lunedì 30 dicembre 2013

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2013.... ECCO COSA MI HA ENTUSIASMATO!!

Uno sguardo al passato per affrontare il futuro. Il 2014 enoico a Simo diVino parte da qui. E' tempo di bilanci, e come ho già fatto l'anno scorso, mi diverto a riassumere in un piccolo "The best of....", le più interessanti "stappate" dell'anno appena trascorso. Non ci sono state grandi discussioni per stilare la top ten, visto che sono l'unico a dover scegliere e che ho preso in considerazione solo le bottiglie recensite su questo blog. Non si tratta di una classifica e non ha pretese esaustive, non ho tenuto conto di assaggi volanti, fiere mercato e tavolate gogliardiche. Diciamo che si tratta di una selezione dei vini assaggiati dalla prima all'ultima goccia, vini di cui ho potuto farmi un'idea precisa e per molti di essi parlarne anche con i produttori. Probabilmente non si tratta nemmeno dei più buoni in assoluto (diciamo a livello organolettico), ma quelli che per un'insieme di motivazioni mi hanno maggiormente convinto e coinvolto. Eccovi quindi 5 bianchi, 5 rossi... più uno..., che hanno saputo segnare il mio 2013 enoico. Alcuni di voi li conoscono molto bene, per tutti gli altri qualche buon consiglio per gli eno-acquisti del 2014 !!. (clicca sul nome del vino per leggere la recensione completa!!)

 

> GRILLO 2011 - Sicilia I.G.T. - Barraco  
Per gli appassionati di vini "naturali" il nome di Nino Barraco non é una novità. Il giovane vignaiolo con questo Grillo é riuscito ad esprimere vitigno, terroir e tradizione come pochi, grazie ad un bicchiere "esplosivo", dove la complessità e la corrispondenza territoriale non sono per nulla plasmate. Il vino é diretto e sfoggia fin da subito la sua carta di identità... una materia importante arricchita ed equilibrata da un'insieme di sentori e suggestioni che parlano a più non posso di Sicilia e Marsala. Vino non perfetto, ma indubbiamente vivo, vero e viscerale... troppo spesso si abusa del termine "vino di territorio", che invece calza a pennello per questo Grillo... la Sicilia racchiusa in un bicchiere!!


> CINQUE TERRE 2011 - D.O.C. - Forlini Cappellini
Come si fa a non innamorarsi dei vini di due vignaioli come Germana Forlini e Alberto Cappellini ?? 9.000 "eroiche" bottiglie prodotte a strapiombo sul mare, e il loro bianco é un simbolo esemplare del territorio mozzafiato e "tagliagambe" su cui crescono le viti vecchie di settant'anni. Bosco, Vermentino e Albarola danno vita ad un vino tagliente e verticale ricco di suggestioni di macchia mediterranea, sale marino, resina di pino, agrumi, rocce bagnate, erbe selvatiche, note salmastre... le Cinque Terre illustrate in un sorso... per un vino di terra figlio del mare.

Quando si parla dei vini bianchi del Collio, si parla dell'eccellenza, soprattutto se si é al cospetto di un vignaiolo come Franco Terpin. Questa Ribolla é l'esempio di come deve essere un bianco macerato perfettamente. Un sorso che esprime carica, consistenza e originalità, ma senza dimenticare freschezza e bevibilità, una rocciosa e pungente mineralità carsica, una bella verticalità, ma anche una beva pulita e rinfrescante. Un grande vino "naturale" dall'equilibrio perfetto.

Ancora un bianco macerato.. evidentemente "me gusta"... ma in questo caso ad esaltarmi non é la macerazione perfetta, ma la macerazione estrema. Un vulcanico "orange wine" da uve Garganega, decisamente “punk”... non solo per essersi "volutamente declassato", ma perché qui a contare é l’impatto, il ruvido, la vibra... le sonorità meno pulite ma più dirette. In secondo piano la tecnica, la precisione stilistica, la pulizia nel suono. Ma va bene così… il punk rock quando è troppo patinato non arriva al cuore e soddisfa solo i fighetti che giocano a fare gli alternativi. Vino da stage diving!!

Questo forse, meriterebbe il primo posto tra i bianchi bevuti quest'anno. Niente macerazioni in questo caso ma una grandissima Malvasia che punta  alla qualità assoluta. Vinificazione in bianco e utilizzo di barriques, per un vino che esprime una complessità sottrattiva. Qui a colpire é la apparente semplicità, fatta di eleganza, finezza e grande pulizia. Tutti gli elementi che vai cercando in un grande vino bianco li ritrovi racchiusi in un equilibrio perfetto. Nicola Manferrari esprime nei suoi vini la complessità nella maniera più semplice possibile... come solo i grandi campioni sanno fare.

