomini", ridare dignità al lavoro agricolo, per formare i
viticoltori del futuro, persone che fiere ed orgogliose continueranno a faticare
sulle pendici del vulcano e a tramandare, di generazione in generazione, il
proprio sapere.
Stiamo parlando di un territorio straordinario con
caratteristiche uniche, una forma di viticoltura estrema, dove il lavoro
manuale e le conoscenze dei vigneri giocano un ruolo fondamentale. Ci sono
vigne che sorgono oltre i 1000 metri di altitudine, alcune quasi introvabili se
non si é esperti del posto, nascoste tra la vegetazione. Belle e antiche sono
le vigne ad alberello, frutto di vari cloni autoctoni mischiati tra loro e che
superano anche i 100 anni di età... le rese sono ovviamente bassissime (20ql/h)
ed é necessario eseguire reimpianti. Tanti piccoli appezzamenti quindi, varie
tipologie di uve mischiate tra loro e di diversa età, un terreno sabbioso e
lavico, molto fragile, una babilonia autoctona che grazie alla grande
biodiversità del territorio riesce ad esprimere vini unici e caratteristici,
figli del vulcano e delle mani esperte che se ne prendono cura. Per ottenere
questi risultati la pratica agricola é il meno invasiva possibile, attraverso
lavorazioni manuali, con un approccio "natur" e un lavoro di cantina
"senza trucchi".
Se
oggi sentiamo sempre più spesso parlare ed apprezzare i vini dell'Etna, grande
merito va senz'altro a Salvo Foti, per la qualità dei vini prodotti in primis,
ma anche per aver condotto una battaglia che affonda le radici nel passato per
guardare ad un futuro etico e sostenibile (anche economicamente). Per tornare
all'argomento di partenza mi sento di dire, che siamo di fronte ad un enologo
che riesce a sfruttare le proprie competenze mettendosi al servizio di un
territorio e di una comunità... il suo territorio e la sua comunità. Ci
vorrebbe un Salvo Foti in ogni area vitivinicola d'Italia... e per affermarlo
mi bastano le parole di Andrea... "Erano i primi vini dell'Etna perché
la Sicilia era solo nero d'Avola. Da lì è partita la rincorsa a trasformare
l'Etna nel nuovo Montalcino a recuperare una realtà storica, ma senza
l'esperienza per vinificare in maniera corretta. Sono uscite migliaia di
etichette Etna bianco e rosso, vini stabili un anno poi venivano fuori i
difetti vini cotti, puzzolenti e privi di nerbo. Salvo Foti non ha sfruttato le
conoscenze a scopo speculativo, ma ha valorizzato un territorio e una tradizione:
un signore"
Entrando
nello specifico dello stappato, il Vigneri Rosso 2010 è un I.G.T. ed costituito
da un mix di uve Nerello Mascalese, Capuccio e Alicante. La lunga macerazione e
la vinificazione avvengono in vasche di vetro cemento, con affinamento in
vetro. Definiamolo vino "minore" se volete rispetto al resto della
piccola produzione de "I Vigneri" (circa 7.000 bottiglie e 2 ettari
vitati), trattandosi del vino del consorzio vinificato per conto dei contadini
conferitori. Della massa ne viene trattenuta una parte che viene venduta sotto
il nome de I Vigneri Rosso. Inserito all'interno del progetto
"interpretazioni" viene vinificato senza l'utilizzo di lieviti
selezionati, controllo delle temperature, enzimi, filtrazioni e con travasi che
tengono conto delle fasi lunari.
Il vino si presenta con un bel colorito rubino dalle
sfumature chiare, pulito e non molto concentrato. Al naso ha una buona
persistenza, "nebbioleggia" se mi passate il termine, il che mi
piace molto. Olfatto fresco leggermente vinoso, con note di frutta a bacca
rossa ma anche lampone e ciliegia, fusi con note più scure, suggestioni
vulcaniche di terra e pietra, speziatura pungente, e piacevole mineralità. Al
palato scivola snello e dinamico, dimostrandosi fresco e croccante, con un
tannino vispo ma mai sopra le righe, così come il sentore alcolico (14%vol.)
ben presente ma equilibrato da una buona acidità, che ne agevola la funzione
"alimentare" e ne fanno un vino non troppo sofisticato ma assai
piacevole e scorrevole.
Sicuramente
un'ottima bottiglia per approcciare al progetto de "I Vigneri",
un'altra cosa rispetto al "Vinupetra", qui si parte dalla base, ma il
livello é già alto e il prezzo più basso rispetto al resto del catalogo, lo
rendono appetibile (lo trovate qui sulle 23 euro).
Forse
non vi ho fatto scoprire nulla di nuovo, tanto si é già scritto e detto su
Salvo Foti (che se non erro ha scritto anche un libro), sono però felice di
avervi raccontato il suo progetto e magari di averlo portato a conoscenza di
qualche nuovo appassionato. Sono vini che val la pena di comprare, perché (a
mio avviso) sono soldi spesi bene!! Lasciamo stare che il bevuto possa più o
meno piacere e giustificare l'esborso, però non mi pento mai quando so che i miei
sudatissimi euro vanno (nella loro piccola percentuale) a sostenere un progetto
così "bello".
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