...il calore umido di un bosco autunnale, una rinfrescante
ventata invernale, i profumi dei campi in primavera, la solare dolcezza di un
giorno d'estate.
Tendenzialmente
preferisco le voci “fuori dal coro”, ma in questo caso non posso che allinearmi
alla lunga schiera di estimatori che Elisabetta Dalzocchio si é guadagnata sul campo, a colpi di Pinot Nero. Soprattutto
non posso esimermi (per quanto superfluo possa essere il mio apporto alla
causa) dal rinforzare a gran voce il coro dei "fedeli", devoti al suo vino.
Fatevi
un giro sul web, per capire come più o meno tutti hanno già entusiasticamente
raccontato di questo Pinot Nero. Per quanto personali e soggettive siano le
impressioni che il vino suscita in ognuno di noi, posso dire che tutto quello
che i miei “colleghi” bloggaroli hanno scritto, è riscontrabile e "appoggiabile". E' quindi
corretto definire questo Pinot Nero 2008 un vino delicato, fine, elegante,
grazioso. Fragoline e fiori appassiti, violette, rose... una beva invidiabile,
magra e “scivolosa”, lunga, con mineralità rinfrescante, tannino fine e palato
pulito. Un vino apparentemente semplice nella sua complessità, dove il
carattere marcatamente femminile, non nasconde nella sua naturalità, il
territorio di provenienza e il suo animo contadino, attraverso note più
"umide" e "rocciose", humus, sottobosco, terra bagnata,
corteccia, erba. E' un vino in continua evoluzione e i profumi della montagna
sono qui concentrati... il calore umido di un bosco autunnale, una rinfrescante
ventata invernale, i profumi dei campi in primavera, la solare dolcezza di un
giorno d'estate.
Fidatevi quando leggerete quanto è “buono” questo vino, perché
posso garantire e (mi voglio rovinare) metterci le mani sul fuoco... é vino tridimensionale che
non sfigura affatto in squadra con alcuni "Noir" de la Bourgogne.
Non
avrebbe senso chiudere qui, raccontarvi un grande vino senza parlare del suo
vignaiolo. Qualche anno fa in quel di Fornovo a Vini di Vignaioli (probabilmente la miglior fiera dedicata
al vino che abbiamo in Italia), appena entrato mi fermo a far spesa da Pacina,
prima di avvistare poco più avanti, la figura minuta dalla chioma arruffata di
Elisabetta Dalzocchio, che se ne sta li sola soletta con il suo unico vino, che
nella consueta bolgia di Fornovo (e chi c’è stato sa di cosa parlo), mi fa
quasi pensare che il suo vino non se lo fila nessuno, il che mi pare strano, ma voglio approffittarne. Vado deciso da
lei, dico ciao, dico che tanto e bene ho sentito parlare del suo vino e per
questo lo vorrei assaggiare, dico che mai ho avuto la fortuna di provarlo fino
ad allora, non dico bugie.
Deve
essere suonato come un complimento, tant’è che Elisabetta inizia subito a
raccontare in maniera molto emotiva e direi amichevole, la sua bella storia di
vignaiola trentina con la passione per il pinot nero. Con timidezza e sorriso
sincero, mi racconta di Rovereto, della sua casetta, dei boschi, del piccolo
vigneto (2ha) tutto a pinot nero da cui ricava il suo unico vino... non più di
10.000 bottiglie, ma dipende dalle annate. Non enfatizza, non utilizza
superlativi per descrivere quella che in realtà é un piccolo gioiello rurale,
così incastonato tra l'azzurro del cielo, il verde dei vigneti, il bianco delle
cime innevate, la vista sul borgo di Rovereto, la brezza che soffia dal Garda.
Tutto merito del papà, ma adesso é lei ad occuparsi della vigna... E' sicura
delle sue scelte, sa di aver intrapreso la strada giusta, é soddisfatta e
orgogliosa del suo lavoro, del suo vino... ma non é stato facile per lei,
commercialista laureata in economia, entrare in sintonia con il territorio,
acquisire quella sensibilità contadina che ti permette di interpretare la
natura, assecondarla e viverla senza la pretesa di dominarla.
Mi
racconta dell'iniziale errore da neofita, che si lascia consigliare dagli
asperti, dagli enologi... prodotti per la vigna, prodotti per la cantina, e alla
fine nel bicchiere un vino che non ti piace e non ti rappresenta. La svolta
dopo una gita alla Romanée-Conti per "imparare" come si produce il
più grande Pinot Noir del mondo. Si inizia così ad operare nel rispetto della
natura, niente pasticci, basse rese, cetificazione bio, ma soprattutto
agricoltura biodinamica, poca solforosa, fermentazioni spontanee,
sovescio e preparati in proprio... il microclima e il terreno di origine
marina, ricco di fossili e pietre, completano un quadro pedoclimatico ottimale, che porta Elisabetta a
produrre non solo un vino di alta qualità e grande personalità, ma a diventare
una delle più apprezzate e stimate vignaiole che operano nel segno
dell'artigianalità e della tradizione.
Assaggio
il 2008 e il 2009, entrambi ottimi, chiedo se posso avere una bottiglia e mi
lascio consigliare... mi dice che se avrò la pazienza di aspettare,
forse il 2008 potrebbe evolvere meglio... ma chi può dirlo... Quasi si scusa
per il prezzo... qui lo vendo a 18 in enoteca però si vende sulle 24 euro... Nessun problema... sgancio 20 euro, si deve impegnare non poco alla ricerca
delle monetine necessarie per comporre le due euro del resto... dico di lasiar
stare, che non é un problema, ma niente da fare, litiga con il portafoglio fino
a quando riesce a recuperare il resto, scusandosi, sottolineando che "quel
che é giusto é giusto"... Prima di andare mi dispensa un ultimo
consiglio... non finire tutta la bottiglia, avanzane un paio di bicchiere e
sentirai il giorno dopo che differenza, infilaci il suo tappo e basta, non
usare pompette o altri marchingeni strani, che tra l'altro a me non piacciono, noterai
notevoli differenze, secondo me é ancora più buono...
Come
darle torto? Come non seguire il consiglio di una madre? Chi può conoscere suo
figlio meglio di lei?? E' un vino dalle capacità evolutive incredibili... ed
effettivamente Elisabetta aveva ragione, i due bicchieri del giorno dopo sono
ancor più spettacolari, smorzati i toni autunnali, il vino si apre verso una assolata
giornata primaverile, di quelle che ti mettono il buon umore.
n.b. Per la cronaca, il vino viene invecchiato in fusti di rovere da 228 litri per 18 mesi.
Gradazione alcolica del 13%vol. Età delle viti tra i 10 e i 35 anni, con rese
di 50ql/ha.
Anche se io sono amante dei vini del SUD con questo PN comincio a diventare un estimate dei vini del Nord, aromi a non finire retrogusto da Firenze fino alla mia Grecia.
RispondiEliminaOttimo
Lo sai quale è il problema con questi vini ? Che li bevi troppo presto e non riesci mai ad avere in cantina la "riserva" . Io li ho nascosti, così perdendoli, forse, potrò berli tra qualche anno, forse ...!
RispondiEliminadirei che é una buona idea...
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