Se
avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy
division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete
rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.
C’è un filo conduttore che unisce il Pinot Nero 2010 di Voltumna con il VB1 di Selvadolce del precedente post. La scelta delle pratiche biodinamiche in primis, mentre il secondo motivo è più "personale", riferendomi a luogo e giorno di acquisto delle due bottiglie, entrambe provenienti dai banchi assaggi di Vini di Vignaioli. Nel caso di Voltumna però, il giro assaggi è stato decisamente più “movimentato”, con la possibilità di assaggiare e parlare di tutte le etichette presenti. Così dovrebbe essere sempre.
Ricordo che lì sul momento, mi era maggiormente piaciuto il sangiovese, ma alla fine è stata la curiosità di provare questo versione toscana di pinot nero ad avere la meglio. Sono passati quasi due anni da quel giorno, e ci volevano tutti per permettere al vino di presentarsi in splendida forma e generare nel sottoscritto un certo entusiasmo. Già immagino il volto dei nostrani “pinottari” (si può dire?#?!) che accolgono con ghigno malefico questa mia affermazione "entusiastica" al cospetto di un pinot toscano. Ma il vostro ghigno è dettato dallo snobbismo di un palato viziato (beati voi…) da troppi pinot noir e blauburgunder... e mi raccomando... che siano della Côte d’Or o dell’altopiano di Mazzon!
Lasciate che vi spieghi il mio entusiasmo... è generato non solo da quanto ho ritrovato nel bicchiere, ma da tutto il progetto Voltumna, a partire dal termine “collettivo” (purtroppo sempre più in disuso...) che copio-incollo dal loro sito e che riassume l’essenza di questo progetto agricolo: “Voltumna è’ un progetto collettivo nato per condividere la passione per l’agricoltura, come attività che pone l’uomo in un continuo confronto/incontro con la natura.” Tutto il resto arriva di conseguenza… la scelta di coltivare la vite con metodo biodinamico, seguire i ritmi della natura, mantenere viva la biodiversità di un luogo (siamo a Dicomano, nella valle del Mugello), dove i vigneti sono ancora circondati dai boschi.
E' una zona di media collina sui 300 metri, zona caratterizzata da escursioni termiche importanti, soprattutto nei mesi estivi, durante i quali si alternano calde e assolate giornate di sole a nottate fresche. I terreni sono argillosi e ricchi di galestro (siamo nella zona famosa al mondo per il Chianti Rufina), e nei pochi ettari vitati vengono allevati principalmente pinot nero e ovviamente sangiovese, che è anche il vigneto più vecchio. Michele Lorenzetti ha dato il via, ma dal 2012 sono Marzio Politi e sua moglie a gestire con sudore e passione l’azienda agricola, costituendo la cooperativa che prende appunto il nome di Voltumna.
Tre vini rossi in tutto per sfiorare quota 10.000 bottiglie. Un particolare blend di Sangiovese e Pinot Nero (85 a 15) confluiscono nello "Zeno" il vino numericamente più importante (oltre 5000 bottiglie), mentre il resto della produzione offre la purezza del sangiovese da viti trentennali (denominato Querciolo) e il pinot nero, da due vigne del 2005 situate nel punto più elevato dell’azienda e immerse nel bosco (denominato semplicemente pinot nero, ma diventerà Silene dal 2011).
L’approccio “natur” non può essere limitato al vigneto e così anche in cantina si opera in continuità, attraverso un lavoro di sottrazione che permette al vitigno di esprimersi con vitalità ed integrità. Il contenuto delle 2880 bottiglie “imbottigliate” nel 2010, ha fermentato con i propri lieviti, Affinato per 18 mesi in barrique di rovere al secondo e terzo passaggio, senza subire filtrazioni e chiarifiche. Gradazione alcolica importante di 14.5% vol. e prezzo al banco assaggi di 15euro, oltre le 20 in enoteca.