> MARCALEONE 2010 - Grignolino del Monferrato Casalese D.O.C. - Crealto
E’ vino da gustare e non da degustare, la sua essenza è ben rappresentata in etichetta, una bella tavola tra amici per un vino che esce dai salotti buoni, riappropriandosi della sua funzione alimentare e conviviale. Tenetene sempre una bottiglia a portata di mano, una pausa rigenerante durante una giornata di lavoro nei campi... un amico che passa a trovarti durante l'ora di cena, o più semplicemente una bella passeggiata tra le vigne... un bicchiere di Grignolino, un "panozzo" con il salame, un bel pezzo di formaggio... e vi rimettete in pace con il mondo. Gustoso ed appagante, pulito e mai grasso, è l’antitesi del vino moderno. Ogni volta che bevi un Grignolino, è un viaggio indietro nel tempo e il Marcaleone ne è un’ottima espressione. 

> NUDE 2005 - Campania Aglianico I.G.T. - Cantina Giardino
Ad entusiasmare é tutto quello che sta dietro ogni singola bottiglia prodotta dai soci/amici di Cantina Giardino... storie di amicizie, di rispetto per la terra, di amore e dissidenza. Storie di valorizzazione del territorio e delle uve autoctone... storie di antichi vigneti recuperati, di vino "naturale" in terra campana, storie di anziani conferitori artigiani e contadini, con la volontà di fare cultura e perché no reddito nel territorio. La grandezza di questo Aglianico, sta proprio nel saper integrare in un solo sorso, carattere e complessità, esprimere la stoffa del “grande” vino, rinunciando ad un po' di eleganza e finezza, ma mantenendo quel tocco di rusticità ed imperfezione che lo rendono incredibilmente verace e artigianale… Vino da “mangiare”!!

> CHIANTI COLLI SENESI 2008 - D.O.C.G. - Pacina
Il primo bicchiere mi ha lasciato un po' deluso, troppo ruvido e scomposto, poi mi ci sono tuffato dentro e me lo sono "goduto" fino all'ultima goccia, ed era da tempo che un rosso non mi regalava un così "rustico" appagamento. Da una parte abbiamo ancora chi persevera a produrre vini spesso legnosi e pesanti, seduti dopo il terzo bicchiere, dall'altra la contro-tendenza di sgrassare il più possibile, puntare sulla leggerezza, sullo stile "Borgogna"... ma per fortuna nel mezzo ci sono vini genuini come questo Chianti a cui poco importa della tendenze e riesce con innata semplicità ad esprimere l'autenticità e la ruralità del luogo in cui nasce. Sovversivo, perché sa essere contadino e artigianale, sa esprimere la potenza e il vigore che ti aspetti da un vino che non si piega alle tendenze e ti stupisce con una beva mai doma, ricca di succo e di  polpa masticabile, che ci lascia felici e appagati, obbligandoci a leccarci le labbra una volta posato il bicchiere. Questo é il vino che ogni oste dovrebbe servire ai propri ospiti... 

> ROSSO DI MONTALCINO 2009 - D.O.C. - Campi di Fonterenza
Montalcino non é solo Brunello e riesce a racchiudere la sua essenza anche nel suo rosso base... soprattutto quando porta la firma "natur" di Francesca e Margherita Padovani. Un bicchiere ricco di sfaccettature… un vino che non perde mai tono… struttura e persistenza, complessità… mai sulle gambe. E' gagliardo grazie ad una tensione sempre viva, territoriale, leggermente rustico ma con una sua eleganza... chiamiamola personalità, credo sia questa la parola giusta. Vino vero, autentico e senza trucchi, questa indubbiamente é la sua marcia in più… espressione di un grande terroir, della passione e dedizione del suo vignaiolo nell'accudirlo. Tutto questo si sente nel bicchiere e fa la differenza !

> BAROLO GINESTRA CASA MATE' - D.O.C.G. - Elio Grasso
Vino nobile e di razza, leggermente sgraziato, con un tannino non proprio vellutato e una struttura importante... etereo, persistente e di grande complessità aromatica...  é la perfetta espressione di una giornata tardo autunnale passata tra i filari di Monforte... é la perfetta espressione del carattere schivo, tenace e fiero dei contadini di Langa. Gente come Elio Grasso, uno che vuol essere definito contadino ancor prima di produttore, a testimonianza del forte legame con il mondo rurale in cui é nato, che ne fa un agricoltore langarolo e un vignaiolo vecchio stampo. Tradizionalista come il suo Barolo.
Siamo in Sardegna e quando si parla di un vino simbolo, che ha saputo segnare la storia e il carattere di questa terra, non può non venire in mente la Vernaccia di Oristano. Dal color ambra e una consistenza che ricorda i vini passiti, ma  più fluido, esprime caratteristiche "flor" di grande fascino, dalle nocciole tostate alle mandorle amare, amaretto, frutta secca, nespole, canditi. Davvero eccellente e coinvolgente. E' proprio un piacere perdersi con il naso dentro il bicchiere. Sublime. Vino storico e "old style" troppo spesso dimenticato. Non commettete questo errore!!




