Iniziamo subito con parlare dei Feudi di San Gregorio, perché al di la del vino che ho assaggiato, credo vada sottolineata ed evidenziata, soprattutto la storia, l'evoluzione e quello che rappresenta oggi questa azienda vitivinicola nel panorama enologico nazionale.
Chi segue il blog sa che da queste parti ci piace esaltare la tradizione, il contatto con la terra, i vignaioli indipendenti, mentre ammetto di essere sempre un po' prevenuto verso le grosse aziende vinicole, quelle che puntano tutto sulla quantità, il marketing e i vini furbi.
Non bisogna però cadere nella facile equazione e dividere i produttori italiani in buoni e cattivi. Non possiamo parlare di cattive industre del vino e buoni vignaioli tradizionalisti. Bisogna infatti dar merito ad aziende anche recenti, moderne, e attivissime nel campo del marketing e dell'export che hanno saputo creare un complesso produttivo in grado di soddisfare le esigenze di tutti, con vini più giovani e facili ed altri più prestigiosi e costosi, ma tutti prodotti con riguardo e attenzione per il territorio, la coltivazione, la produzione e la qualità del prodotto finale.
Per questo motivo se esaltiamo chi produce 20.000 bottiglie di grande qualità (che magari poi beviamo una volta nella vita perché costano 50 euro l'una...) é giusto anche riconoscere le doti di chi di bottiglie ne produce milioni e oltre ai "bottiglioni" da 50 carte immette nel mercato vini più facile e alla portata di tutti.
Ci sembra quindi corretto affermare che i Feudi di San Gregorio con 3.500.000 bottiglie prodotte all'anno, 216 ettari vitati a biologico certificato, oltre 30 tipologie di vino, un ristorante e un'azienda ultramoderna ecc... rappresentano positivamente l'evoluzione enologica italiana degli ultimi 25 anni.
Già perché quella di Sorbo Serpico (AV) é un'azienda giovane, nata nel 1986, ma che in breve tempo é cresciuta e a saputo ridare slancio all'intera produzione vinicola del sud d'Italia. Il tutto non solo grazie a grandi investimenti e alla capacità di "vendere" i propri vini, ma soprattutto nell'aver creduto in un territorio e nei suoi vitigni, di aver protratto una tradizione vinicola e saperla valorizzare soprattutto in un periodo storico dove tutti guardavano al Sassicaia e ai vitigni internazionali.
Poi metteteci pure lo stile, basta vedere il design delle bottiglie o le immagini della cantina per capire che c'é grande attenzione anche a tutto ciò che circonda il mondo del vino, incontri, degustazioni, eventi culturali ecc....
Oltre all'Irpinia dove sorge la cantina, sono stati acquisiti poderi anche in Puglia a Manduria per la produzione del Primitivo e in Basilicata nel Vulture dove viene prodotto l'Aglianico.
Dei vini che dire.. ce né per tutti i gusti, io ad esempio ho acquistato due bottiglie, un Trigaio e un Rubrato due esempi di Aglianico in gioventù, vino ideale per pasteggiare, acquistabile per poche euro presso la grande distribuzione. Ho avuto modo di assaggiare anche alcuni bianchi, davvero ottimi, ad esempio con 12-13 euro potete acquistare il loro Fiano Pietracalda, davvero eccellente, ma anche il Greco di Tufo Cutizzi e il Campanaro, forse il più pregiato tra i bianchi.
Nel parlare di rossi c'è solo l'imbarazzo della scelta, dalle 6 euro alle 60 trovate tutto il meglio che questo territorio sa esprimere. L'Aglianico barricato, il Taurasi, il Serpico e il Patrimò prodotto in purezza da uve Merlot, diciamo il gra cru dell'azienda. Una bella gamma costituita da tanti vini tutti qualitativamente validi.
Nel nostro caso oggi abbiamo assaggiato il Trigaio, annata 2008 pagato circa 6 euro. Siamo al cospetto di un vino prodotto con uve Aglianico in gioventù, fermentato e maturato per 4 mesi in acciaio. Niente di particolare quindi.
Di colore piuttosto scuro ed intenso, un rubino con riflessi violacei, al naso si dimostra per quello che é, giovane, fresco e snello, un bouquet semplice ma piacevole dove sono le note di frutta fresca a dominare come fragole, ciliegie e lamponi, con una vena alcolica presente ma appena accennata. Al palato ne apprezziamo la facilità e piacevolezza di bevuta, fresco, poco tannico e decisamente snello e dinamico. Non per questo risulta piatto, anzi, la bontà di questo Trigaio sta proprio nel saper equilibrare alla semplicità di struttura, un buon corpo e morbidezza che gli conferiscono una discreta rotondità ed importanza, evitando quella sensazione di acidità che spesso riscontriamo in alcuni vini giovani. Il finale é discreto con un buon retrogusto dolciastro.
Sicuramente un vino "da tavola" ideale per pasteggiare con qualsiasi tipo di pietanza, un rosso da bere anche d'estate sui 16-18 °C. Direi un prodotto consigliabile anche se non troverà grandi riscontri tra i commensali più pretenziosi, ma sicuramente il gradimento di molti meno menosi bevitori e delle mogli, per la sua piacevolezza di bevuta. Per chi ama bere facile e non ama i vini austeri.
Non stropicciamoci gli occhi quindi ma mettiamo un altro "buon" tassello nella continua ricerca di buoni vini bevibili alla portata di tutti. Voto:7