Siamo al cospetto di un pinot nero dalla forte identità, segnato da un forte legame con il luogo di appartenenza. Vorrei provare a rendere l’idea… Ripensate per un attimo al “Borgogna style”, ovvero vini a tinte tenue, esili e dai profumi delicati che tutti conosciamo… ecco il pinot nero “Voltumna Style” è un’altra cosa. Rimane certo un denominatore comune che è ovviamente il vitigno… riconoscibile al sorso come è giusto che sia e come deve essere, perché chi compra pinot nero di sicuro vuole sentirlo nel bicchiere. Ma quello di Voltumna è il pinot nero che avrebbe voluto bere Ian Curtis nei suoi momenti di depre... e di sicuro gli avrebbe fatto bene. Ma erano altri tempi...
E’ vino a tinte darkeggianti, scuro e se mi passate il termine “selvatico”. E’ come se quel bosco che circonda il vigneto lo ritrovassimo nel bicchiere. E’ un pinot più autunnale che primaverile, con le note di frutti a bacca rossa, lavanda e spezie, intrecciate a sentori di sottobosco erbacei e terrosi, richiami di incenso e sbuffi balsamici. L’alta gradazione non “alcolizza” il tutto, mantenendo un’ottima piacevolezza di beva e una tensione gustativa che non va mai scemando, grazie anche ad un’acidità sostenuta. Ottimo al sorso, dove mantiene la linearità e la pulizia che ci aspettiamo da un pinot nero, ma sa anche “graffiarci”, farci sentire la vitalità dei suoi tumulti giovanili, la rusticità del lavoro contadino, in attesa di acquisire vendemmia dopo vendemmia la saggezza dei grandi. Non dimentichiamoci che con il 2010 siamo solo alla prima annata prodotta!!
Vino tutt’altro che “imbalsamato” mi è piaciuto un sacco, un bel esordio, e non a caso nel giro “underground” già se ne parla da un pezzo. Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy Division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus, (e mettiamoci anche gli Smith... perché Morrisey si ascolta a prescindere...), non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.
C’è un filo conduttore che unisce il Pinot Nero 2010 di Voltumna con il VB1 di Selvadolce del precedente post. La scelta delle pratiche biodinamiche in primis, mentre il secondo motivo è più "personale", riferendomi a luogo e giorno di acquisto delle due bottiglie, entrambe provenienti dai banchi assaggi di Vini di Vignaioli. Nel caso di Voltumna però, il giro assaggi è stato decisamente più “movimentato”, con la possibilità di assaggiare e parlare di tutte le etichette presenti. Così dovrebbe essere sempre.
Ricordo che lì sul momento, mi era maggiormente piaciuto il sangiovese, ma alla fine è stata la curiosità di provare questo versione toscana di pinot nero ad avere la meglio. Sono passati quasi due anni da quel giorno, e ci volevano tutti per permettere al vino di presentarsi in splendida forma e generare nel sottoscritto un certo entusiasmo. Già immagino il volto dei nostrani “pinottari” (si può dire?#?!) che accolgono con ghigno malefico questa mia affermazione "entusiastica" al cospetto di un pinot toscano. Ma il vostro ghigno è dettato dallo snobbismo di un palato viziato (beati voi…) da troppi pinot noir e blauburgunder... e mi raccomando... che siano della Côte d’Or o dell’altopiano di Mazzon!
Lasciate che vi spieghi il mio entusiasmo... è generato non solo da quanto ho ritrovato nel bicchiere, ma da tutto il progetto Voltumna, a partire dal termine “collettivo” (purtroppo sempre più in disuso...) che copio-incollo dal loro sito e che riassume l’essenza di questo progetto agricolo: “Voltumna è’ un progetto collettivo nato per condividere la passione per l’agricoltura, come attività che pone l’uomo in un continuo confronto/incontro con la natura.” Tutto il resto arriva di conseguenza… la scelta di coltivare la vite con metodo biodinamico, seguire i ritmi della natura, mantenere viva la biodiversità di un luogo (siamo a Dicomano, nella valle del Mugello), dove i vigneti sono ancora circondati dai boschi.