Concludo menzionando una serie di vini che per i più svariati motivi hanno saputo convincere il mio palato, ma che ho dovuto escludere dalla top ten...  Due classici dell'enologia nostrana, vini dell'enologo con cui ho poco feeling ma che non posso discutere per la loro precisione stilistica, come il Montevetrano 2008 di Silvia Imparato e il Terre Brune 2008 di Santadi. Ma soprattutto ho dovuto scartare a malincuore dalla top ten il "materico" Vigna del Prey 2011 di Boschis, il "notturno" Under the Sky 2010 di Mattia Filippi, il Ser Balduzio 2006 di Fiorano, autentico Montepulciano di razza, il Nepomuceno (Esercizio n°7) di Cantrina, davvero un bel esercizio di stile. Menzione speciale per i due vini che più degli altri avrebbero meritato un posto tra i 10+1 del 2013. Il Vigneri Rosso 2010 di Salvo Foti un "signore" che ha saputo valorizzare e ridare dignità ad un territorio. Storia, tradizioni e la magia di queste antiche vigne aggrappate sull'Etna valgono molto di più di qualsiasi considerazione organolettica. Per concludere impossibile non menzionare Eugenio Rosi e il suo Anisos 2009. Lo sguardo, le mani, le parole, esprimono tutta la passione e le energie profuse da anni su e giù tra i filari delle montagne trentine e questo vino ne é espressione diretta. 
Un buon 2014 enoico a tutti.

Leggi la top ten dell'anno scorso:
STAPPATI 2012... ECCO I MIGLIORI 10+1 LE PIU' INTERESSANTI BEVUTE DEL 2012

 

venerdì 27 dicembre 2013

BAROLO GINESTRA CASA MATE' - D.O.C.G. - Elio Grasso

Vino nobile e di razza é la perfetta espressione di una giornata tardo autunnale passata tra i filari di Monforte... é la perfetta espressione del carattere schivo, tenace e fiero dei contadini di Langa. 


Non sono propriamente una persona religiosa, lascio quindi che sia il lato "festaiolo" del Natale a mandarmi "su di giri" e non credo di essere il solo a trovarmi in questa situazione!!. Non so bene come spiegare questa cosa... sarà che l'Italia in queste giornate ama passare il tempo con le gambe sotto il tavolo, ma é in questo periodo che si chiude un occhio davanti al portafoglio che si svuota e ci si lancia in qualche eccesso eno-gastronomico, sia in quantità che in qualità. 

Così alcune sere fa (il 20 dicembre per esattezza) ho deciso di festeggiare l'inizio delle ferie invernali pescando dalla cantina una bottiglia che se la dormiva nella sua cassetta di legno da almeno un paio d'anni e non vedevo l'ora di stappare. Ed eccomi qui, mouse nella mano destra e bottiglia "Albeisa" vuota nella sinistra, per raccontarvi del Barolo "Ginestra Casa Matè" di Elio Grasso, vignaiolo di Langa che non ha certo bisogno di presentazioni...

L'azienda agricola situata in quel di Monforte d'Alba, località Ginestra é una splendida cascina di Langa immersa tra i vigneti e i boschi che li circondano; terra particolarmente vocata per la produzione del Barolo che annovera alcuni tra i cru più prestigiosi da cui si ricava una materia prima di eccellente qualità. 

L'avventura di Elio nel mondo agricolo inizia negli anni 80, altri tempi per l'enologia italiana e anche per il Barolo. In quest'ottica va vista la scelta di abbandonare una sicura e fruttuosa carriera di avvocato per tornare nella cascina di famiglia a fare il contadino. Perché così vuol essere definito... contadino ancor prima di produttore, a testimonianza del forte legame con il mondo rurale in cui é nato e che ne fa un agricoltore langarolo e un vignaiolo vecchio stampo.

Alla guida della cantina insieme ad Elio troviamo il figlio Gianluca, con l'aiuto delle rispettive moglie, per conduzione familiare nella gestione di vigne e cantina, che vanta 18 ettari vitati e una produzione di 80-90 mila bottiglie, di cui 35.000 a marchio Barolo, suddivise in 3 cru. Il "Ginestra Casa Maté" e il "Gavarini Chiniera", prima vendemmia targata 1978 di stampo più tradizionalista che portano la firma di Elio, a cui si é aggiunto nel 1995 il Rüncot Riserva, Barolo in stile "boys", dal taglio più modernista attraverso l'utilizzo delle barriques, voluto da Gianluca e che sicuramente si smarca dallo stile "monfortino" di Elio. Il resto della produzione vinicola parla ovviamente di rossi langaroli, con Dolcetto d'Alba, Barbera d'Alba e Nebbiolo, a cui si aggiunge l'unico bianco a base Chardonnay. 

