Se mi passate
il termine un vino “punk”, nella sua forma più “underground”, dove conta
l’impatto, il ruvido, la vibra... le sonorità meno pulite ma dirette. In secondo
piano la tecnica dei musicisti, la precisione stilistica, la pulizia nel suono.
Ma va bene così…
Chi ha letto il mio post
dedicato alla prima edizione de “Gli estremi del vino”, sa che mi sono
concentrato sui produttori lombardi, tralasciando il resto d’Italia e
tornandomene a casa un po’ dispiaciuto per i tanti assaggi mancati… ma come a
volte capita, quello che lasci poi ti ritorna… così i primi bianchi
stappati dopo la trasferta di Pisogne, sono proprio di due vignaioli presenti
alla fiera e “saltati” dal sottoscritto… la Ribolla
di Terpin, di cui ho già scritto e il Monte del Cuca di Giovanni Menti che vado
ad assaggiare.
Indubbiamente quando
pensi al binomio Gambellara-vini naturali, il primo nome che ti viene in mente
è quello del caposcuola Angiolino Maule, ma sicuramente gli appassionati del
genere conoscono bene anche questa cantina, che ha legato il proprio nome al
territorio vicentino e al suo vitigno autoctono per eccellenza, ovvero la Garganega.
La cantina Menti con
Stefano, é ormai giunta alla quarta generazione di vignaioli e prende il nome
da Giovanni, che ne fu il fondatore. Si protrae quindi la conduzione familiare
e ad oggi l'azienda conduce circa 7 ettari e mezzo di vigneti nella zona
collinare di Gambellara, coltivati a Garganega e Durello, da cui si ricavano
vini bianchi fermi, frizzanti, spumanti e passiti. La conduzione delle vigne é
a regime biologico, con l'utilizzo del metodo biodinamico, senza utilizzo di
prodotti chimici, a cui si associa una condotta senza trucchi in cantina con
l’utilizzo dei soli lieviti indigeni e dosaggio di solforosa bassissimo. Vini (e vignaiolo) che vogliono esprimere
in primis il terroir, caratterizzato da un sottosuolo di origini vulcaniche.
L'attuale produzione si
aggira sulle 40.000 bottiglie e sicuramente incuriosisce la dicitura riportata…
"vino volutamente declassato", che sta ad esprimere la volontà di
essere vignaioli liberi ed indipendenti da etichette, consorzi e disciplinari.
Menti ha tutte le carte in regola per rientrare nelle disciplinari e ottenere le
certificazioni, ma predilige lasciar parlare i suoi vini ed essere libero da un
sistema burocratico ed economico svantaggioso, sia per il produttore che per il
consumatore. Sicuramente Stefano é uno a cui piace uscire dagli schemi, fare
esperienze nuove, evolversi… in vigna, in cantina, tra le scartoffie..
Provare per credere ecco il suo Monte del Cuca, che stando a quanto mi hanno
riferito, é un po' il pezzo forte tra i Garganega proposti.. dal “Roncaie”, un
frizzante naturale, al “Paiele”, diciamo il Garganega base, il “Riva Arsiglia”
le cui uve provengono da vigneti con oltre 60 anni di età e il “Monte del Cuca”...
che é un pò il cru del lotto, le cui uve provengono da un piccolo vigneto di
mezzo ettaro situato in collina e da cui il vino prende il nome. Piante con
circa 40 anni di età con resa di 80 ql/ha per una produzione limitata a 2000
bottiglie per questa annata 2010. Fermentazione con lieviti spontanei sulle
bucce senza il controllo della temperatura. Ben due anni in acciaio con i
propri lieviti a cui segue un periodo di affinamento in bottiglia.
Quando si definisce un
bianco “Orange wine”, per quanto il termine non mi faccia impazzire, l’immagine
che si materializza nella mia testa è proprio quella di questo Monte del Cuca.
