Un Ripasso che non si “perde” nella terra di mezzo e nel qualunquismo, ma riesce ad esprimere una propria personalità. Decisamente meno "piacione" ma molto più "intrigante"
Quando si parla di Valpolicella il primo pensiero enoico va all’Amarone, così come (ad esempio), se sento Montalcino subito faccio un eno-collegamento con il Brunello. Indiscutibilmente l'Amarone é il vino più blasonato tra quelli prodotti in quest’area geografica situata pochi chilometri a nord di Verona, tanto da entrare nella stretta cerchia dei grandi rossi italiani.
E’ altrettanto vero che il vino storico di questa zona é il Valpolicella Classico, che ben rappresenta la viticoltura del territorio e le sue uve locali usate per realizzarlo. Alcune cantine hanno puntato su delle versioni "superiori" in grande stile, con lo scopo di valorizzare il vino storico della Valpolicella (come non pensare al classico superiore di Quintarelli...), ma nel corso degli ultimi trent'anni il successo (soprattutto economico) del più redditizio Amarone, l'ha confiscato a ruolo di vino "minore".
Semplificando, possiamo dire che nella “terra di mezzo” tra questi due rossi, ci sta il Ripasso, che fondamentalmente è un Valpolicella "ripassato" (mediamente per 10-15 giorni) nelle uve utilizzate per la vinificazione dell’Amarone (o del Recioto). Ne consegue quindi un vino un po’ atipico, infatti il contatto prolungato con le vinacce ancora cariche, da vita ad una ri-fermentazione, che arricchisce il vino per struttura, intensità, caratteristiche organolettiche ecc... Capite bene che questa tecnica é soggetta a molte variabili, con cui ogni produttore può destreggiarsi (tempi, quantità e tipologia di uva ecc...). Conseguentemente, nonostante il Ripasso nel corso degli ultimi anni ha riscosso un buon consenso di pubblico, fatica a trovare una sua ben precisa identità (ad esempio la D.O.C. risale solo al 2010), ed in commercio ne troviamo versioni differenti da cantina a cantina.
Al sottoscritto il Ripasso è sempre piaciuto, non un vino che entusiasma, ma che si lascia bere con grande piacere, proprio perché in linea di massima riesce ad esprimere un interessante mix tra la snellezza di un Valpolicella e la potenza di un Amarone, quindi una bella struttura, ma anche un vino "tondo" e di corpo, con una nota leggermente dolce e fruttata conferita dalla tecnica del ripasso che lo rendono succoso, materico e spesso piacione. Questo in linea di massima… perché mi sono confrontato con bottiglie decisamente austere, mentre altre "troppo" ruffiane, polpose e fruttate... quasi "banali" nel voler interpretare il ruolo di un piccolo Amarone. A volte però, come nel caso odierno, ci sono cantine che riescono a cogliere nel segno e realizzare una versione che non si “perde” nella terra di mezzo e nel qualunquismo, ma riesce ad esprimere una propria personalità.
Quando si parla di Valpolicella il primo pensiero enoico va all’Amarone, così come (ad esempio), se sento Montalcino subito faccio un eno-collegamento con il Brunello. Indiscutibilmente l'Amarone é il vino più blasonato tra quelli prodotti in quest’area geografica situata pochi chilometri a nord di Verona, tanto da entrare nella stretta cerchia dei grandi rossi italiani.
E’ altrettanto vero che il vino storico di questa zona é il Valpolicella Classico, che ben rappresenta la viticoltura del territorio e le sue uve locali usate per realizzarlo. Alcune cantine hanno puntato su delle versioni "superiori" in grande stile, con lo scopo di valorizzare il vino storico della Valpolicella (come non pensare al classico superiore di Quintarelli...), ma nel corso degli ultimi trent'anni il successo (soprattutto economico) del più redditizio Amarone, l'ha confiscato a ruolo di vino "minore".
Semplificando, possiamo dire che nella “terra di mezzo” tra questi due rossi, ci sta il Ripasso, che fondamentalmente è un Valpolicella "ripassato" (mediamente per 10-15 giorni) nelle uve utilizzate per la vinificazione dell’Amarone (o del Recioto). Ne consegue quindi un vino un po’ atipico, infatti il contatto prolungato con le vinacce ancora cariche, da vita ad una ri-fermentazione, che arricchisce il vino per struttura, intensità, caratteristiche organolettiche ecc... Capite bene che questa tecnica é soggetta a molte variabili, con cui ogni produttore può destreggiarsi (tempi, quantità e tipologia di uva ecc...). Conseguentemente, nonostante il Ripasso nel corso degli ultimi anni ha riscosso un buon consenso di pubblico, fatica a trovare una sua ben precisa identità (ad esempio la D.O.C. risale solo al 2010), ed in commercio ne troviamo versioni differenti da cantina a cantina.