La bottiglia di cui scrivo oggi é il loro Barolo "Ginestra Casa Maté", annata 2005 (grande annata 4 stelle...), probabilmente il vino che meglio rappresenta il carattere di Elio e il terroir di Monforte. 14.000 bottiglie prodotte grazie alle uve ricavate da un vigneto con circa 40 anni di età, allevato a 300-350 metri su terreno calcareo-argilloso con esposizione a sud. In vigna vengono utilizzati esclusivamente rame e zolfo, con concimazione a base di letame naturale. La vendemmia manuale viene eseguita nella seconda decade di ottobre, mentre la vinificazione avviene in serbatoi di acciaio per un paio di settimane a temperatura controllata con rimontaggi giornalieri. Due anni di affinamento in botti di rovere di Slavonia da 25 ettolitri, a cui seguono 8-10 mesi in bottiglia prima della commercializzazione.

Il vino si presenta vestito di un rosso granato piuttosto cupo, "nebbioleggia" nel bicchiere con bella eleganza. Naso piuttosto fine ma persistente e di grande complessità aromatica, di non facile interpretazione. Una sensazione calda e vinosa, con leggera punta alcolica (14%vol.) che sorregge un bouquet dove piccoli frutti rossi sotto spirito rimangono in secondo piano, dominati da sensazioni eteree di fragranti profumi floreali, come violetta e rose appassite, accompagnate da spezie dolci e piccanti, a cui si sommano note terrose e argillose sfumate di cuoio e tabacco. Non di grande intensità, ma la finezza e la complessità di un grande Nebbiolo non tradiscono le aspettative. Ottima corrispondenza gusto-olfattiva... la beva gioca più sulla finezza e meno sull'eleganza. Domina infatti una trama tannica importante, con leggera astringenza iniziale, che non impedisce al sorso di essere avvolgente e materico, ottimamente bilanciato da buona acidità e sapidità, che conferisce una piacevole tensione gustativa che ci introduce verso un finale di grande persistenza.

Mi aspettavo un Barolo classico, come tradizione comanda e non sono rimasto deluso. Leggermente sgraziato, con un tannino non proprio vellutato e una struttura importante che gli avrebbe permesso ancora parecchi anni di riposo in cantina. Vino nobile e di razza é la perfetta espressione di una giornata tardo autunnale passata tra i filari di Monforte... é la perfetta espressione del carattere schivo, tenace e fiero dei contadini di Langa. 

Prezzo in enoteca tra le 50-60 euro, in linea con i più rappresentativi Barolo che possiamo trovare sugli scaffali. Sicuramente esborso importante ma meritevole (se possibile) di un sacrificio economico, soprattutto per chi ama vini che sanno essere espressione diretta del territorio di provegnenza. Ed essendo quello di Monforte un terroir di grande importanza... ne consegue un vino di gran carattere.

Un grande Barolo nel segno della tradizione.

lunedì 23 dicembre 2013

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO 2010 - D.O.C.G. - Il Conventino

...non é il classico "vino dell'enologo", qui c'è una bella corrispondenza territoriale e nessuna ruffianaggine, però da un vino biologico mi aspetto sempre un "qualcosa in più" che ne marca il carattere...



Il Nobile di Montepulciano è uno dei vini toscani che sia da un punto di vista mediatico che di consumi, sembra essere ancora poco considerato. Almeno qui in patria difficilmente se ne parla e nonostante abbia numeri importanti, il “bevitore” della domenica (identificabile più o meno in quella tipologia di persona che acquista vino al supermercato e difficilmente va oltre le 5-6 euro a bottiglia… ad eccezione di qualche grande occasione...), solitamente non lo conosce. Ho fatto questa riflessione… io il Nobile lo bevo sempre molto volentieri.. sono stato anche a Montepulciano e dintorni, secondo me una zona fantastica, ricca di cultura, fascino e storia eppure anche a livello di eno-turismo sembra esserci meno interesse rispetto alle vicina area del Chianti o di Montalcino. Mi rivolgo a voi lettori esperti e all’interno del sistema “commerciale” del vino per avere spiegazioni in merito.. io da appassionato e wine-blogger posso abbozzare solo delle supposizioni… 