Già la bottiglia è indicativa, vetro marrone ed etichetta arancione… il vino
ovviamente è di un giallo oro scuro tendente al bronzo, decisamente denso e
viscoso lungo le pareti… diciamo atteggiamento più da rosso che da bianco… per
rendervi l’idea. Il naso è molto particolare, deciso, persistente e intenso,
carico e ricco di note difficilmente identificabili e che poco hanno a che fare
con quelle tipiche dei vini bianchi. Leggermente vinoso, quasi caldo tra le
rotonde note di frutta stramatura macerata, accenni di frutta secca e le più pungenti
note speziate, sentori fumè e boisè, ma soprattutto sensazioni “rocciose” che
ne forgiano il carattere e la vena minerale, espressione “diretta” di quel
suolo vulcanico su cui sorgono le vigne. Il palato è pieno e avvolto dalla
densità del vino, leggero sentore alcolico (13%vol.) con tannino vivo, quasi
ruvido e un po’ sgraziato, ma assai piacevole, dalla intrigante e particolare
gamma gustativa, quasi tridimensionale nel saper coniugare sensazioni polpose e
tendenzialmente dolciastre, con buona mineralità e un intrigante finale
amarognolo che ricorda un po’ i vini liquorosi da lungo invecchiamento. Vino di
corpo e struttura per un “aranciato” che può essere tranquillamente dimenticato
in cantina.
Volendo fare un paragone
con il precedente vino macerato assaggiato (la Ribolla di Terpin), prendendo
in considerazione le ovvie e marcate differenze di terroir e uvaggio (e quindi
si… il paragone è decisamente azzardato), posso dire che mentre la macerazione
di Terpin l’ho definita “perfetta”, perché ci consegna un vino di grande
equilibrio, tecnicamente ineccepibile e di grande verticalità, quasi una via di
mezzo tra un bianco classico e un macerato estremo. Il Monte del Cuca, sembra decisamente più
“marcato”, meno perfetto, più difficile alla beva, per chi è abituato ai
bianchi classici.
Decisamente più particolare, estremo e verace. Se mi passate
il termine un vino “punk”, nella sua forma più “underground”, dove conta
l’impatto, il ruvido, la vibra... le sonorità meno pulite ma dirette. In secondo
piano la tecnica dei musicisti, la precisione stilistica, la pulizia nel suono.
Ma va bene così… il punk rock quando è troppo patinato non è punk ma pop per riempire i palazzetti, non ti emoziona e
ti stufa dopo pochi ascolti, perché perde la sua essenza. Spero di aver reso
l’idea con questo paragone… sappiate comunque che da queste parti “culturalmente”
il rock sporco e di strada è sempre piaciuto… é un vino che ti "acchiappa" e ti costringe a rimettere il naso nel bicchiere, a fare un sorso in più per comprenderlo il più possibile... ma alla fine non ci riesci fino in fondo... e ad ogni sorsata c'è sempre qualcosa da scoprire.
Quindi anche il Monte del Cuca è
riuscito a convincermi, schietto e carico, espressione senza compromessi di un
territorio e di una DOC meno considerata, ma che se ben interpretata riesce ad
esprimersi alla grande.
Dall’underground di
Gambellara vini estremi per emergere nei confronti dei più blasonati vicini di
casa di Soave. Ovviamente non potevo non ironizzare un po’ sul nome della
cantina… quindi come abbinamento… sparatevi a tutto volume “Tu Menti” dei CCCP, si tratta di un bianco piuttosto "punk"... quindi ci sta alla grande. Se vi ho incuriosito trovate i vini di Stefano Menti qui o se preferite su altre enoteche on-line. Prezzo più che adeguato tra le 13-15 euro e alla prossima macerazione…
Ciao Simone.
RispondiEliminaGrazie per la recensione.
Spero di aver occasione di incontrarti in futuro.
Solo una piccola precisazione: il vetro di Monte del Cuca è verde come quello di Riva Arsiglia ma, il vino arancione ne dà da fuori un effetto marrone.
A presto.
grazie a te Stefano per essere passato dal blog...
Eliminaalla prossima fiera non mancherò il tuo banco assaggi..
comunque, la bottiglia mi sembrava proprio marrone.. effetto mistico da orange wine...!!! ciao
Assaggiata di recente quest'annata: godibile, convincente.
RispondiEliminaScheda esaustiva: valutazione numerica forse un po' troppo risicata...secondo me.
io sono sempre in accordo con rinaldo...
Eliminanon ti nego che ero indeciso sulla valutazione numerica... anche se ovviamente conta ben poco... volevo mettere 7.5... poi ho visto che avevo dato quel voto alla Ribolla di Terpin... vino altrettanto valido ma ancora più godibile, figlio di una macerazione meno carica e più elegante... ha più stile e così ho messo 7 al Monte del Cuca... ma spero si sia capito che é un gran vino... piaciuto :-)
Good job
RispondiElimina