Ancora Sardegna e ancora Carignano... dopo il Terre Brune spazio senza colpi di scena, al "fratello" Rocca Rubia...
Aver stappato questa bottiglia di Rocca Rubia che da un paio d'anni se la ronfava in cantina, mi costringe (con piacere) a tornare sulla Sardegna e su quella che probabilmente é la sua cantina più importante, ovvero Santadi, di cui ho già abbondantemente raccontato nel post dedicato al loro vino simbolo, ovvero il Terre Brune, a cui vi rimando per gli approfondimenti.
Aver stappato questa bottiglia di Rocca Rubia che da un paio d'anni se la ronfava in cantina, mi costringe (con piacere) a tornare sulla Sardegna e su quella che probabilmente é la sua cantina più importante, ovvero Santadi, di cui ho già abbondantemente raccontato nel post dedicato al loro vino simbolo, ovvero il Terre Brune, a cui vi rimando per gli approfondimenti.
Ora che avete letto gli approfondimenti sul ruolo fondamentale avuto da Santadi nell'interpretare un vitigno autoctono come il Carignano e nel sancire il nuovo corso dell'enologia sarda attraverso l'impronta stilistica del suo mentore Giacomo Tachis, passo diretto sul Rocca Rubia, un Carignano del Sulcis Riserva, bottiglia che mi é stata portata direttamente dall'isola, ma che é facilmente reperibile in qualsiasi enoteca d'Italia per una cifra tra le 13-16 euro. Prodotto con uve Carignano in purezza, raccolte tra fine settembre ed inizio ottobre da vigneti allevati ad alberello, sulla costa del basso Sulcis, su terreni sabbio-argillosi. Macerazione in acciaio di un paio di settimane a temperatura controllata e 10-12 mesi di affinamento in barriques di rovere francese di 1° e 2° passaggio, per concludere, senza alcuna filtrazione, alcuni mesi in bottiglia.
Nel bicchiere immagino già cosa mi aspetta e non vengo smentito... rosso rubino intenso e profondo con sfumature granato, compatto, fitto, impenetrabile e piuttosto denso. Naso non elegantissimo che predilige l'impatto alla finezza. Inizialmente "alcolizzato" (14%vol.) e su di giri, richiede qualche minuto per esprime al meglio un bouquet non "originalissimo" ma comunque ricco, intenso e persistente... frutta rossa in confettura, sottobosco e sentori "barricati", vaniglia, liquirizia, cuoio, tabacco... ma a prendere l'ascensore é una costante sensazione di spezie piccanti e pungenti. La beva é tonda e avvolgente, vino di corpo e grande struttura, tannino tonico, sentore alcolico un po' pronunciato, finale lungo con buona corrispondenza gusto-olfattiva.
Se volete definire "banalmente" il Rocca Rubia "fratellino" del capofila "Terre Brune", direi di si, che ci può stare come definizione, sicuramente più profondo e articolato, equilibrato ed elegante il Terre Brune rispetto ad un Rocca Rubia che sfoggia il carattere in maniera molto più diretta. Come già scritto quello che fatica a convincermi dei vini di Santadi (ma che poi é anche la chiave del loro successo) é di puntare su un vitigno autoctono ottenendo però un vino che concettualmente strizza l'occhio ai vini "internazionali". Buoni da bere, ma senza quell'identità territoriale netta che ti aspetti da una regione particolare come la Sardegna.
Indubbiamente un ottima bottiglia in rapporto qualità/prezzo... il Terre Brune é sicuramente una spanna sopra, ma si viaggia oltre le 30 euro... per questo motivo forse, mi permetto di consigliare il Rocca Rubia, vi costa la metà e non sfigura rispetto al suo "superiore".
Vino stratosferico per qualita' / prezzo. Grande Simo.. Blog straordinario per grafica e contenuti.
RispondiEliminaMirko Detti (amatoredelvino)
grazie per essere passato Mirko... ti metto nei Link... e rimani sintonizzato...continua a bere mi raccomando...
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