Il primo pensiero è per gli operatori e il consorzio… chiamiamolo con quella brutta parola che è “marketing”… che forse si sia investito e puntato meno sull’aspetto promozionale-pubblicitario-turistico rispetto, ad esempio, al marchio del Gallo Nero? Che sia mancata un'unione di intenti tra i produttori consorziati? Può essere… ma vorrei fare delle riflessioni più centrate sul vino… mediamente una bottiglia di Nobile si aggira sulle 15 euro… un po’ di meno per le bottiglie da grande distribuzione, per poi salire oltre le 20 per le versioni riserva ecc…. Ne consegue che la maggior fetta del mercato italiano basato sulle G.D.O. e i vini sotto le 10 euro (ma anche meno) predilige pescare tra le bottiglie di Chianti e Morellino più accessibili a queste cifre. L’appassionato in grana, punta alle grandi firme dell’enologia toscana (Sassicaia, Ornellaia, Solaia ecc…), la generazione 2.0 non solo rappresenta una piccola percentuale di consumatori, ma guarda soprattutto ai vini “naturali” e artigianali, spesso originali, frutto del lavoro di piccole cantine... e bisogna ammettere che nella zona del Nobile questa tipologia di produttori non sembra aver trovato terreno fertile, quante cantine di Montepulciano vi é capitato di incontrare a La Terra Trema, Vinnatur, Vini Veri o a Fornovo? a memoria direi pochissime (mi viene in mente solo il Podere della Bruciata). Fatto sta, che la denominazione fatica ad emergere e gran parte della produzione finisce così all’estero… tutto questo, nonostante un vino che non tradisce mai le aspettative, che vanta origini antiche, tanto da guadagnarsi la prima Docg italiana nel lontano 1980.

Con l'attenzione centrata su Chianti e Brunello, ad emergere sono soprattutto i grandi produttori con i loro cavalli di battaglia (come ad esempio Poliziano con l'Asinone) con qualche eccezione targata Boscarelli, ma oggi ho il piacere di assaggiare e di segnalarvi “Il Conventino” dei fratelli Brini, una delle poche (e tra le prime) cantine di Montepulciano ad ottenere la certificazione biologica. 3 avvocati con la passione per l'eno-gastronomia, che nel 2003 decidono di acquistare Il Conventino, situato nel cuore della produzione del Vino Nobile. Ad oggi 23 ettari e 100.000 bottiglie, risultato di una viticoltura "sana", che punta esclusivamente sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni, per ottenere vini che ben rappresentano la tradizione di questo territorio.

Il vino che vado a stappare é il loro Nobile di Montepulciano (prodotto anche nella versione riserva), annata 2010. Realizzato con il classico assemblaggio di uve locali 85% Sangiovese, 15% Colorino, Canaiolo e Mammolo, vinificazione a temperatura controllata in tini di acciaio e affinamento di 24 mesi in botti in rovere di Slavonia da 50 hl, a cui seguono 6 mesi in bottiglia. Prezzo in enoteca sulle 15-16 euro.
Nel bicchiere il colore è un rubino di buona intensità e concentrazione, consistente ma non troppo, mantiene nel bicchiere una buona dinamicità. Una punta alcolica (14%vol.) conferisce calore ad un quadro olfattivo di media importanza per complessità e lunghezza. Non cercate qui spunti particolari e originali, ma un vino che si lascia amare soprattutto per completezza ed equilibrio. Profumi piacevoli di frutta rossa matura accompagnano note meno dolci di spezie piccanti e note balsamiche, per una beva appagante, dove una trama tannica importante ma piuttosto morbida, accompagna un frutto dolce e gratificante. Struttura e corpo importanti, ne fanno un vino a cui non manca nulla, dove tutto è ben equilibrato e assai godibile.

Insomma tutto quello che ti aspetti da un Nobile di Montepulciano lo trovi in questa bottiglia, diciamo pure "tradizionalista", per un vino da comprare a colpo sicuro, che non tradisce mai e ne giustifica l'esborso. Se vogliamo fare un appunto a "Il Conventino", (altrimenti che sto qui a fare!??) definirei questo rosso fin troppo "classico" nella sua precisione stilistica e nella sua sobrietà. 

Come posso dire... non é il classico "vino dell'enologo", qui c'è una bella corrispondenza territoriale e nessuna ruffianaggine, però da un vino biologico mi aspetto sempre un "qualcosa in più" che ne marca il carattere e che qui, onestamente non ho trovato. Abbiamo parlato spesso su questo blog di "vini naturali" e delle loro peculiarità, a volte anche dei loro difetti (che a molti possono non piacere), ma che contribuiscono alla tipicità di quel vino... uno scatto in più rispetto all'enologia convenzionale, frutto non solo dell'approccio "natur" in vigna, ma anche di una "filosofia" di cantina senza trucchi, che tende in primis, a favorire l'espressione del vitigno. Ecco, nella sua classicità, nella sua perfezione e nel suo equilibrio a questo Nobile viene meno questo "scatto in più", come se l'approccio biologico fosse limitato alla vigna, mentre la ricerca del "vino ben fatto" in cantina, porta ad una bottiglia che fatica ad emergere all'interno della denominazione, relegandolo al ruolo di buon vino, ottimo se volete, ma come molti altri Nobili che possiamo trovare in enoteca a questo prezzo.