Al sottoscritto il Ripasso è sempre piaciuto, non un vino che entusiasma, ma che si lascia bere con grande piacere, proprio perché in linea di massima riesce ad esprimere un interessante mix tra la snellezza di un Valpolicella e la potenza di un Amarone, quindi una bella struttura, ma anche un vino "tondo" e di corpo, con una nota leggermente dolce e fruttata conferita dalla tecnica del ripasso che lo rendono succoso, materico e spesso piacione. Questo in linea di massima… perché mi sono confrontato con bottiglie decisamente austere, mentre altre "troppo" ruffiane, polpose e fruttate... quasi "banali" nel voler interpretare il ruolo di un piccolo Amarone. A volte però, come nel caso odierno, ci sono cantine che riescono a cogliere nel segno e realizzare una versione che non si “perde” nella terra di mezzo e nel qualunquismo, ma riesce ad esprimere una propria personalità.
Siamo in frazione San Floriano, nel comune di San Pietro in Cariano nella Valpolicella storica. Qui é situata l'azienda agricola Brigaldara, costituita da circa 50 ettari tra vigneti ed uliveti, parte dei quali circondano la villa e l'adiacente cantina, costruita all'interno di una casa colonica; mentre altri vigneti sono situati a Marcellise e Grezzana. Si inizia a vinificare nel '79, con i primi 6 ettari vitati, ma é con l'arrivo di Stefano Cesari ai posti di comando che l'azienda acquisisce nuovi appezzamenti, che consentono di arrivare alla significativa cifra di 250.000 bottiglie. Punta di diamante é ovviamente l'Amarone, presentato nella versione base e riserva, ma anche l'interessante cru "Case Vece", che prende il nome dall'omonimo vigneto situato a 450 metri, oltre ai classici vini della Valpolicella e ad alcuni bianchi dal Garganega al Soave, fino al rosato da uva Dindarella e ovviamente i passiti. Al di là dei numeri importanti, é doveroso sottolineare che pur praticando una viticoltura tradizionale, si pone attenzione alla salvaguardia ambientale, con il solo utilizzo di letame in fase di concimazione, solo rame e zolfo come fitofarmici, con pochi e mirati interventi chimici.
Nella degustazione di oggi vado a stappare "Il Vegro" 2010, che é appunto il loro Ripasso. Ovviamente blend di uve autoctone come Corvina 40%, Corvinone 30%, Rondinella 20% e altre uve locali a completamento. Il "ripassaggio" avviene per un periodo piuttosto breve di soli 5 giorni, sulle vinacce dell'Amarone, a cui segue un affinamento in acciaio seguito da un periodo in botti di rovere da 25hl.
Stappo e nel bicchiere veste un rosso rubino piuttosto scuro, intenso ed
impenetrabile, ma senza eccedere in densità… dimostrando discrete doti di finezza ed elegante. Il
naso attacca intenso, quasi pungente… vinoso con leggera nota alcolica sopra le
righe (14%vol.), si distende velocemente, lasciando spazio a più tenue note di frutta
nera e matura, ma senza arrotondarsi troppo o eccedere in dolcezza… note di spezie come cannella, noce moscata, bacche di vaniglia e soprattutto sentori terziari
decisamente più intriganti con accenni minerali e a tratti erbacei, che mantengono una discreta finezza olfattiva. Nonostante
gli effetti del “ripasso”, il vino riesce a mantenersi “verde”, con una buona
dose di freschezza che ne agevola la beva. Il vino è possente e materico, con
trama tannica e struttura importante, dal finale lungo e persistente, con le note zuccherine di frutta matura
che ti rimangono lì incollate al palato... un retrogusto che invoglia al bicchiere
successivo, senza rendere la beva stucchevole ma equilibrata da una buona sapidità, mantenendo una sorprendente tonicità, che lo rendono piacevolmente vivo fino
all’ultimo sorso senza mai spegnersi nel bicchiere.
"Il Vegro" e più in generale la cantina Brigaldara, mi sono piaciuti perché a differenza di altri produttori della zona, non si é scelta la strada della surmaturazione, ne quella dei "ripassi" lunghi, niente vini iperconcentrati ricchi di polpa e zuccheri, ma piuttosto vini equilibrati... possenti e tosti certo, ma che offrono una beva che gioca più sullo slancio e la finezza piuttosto che sull'impatto materico. Per questo motivo trovo questo Ripasso "diverso" da molte altre versioni che vi capita di trovare sugli scaffali delle enoteche. Decisamente meno "piacione" ma molto più "intrigante". Lo trovate qui per 16 euro la boccia.
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