E' una zona di media collina sui 300 metri, zona caratterizzata da escursioni termiche importanti, soprattutto nei mesi estivi, durante i quali si alternano calde e assolate giornate di sole a nottate fresche. I terreni sono argillosi e ricchi di galestro (siamo nella zona famosa al mondo per il Chianti Rufina), e nei pochi ettari vitati vengono allevati principalmente pinot nero e ovviamente sangiovese, che è anche il vigneto più vecchio. Michele Lorenzetti ha dato il via, ma dal 2012 sono Marzio Politi e sua moglie a gestire con sudore e passione l’azienda agricola, costituendo la cooperativa che prende appunto il nome di Voltumna.
Tre vini rossi in tutto per sfiorare quota 10.000 bottiglie. Un particolare blend di Sangiovese e Pinot Nero (85 a 15) confluiscono nello "Zeno" il vino numericamente più importante (oltre 5000 bottiglie), mentre il resto della produzione offre la purezza del sangiovese da viti trentennali (denominato Querciolo) e il pinot nero, da due vigne del 2005 situate nel punto più elevato dell’azienda e immerse nel bosco (denominato semplicemente pinot nero, ma diventerà Silene dal 2011).
L’approccio “natur” non può essere limitato al vigneto e così anche in cantina si opera in continuità, attraverso un lavoro di sottrazione che permette al vitigno di esprimersi con vitalità ed integrità. Il contenuto delle 2880 bottiglie “imbottigliate” nel 2010, ha fermentato con i propri lieviti, Affinato per 18 mesi in barrique di rovere al secondo e terzo passaggio, senza subire filtrazioni e chiarifiche. Gradazione alcolica importante di 14.5% vol. e prezzo al banco assaggi di 15euro, oltre le 20 in enoteca.
Siamo al cospetto di un pinot nero dalla forte identità, segnato da un forte legame con il luogo di appartenenza. Vorrei provare a rendere l’idea… Ripensate per un attimo al “Borgogna style”, ovvero vini a tinte tenue, esili e dai profumi delicati che tutti conosciamo… ecco il pinot nero “Voltumna Style” è un’altra cosa. Rimane certo un denominatore comune che è ovviamente il vitigno… riconoscibile al sorso come è giusto che sia e come deve essere, perché chi compra pinot nero di sicuro vuole sentirlo nel bicchiere. Ma quello di Voltumna è il pinot nero che avrebbe voluto bere Ian Curtis nei suoi momenti di depre... e di sicuro gli avrebbe fatto bene. Ma erano altri tempi...
E’ vino a tinte darkeggianti, scuro e se mi passate il termine “selvatico”. E’ come se quel bosco che circonda il vigneto lo ritrovassimo nel bicchiere. E’ un pinot più autunnale che primaverile, con le note di frutti a bacca rossa, lavanda e spezie, intrecciate a sentori di sottobosco erbacei e terrosi, richiami di incenso e sbuffi balsamici. L’alta gradazione non “alcolizza” il tutto, mantenendo un’ottima piacevolezza di beva e una tensione gustativa che non va mai scemando, grazie anche ad un’acidità sostenuta. Ottimo al sorso, dove mantiene la linearità e la pulizia che ci aspettiamo da un pinot nero, ma sa anche “graffiarci”, farci sentire la vitalità dei suoi tumulti giovanili, la rusticità del lavoro contadino, in attesa di acquisire vendemmia dopo vendemmia la saggezza dei grandi. Non dimentichiamoci che con il 2010 siamo solo alla prima annata prodotta!!
Vino tutt’altro che “imbalsamato” mi è piaciuto un sacco, un bel esordio, e non a caso nel giro “underground” già se ne parla da un pezzo. Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy Division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus, (e mettiamoci anche gli Smith... perché Morrisey si ascolta a prescindere...), non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.
P.s.
molto belle le etichette.
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