Peccato, speravo di aver finalmente trovato il mio "vinnatur" anche in quel di Montepulciano... rimane comunque un ottimo vino, di quelli da portare ad un invito a cena, perché nessuno palato rimarrà deluso. Nel complesso più che soddisfatto, anche se la dicitura vino biologico lasciava presagire voli pindarici che non ci sono stati, rimane comunque un gran bel classico. Forse anche questo é un esempio di come la D.O.C.G. del Nobile, pur al cospetto di una media qualitativa elevata, fatichi a decollare e ad attirare l'interesse dei nuovi eno-appassionati.

venerdì 20 dicembre 2013

DON ALFREDO e SAN ROCCO... gli autoctoni casertani di DELLA VALLE JAPELLJ

Quando si assaggia qualcosa di nuovo e non "omologato" é sempre una bella esperienza, perché indipendentemente dal gusto personale c'è sempre il piacere della scoperta e dell'esplorazione.

Della Valle Jappellj ben arrivato. Degustazione molto interessante quella di stasera perché mi permette non solo di scoprire un nuovo produttore (almeno per me), ma soprattutto di assaggiare le sue interpretazioni in purezza di due vitigni autoctoni del casertano, che fino ad oggi avevo solo sentito nominare. Devo quindi partire da un ringraziamento ad Andrea di Avionblu per avermi mandato queste due bottiglie, che vado a stappare in contemporanea per meglio coglierne sfumature e differenze. Si va quindi alla scoperta non solo di un produttore, ma anche di un territorio e di 2 vitigni tipici come il Casavecchia, che da vita al Don Alfredo e il Pallagrello Nero, con cui si realizza il San Rocco. 

La cantina in questione é situata nel borgo medioevale di Casertavecchia, una decina di km dall'attuale comune di Caserta, ed é gestita da Stefano Iappelli, che nel corso degli anni ha lavorato molto sulla ricerca enologica dei vitigni autoctoni campani, con lo scopo di valorizzarli e riuscire a ricavarne vini qualitativamente interessanti. E direi che i risultati non sono tardati ad arrivare, visto che ad oggi la Della Valle Jappellj può vantare una produzione di 60.000 bottiglie fortemente legate al territorio.  

Non sono riuscito a recuperare altre notizie in merito... posso aggiungere che il Pallagrello esiste sia come uva bianca che come uva nera, ed é caratterizzata da acini piuttosto piccoli e tondi dalla buccia spessa. Il Casavecchia é invece un vitigno molto resistente ma dalle rese basse, con grappoli piuttosto grossi e dalla forma cilindrica. Da una decina di anni il Casavecchia rientra nel disciplinare della Igt del Volturno. Già che ho due bottiglie da raccontarvi... via con le impressioni sul bevuto e bando alle ciance...

DON ALFREDO 2008 - I.G.T. Terre del Volturno Casavecchia - Della Valle Jappellj

Parto con il Don Alfredo, annata 2008 da uve Casavecchia in purezza affinate in barriques per non meno di 8 mesi. Almeno nel bicchiere l’aspetto è quello di un tipico vino “sudista”… tinta rubino molto concentrata, trama fitta ed impenetrabile, sfumature violacee e pareti del bicchiere che si colorano. Naso di sicuro impatto, efficace fin da subito gioca sulla  potenza-persistenza, grazie ad una vena alcolica (14%vol.) piuttosto spinta che mette “sotto spirito” un cestino ricco di frutta rossa matura, ma ancora viva. E questa credo sia la sua caratteristica principale… nell’insieme di un panorama olfattivo, tra cui si avvertono alcune tipiche note dei vini barricati (vaniglia, cacao, tabacco ecc…) ma anche un piccante accenno speziato. 

