...é un vino che gioca sulla finezza e non sull'esplosività... un vino che siamo noi a dover scoprire e non lui a rivelarsi.
Chiudere in bellezza il 2013 significa anche trovare il coraggio di infilarsi in un'osteria il 29 di dicembre.. Sfruttare il clima mite e soleggiato dopo giorni di acqua a catinelle e spararsi un'ora d'auto in direzione nord, lungo la sponda lombarda del Lago Maggiore, per poi salire i tornanti che portano ad un piccolo borgo delle prealpi varesine... tutto questo due giorni dopo il "trittico" mangereccio di Natale e due giorni prima del cenone dell'ultimo dell'anno. La "linea" ringrazia, e anch'io devo un grazie a Dino de l'Acino che alcuni mesi fa mi parlò (bene) di questa osteria che ospita i suoi vini. Ci voleva un calabrese che abita a quasi mille chilometri da qui per consigliarmi un posto interessante nella mia provincia, dove ben mangiare e bere?? Può sembrare una strana storia... ma é così...
Passiamo oltre, altrimenti qui si fa notte (poi vi svelo il nome del posto) e vi scrivo dello stappato di oggi, o meglio del vino che mi hanno stappato oggi, trattandosi della bottiglia che ho ordinato in osteria. Mi é capitato raramente di scrivere dei vini bevuti al ristorante, un po' perché non posso star qui a raccontarvi tutto quello che attraversa il mio palato, un po' perché sono sprovvisto IPhone o roba del genere e quindi mi riesce difficile fotografare le bottiglie, ma sopprattutto perché nel 90% dei ristoranti le carte dei vini sono assai deficitarie, e le poche bottiglie interessanti viaggiano a prezzi che onestamente... preferisco comprarle in enoteca e stapparmele a casa!! In questo caso nulla da obbiettare, carta dei vini contenuta ma mirata con ricarichi più che onesti, considerando anche il buon servizio dell'oste Alessio. Ho quindi investito con piacere 27 euro per questo ottimo Pinot Noir (in enoteca sfiora le 20), che non avevo ancora avuto modo di assaggiare ma di cui avevo letto un gran bene.
La cantina (e molto altro ancora guardatevi il sito...) si chiama Stroblhof e si trova in Alto Adige, lungo la Strada del Vino di Appiano. Le radici di questa azienda vitivinicola risalgono addirittura al 1600, e oggi a gestire questo antico maso ci sono Rosi e Andreas Nicolussi-Leck, che curano con senso estetico e precisione stilistica rigorosa (come solo gli alto-atesini sanno fare) poco più di 4 ettari di vigneti che danno vita a circa 35.000 bottiglie, suddivise tra vini bianchi e rossi tipici del Südtirol. A farla da padrone qui é il Pinot, uva assai difficile da coltivare, ma che in queste zone riesce ad esprimersi ai massimi livelli nazionali, grazie ad un microclima particolarmente adatto, con correnti rinfrescanti e marcate escursioni termiche. Tutti gli appassionati guardano alla viticoltura dell'Alto Adige per la qualità dei vini bianchi, che difficilmente tradiscono le aspettative, ma nel caso di Stroblhoh é indubbiamente il Blauburgunder (così é chiamato da queste parti il Pinot Nero) il vitigno da cui si ottengono le bottiglie più interessanti. Che in verità sono solo due; il Pigeno (il Pinot Nero base) e la versione Riserva, di cui molti di voi avranno già letto notizie in merito (spero magari anche bevuto), trattandosi a pieno titolo di una delle più importanti espressioni della tipologia prodotte in Italia.
Io oggi vi racconterò del Pigeno 2010, da uve 100% Pinot Nero raccolte in autunno e lasciate a fermentare per 10 giorni, prima di affinare per un anno in botti di rovere e un anno in bottiglia. Di un rubino tenue, pulito, brillante e trasparente all'unghia, si mostra fin da subito fine ed elegante. Colpisce per la sensazione di netta pulizia e precisione stilistica, che determinano un vino dall'equilibrio perfetto. Il lavoro tra i filari e quello in cantina é ottimamente bilanciato sia al naso che al palato... trama fine e di grande scorrevolezza, naso caldo ma snello, con delicata componente alcolica (14%vol.) a sostegno di un bel impianto aromatico, dove il frutto (amarena) non riesce ad esplodere imbrigliato tra le note di frutta secca, tostatura, spezie, erbe di montagna e accenni di incenso. Beva dinamica e pulita, precisa e sgrassante, si lascia apprezzare per l'equilibrio tra le componenti con tannini ancora giovani ma levigati, una piacevole acidità che da slancio alla beva e una leggera sensazione materica nel finale, che galvanizza il palato.
A dirla tutta, un tocco di "solarità" in più non gli avrebbe guastato, soprattutto nella fragranza olfattiva, ma é un vino che gioca sulla finezza e non sull'esplosività... un vino che siamo noi a dover scoprire e non lui a rivelarsi. Il raffronto con i Pinot Noir d'oltralpe sarebbe ingiusto e quindi eviterò qualsiasi riflessione in merito (anche perché l'ultimo assaggiato é un Échézeaux vecchio di vent'anni della Romanée Conti, vino di cui non scriverò per soggezione nei suoi confronti...) ma rimanendo in territorio nazionale si attesta tra i Blauburgunder più convincenti che hanno attraversato il mio palato (almeno fino ad oggi).
Poco altro da aggiungere, non dimenticatevi se passate per una gita sul lago Maggiore di prendervi una pausa e salire a Brissago Valtravaglia... al numero 15 di via Garibaldi troverete l'Osteria d'Alberto. Non é facile da trovare ma come un buon Pinot Noir non si vuole svelare, sta a noi il piacere della scoperta. Una piccola chicca che merita il viaggio.
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