Borgogna biodinamica... scavare tra le appellations minori, alla ricerca di eccellenze territoriali, senza svuotare il portafoglio.
Archiviato il trittico di banchetti natalizi tra il 24 e il 26 dicembre, il post di chiusura per questo 2014, non poteva che essere dedicato a quanto bevuto durante le feste. Eviterò di tediarvi con il solito resoconto per ostentare i cimeli calati sulla tavola imbandita, ma mi soffermerò su un unico vino, che più degli altri ha destato il mio interesse e che finalmente porta un neofito, come il sottoscritto, ad approcciare a quel complesso quanto affascinante luogo del vino che porta il nome di Borgogna.
Andare a raccontare la mia eno-esperienza con uno stappato di questa regione, mi impone sempre mani (e piedi) di piombo, conscio delle mie scarse conoscenze in materia, quanto della scrupolosa e accurata cognizione dei fanatici della Côte d'Or, disinvolti nel destreggiarsi tra una moltitudine di etichette, parcelle, village ecc... Quindi prendete questo mio post, come semplice resoconto di quanto ritrovato nel bicchiere.
Da qualche parte bisogna pur cominciare e nel mio piccolo il consiglio che posso darvi, in puro stile "Borgogna for dummies" é di impegnarvi a scovare bottiglie provenienti dalle appellations meno celebri, così da potervi permettere anche dei 1er Cru a prezzi più abbordabili. Questo é un po' il caso di questa bottiglia, perché ci troviamo a Monthelie, piccolo e poco conosciuto paese, offuscato dal blasone dei confinanti comuni di Meursault e Volnay. Se é pur vero che queste appellations minori, non possono sfoderare Grand Cru, é altrettanto vero, che qui con un po' di ricerca si possono comunque trovare interessanti ed economiche espressioni di questo territorio. Un esempio lo sono i 1er Cru, situati proprio sul confine con il comune di Volnay, una prosecuzione di quelle parcelle, il cui carattere delicato e aperto é in parte riscontrabile anche nei migliori Pinot Noir di Monthelie.
Entrando nel merito dello stappato, la prima singolarità sta già nel nome, ovvero quello Château in etichetta che rimanda più al blasone delle cantine di Bordeaux che a quelle delle terre di Borgogna, che vede poche cantine ubicate in castelli, tra le quali va assolutamente segnalata quella di Eric de Suremain, diventato un punto di riferimento di questa piccola appellation. Come spesso capita da queste parti, le cantine hanno alle spalle storie centenarie e sono state tramandate di generazione in generazione. Eric inizia a lavorare in vigna nel 1978, ed insieme alla moglie Dominique, nel 1983 prende in gestione il castello e le relative vigne, con il loro animo e stile rurale, che li porterà ad abbracciare l'agricoltura biodinamica in tempi non sospetti (metà anni '90). Sono circa 11 gli ettari vitati e 40.000 le bottiglie prodotte, dislocati nel territorio di Monthelie (6 ettari) e di Rully (5 ettari), da cui si ricavano cinque 1er Cru.
Uno di questi, di cui é figlia questa bottiglia annata 2008, é una parcella di 2.5ha situata nel vigneto "Sur la Velle", posto proprio al confine con Volnay, e costituita da filare impiantati in quattro annate diverse, tra il 1960 e 1997. Come ho scritto sopra, la propensione "contadina" di questo produttore, marca il tratto dei suoi vini e danno un'idea precisa del lavoro svolto in vigna e in cantina. Cura "naturale" dei vigneti, utilizzo di vecchi tini di legno, lieviti indigeni, limitati quantitativi di solforosa e nessuna forzatura. Le rese sono sui 15hl/ha e per i rossi l'affinamento in botti di quercia varia dai 18 ai 20 mesi.
Visivamente fa molto Borgogna, nel suo rubino scarico tendente al granato, esile, snello, trasparente ... naso tenue nell'impatto olfattivo ma complesso e ricco di profumi sussurrati, con un bouquet ricco di fiori e agrumi. Difetta un po' in "solarità", il frutto rosso non risulta mai esplosivo e dolce, rimanendo sottotraccia, lasciando spazio a note più autunnali che richiamano la terra bagnata, il tartufo, le foglie secche, il legno. Il meglio sicuramente al palato, con una beva snella ed esile, di piacevole eleganza e finezza. Non brilla per estrazione e polpa, ma per freschezza e slancio, per una beva pulita e sgrassante, dal tannino perfettamente integrato e da un'acidità leggera e mai sopra le righe, per chiudere lungo e minerale.
Un grande vino per eleganza e freschezza, per sapidità... manca a mio modesto parere un po' di succosità nel frutto, che lo avrebbe reso ancor più tridimensionale e "ruffiano" alla beva. Ma mi piace anche per questa "mancanza" che ci concede un vino espressione diretta dell'annata e della naturalità del processo produttivo, come se la propensione rurale di Eric, andasse a marcare il carattere dei suoi vini. Non é quindi da escludere che possiate ritrovare altre sfumature e altre sensazioni in annate differenti.
Ad aggiungere centesimi a questa bottiglia (per gli amanti dei numeri..) rimane l'invitante rapporto qualità/prezzo, ideale per chi come il sottoscritto sta cercando di conoscere i vini di questa straordinaria regione. Dalle nostre parti é reperibile su Borgogna Mon Amour, per 33euro, cifra non proprio bassa per una bottiglia di vino, ma decisamente interessante per qualità, ma anche perché siamo pur sempre in Francia e soprattutto in Borgogna, dove é davvero difficile trovare 1er Cru a prezzi abbordabili per chi non ha le tasche troppo gonfie. Ci aggiungo anche, molto bella l'etichetta, nel suo stile classico.
Se é pur vero che tutti sognano di bere i grandi classici che hanno scritto la storia del vino di Borgogna e del mondo intero, visto che questo é un indie wine blogger, é d'obbligo mantenere uno stile "alternativo" e proseguire in quella che é un po' una sfida, ovvero scavare tra i produttori meno blasonati, ma che riescono ad esprimere il territorio in bottiglie dal rapporto qualità/prezzo sostenibile.
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