La sorpresa arriva alla beva, mi aspettavo un vino morbido, polposo e di gran corpo, tratto in inganno dalla sua densità estrattiva, invece domina una spiccata acidità e un tannino vigoroso, che sicuramente toglie eleganza e calore alla beva, ma regala spinta e freschezza inaspettati, che mantengono il vino vibrante, pungente e originale. Sicuramente una bottiglia interessante e singolare, premiata anche dalla guida Vini buoni d’Italia, dedicata ai vitigni autoctoni. La consiglio a chi va cercando qualcosa di nuovo e particolare. Detto questo devo ammettere che per essere il vino più “importante” della cantina (in commercio passa le 20 euro), manca un po’ di equilibrio e di eleganza, così come l'utilizzo delle barriques, che personalmente tende un po’ ad omologare l’olfatto, vero punto di forza di questo Casavecchia così ricco di frutto sgargiante. Sarà interessante coglierne l’evoluzione concedendogli qualche anno ancora di bottiglia. Direi quasi un vino esplosivo!!


SAN ROCCO 2004 - I.G.T. Campania Rosso - Della Valle Jappellj


Passando al San Rocco… annata 2004 da uve Pallagrello Nero in purezza, anche in questo caso affinamento in barriques. Decisamente più nebbioleggiante nel bicchiere rispetto al Don Alfredo, vero è che siamo al cospetto di un vino con 4 anni in più sulle spalle, ma che mantiene comunque una discreta concentrazione e un colore scuro ed impenetrabile, tendente però al granato con minor densità. Anche al naso risulta più “scarico”, discreta persistenza, ma in questo caso meno potenza ed impatto, decisamente più fine ed equilibrato, con sentori di frutta nera ben incorporati a note di violetta, con un leggero sentore terroso accompagnato da un sottile tocco balsamico. Anche la beva è molto più distesa… sottile e scorrevole, meno materico... la trama tannica è meno aggressiva e l’acidità meno sferzante, per un vino che dimostra buona struttura e discreta classe, oltre ad un’eccellente longevità, considerando i suoi 10 anni di età e le perfette condizioni in cui si trova. Sicuramente il San Rocco, pur con qualche spunto in meno rispetto al Don Alfredo, si è lasciato complessivamente preferire, dimostrandosi più centrato e più equilibrato, senza perdere in personalità, giustificando il prezzo di vendita (sulle 16 euro).
  
Quando si assaggia qualcosa di nuovo e non "omologato" é sempre una bella esperienza, perché indipendentemente dal gusto personale, c'è sempre il piacere della scoperta e dell'esplorazione. Il territorio campano grazie ad una grande varietà di uve autoctone, dimostra enormi potenzialità, una ricchezza fatta di vini tipici e caratteristici tutti da scoprire. Quindi vale l'assaggio e pur con peculiarità differenti voto 7 ad entrambi con personale nota di merito al San Rocco che si é fatto preferire alla beva. Sono comunque convinto che molti troveranno maggior goduria nel Don Alfredo... soprattutto se siete seguaci di Luca Maroni e amate i vini ricchi, potenti e concentrati.

martedì 17 dicembre 2013

IL VEGRO 2010 - Ripasso Valpolicella Classico Superiore D.O.C. - Az. Agr. Brigaldara



Un Ripasso che non si “perde” nella terra di mezzo e nel qualunquismo, ma riesce ad esprimere una propria personalità. Decisamente meno "piacione" ma molto più "intrigante"



Quando si parla di Valpolicella il primo pensiero enoico va all’Amarone, così come (ad esempio), se sento Montalcino subito faccio un eno-collegamento con il Brunello. Indiscutibilmente l'Amarone é il vino più blasonato tra quelli prodotti in quest’area geografica situata pochi chilometri a nord di Verona, tanto da entrare nella stretta cerchia dei grandi rossi italiani. 

E’ altrettanto vero che il vino storico di questa zona é il Valpolicella Classico, che ben rappresenta la viticoltura del territorio e le sue uve locali usate per realizzarlo. Alcune cantine hanno puntato su delle versioni "superiori" in grande stile, con lo scopo di valorizzare il vino storico della Valpolicella (come non pensare al classico superiore di Quintarelli...), ma nel corso degli ultimi trent'anni il successo (soprattutto economico) del più redditizio Amarone, l'ha confiscato a ruolo di vino "minore". 

Semplificando, possiamo dire che nella “terra di mezzo” tra questi due rossi, ci sta il Ripasso, che fondamentalmente è un Valpolicella "ripassato" (mediamente per 10-15 giorni) nelle uve utilizzate per la vinificazione dell’Amarone (o del Recioto). Ne consegue quindi un vino un po’ atipico, infatti il contatto prolungato con le vinacce ancora cariche, da vita ad una ri-fermentazione, che arricchisce il vino per struttura, intensità, caratteristiche organolettiche ecc... Capite bene che questa tecnica é soggetta a molte variabili, con cui ogni produttore può destreggiarsi (tempi, quantità e tipologia di uva ecc...). Conseguentemente, nonostante il Ripasso nel corso degli ultimi anni ha riscosso un buon consenso di pubblico, fatica a trovare una sua ben precisa identità (ad esempio la D.O.C. risale solo al 2010), ed in commercio ne troviamo versioni differenti da cantina a cantina.

Al sottoscritto il Ripasso è sempre piaciuto, non un vino che entusiasma, ma che si lascia bere con grande piacere, proprio perché in linea di massima riesce ad esprimere un interessante mix tra la snellezza di un Valpolicella e la potenza di un Amarone, quindi una bella struttura, ma anche un vino "tondo" e di corpo, con una nota leggermente dolce e fruttata conferita dalla tecnica del ripasso che lo rendono succoso, materico e spesso piacione. Questo in linea di massima… perché mi sono confrontato con bottiglie decisamente austere, mentre altre "troppo" ruffiane, polpose e fruttate... quasi "banali" nel voler interpretare il ruolo di un piccolo Amarone. A volte però, come nel caso odierno, ci sono cantine che riescono a cogliere nel segno e realizzare una versione che non si “perde” nella terra di mezzo e nel qualunquismo, ma riesce ad esprimere una propria personalità.

Siamo in frazione San Floriano, nel comune di San Pietro in Cariano nella Valpolicella storica. Qui é situata l'azienda agricola Brigaldara, costituita da circa 50 ettari tra vigneti ed uliveti, parte dei quali circondano la villa e l'adiacente cantina, costruita all'interno di una casa colonica; mentre altri vigneti sono situati a Marcellise e Grezzana. Si inizia a vinificare nel '79, con i primi 6 ettari vitati, ma é con l'arrivo di Stefano Cesari ai posti di comando che l'azienda acquisisce nuovi appezzamenti, che consentono di arrivare alla significativa cifra di 250.000 bottiglie. Punta di diamante é ovviamente l'Amarone, presentato nella versione base e riserva, ma anche l'interessante cru "Case Vece", che prende il nome dall'omonimo vigneto situato a 450 metri, oltre ai classici vini della Valpolicella e ad alcuni bianchi dal Garganega al Soave, fino al rosato da uva Dindarella e ovviamente i passiti. Al di là dei numeri importanti, é doveroso sottolineare che pur praticando una viticoltura tradizionale, si pone attenzione alla salvaguardia ambientale, con il solo utilizzo di letame in fase di concimazione, solo rame e zolfo come fitofarmici, con pochi e mirati interventi chimici.

Nella degustazione di oggi vado a stappare "Il Vegro" 2010, che é appunto il loro Ripasso. Ovviamente blend di uve autoctone come Corvina 40%, Corvinone 30%, Rondinella 20% e altre uve locali a completamento. Il "ripassaggio" avviene per un periodo piuttosto breve di soli 5 giorni, sulle vinacce dell'Amarone, a cui segue un affinamento in acciaio seguito da un periodo in botti di rovere da 25hl.

Stappo e nel bicchiere veste un rosso rubino piuttosto scuro, intenso ed impenetrabile, ma senza eccedere in densità… dimostrando discrete doti di finezza ed elegante. Il naso attacca intenso, quasi pungente… vinoso con leggera nota alcolica sopra le righe (14%vol.), si distende velocemente, lasciando spazio a più tenue note di frutta nera e matura, ma senza arrotondarsi troppo o eccedere in dolcezza… note di spezie come cannella, noce moscata, bacche di vaniglia e soprattutto sentori terziari decisamente più intriganti con accenni minerali e a tratti erbacei, che mantengono una discreta finezza olfattiva. Nonostante gli effetti del “ripasso”, il vino riesce a mantenersi “verde”, con una buona dose di freschezza che ne agevola la beva. Il vino è possente e materico, con trama tannica e struttura importante, dal finale lungo e persistente, con le note zuccherine di frutta matura che ti rimangono lì incollate al palato... un retrogusto che invoglia al bicchiere successivo, senza rendere la beva stucchevole ma equilibrata da una buona sapidità, mantenendo una sorprendente tonicità, che lo rendono piacevolmente vivo fino all’ultimo sorso senza mai spegnersi nel bicchiere.

"Il Vegro" e più in generale la cantina Brigaldara, mi sono piaciuti perché a differenza di altri produttori della zona, non si é scelta la strada della surmaturazione, ne quella dei "ripassi" lunghi, niente vini iperconcentrati ricchi di polpa e zuccheri, ma piuttosto vini equilibrati... possenti e tosti certo, ma che offrono una beva che gioca più sullo slancio e la finezza piuttosto che sull'impatto materico. Per questo motivo trovo questo Ripasso "diverso" da molte altre versioni che vi capita di trovare sugli scaffali delle enoteche. Decisamente meno "piacione" ma molto più "intrigante". Lo trovate qui per 16 euro la boccia.

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.