giovedì 27 giugno 2013

RIBOLLA GIALLA 2006 - I.G.T. delle Venezie - Terpin



...qui trovi la carica, la consistenza e se vogliamo l’originalità che ti aspetti da un vino macerato e trovi la sapiente mano del vignaiolo che la sa gestire alla perfezione…


Il vino di oggi è di quelli che forse, non val neanche la pena di raccontare, tanto è conosciuto e stimato il suo produttore tra gli eno-appassionati, soprattutto tra chi bazzica nel giro dei vini naturali. Per tutti gli altri, che ancora non conoscono i vini di Franco Terpin, beh, leggete e meditate... un vignaiolo con la V maiuscola, un contadino con la C maiuscola... se i bianchi del Collio sono tra i più apprezzati d'Italia, il merito é soprattutto di coraggiosi interpreti come Franco. Il mio punto di contatto (e di acquisto) con i suoi vini avviene in quel di Fornovo, a Vini di Vignaioli… li ritroviamo spesso anche in altre fiere, da Vinnatur (a cui è associato) alla più recente “Gli Estremi del Vino”… ma lui "il gigante buono" non l’ho mai conosciuto… in "trasferta" c’è sempre la carinissima signora… e come spesso capita con i produttori friulani, risulta difficile strapparle una parola in più dell'essenziale o un sorrisone... lascia che siano i vini a parlarci.


Ci troviamo nel Collio a San Floriano, terra di confine tra Italia e Slovenia, terra contesa e fredda, gente forte e orgogliosa.. caparbia. E' partita qui la rinascita dei bianchi vinificati in rosso, rendendo a loro modo unici i vini del Collio, espressione di un terroir particolarmente vocato per i vini bianchi. Un territorio unico, con il mare a sud e le montagne alle spalle, le viti che sorgono sulla "Ponka"... il caratteristico suolo di marne argillo-sabbiose che letteralmente si sbriciola. Il Collio é unico anche per merito dei suoi vignaioli, produttori orgogliosi e consapevoli nell'abbracciare il vino naturale, da Terpin a Princic, Radikon, Gravner o Paraschos.


Uva autoctona per eccellenza da queste parti é la Ribolla Gialla, che é proprio il vino che vado a stappare... quella di Terpin ovviamente, che in questi luoghi é nato e che tra queste vigne é cresciuto... 10 ettari vitati, 2 dei quali in Slovenia, oltre 15.000 bottiglie prodotte... la sua avventura inizia negli anni settanta come viticoltore, poi nei novanta le prime bottiglie prodotte e dal 2000 via ai primi esperimenti di uve bianche macerate.. Viticoltura tradizionale senza utilizzo di chimica.


Ribolla Gialla in purezza quindi, annata 2006, comprata direttamente al banco assaggi e pagata 15 euro... spesi benissimo ve lo garantisco... ma se vi muovete via enoteca, inserite nel portafoglio altre 5 euro... meglio 10 per stare tranquilli. Esce come IGT delle Venezie e non come Collio D.O.C. Gradazione alcolica del 13%vol. Fermentazione in vasca d'acciaio e successivamente in botti di rovere di slavonia per circa 20 giorni. 12 mesi di affinamento in barriques più 12 in acciaio e un anno in bottiglia. Nessuna filtrazione, ne stabilizzazione forzata.


Alla mescita un giallo dalle sfumature bronzo, il caratteristico colore a “buccia di cipolla”, iscrivibile alla categoria dei così detti “orange wine”, leggermente intorbidito, ma di bella luminosità. Che dire del vino… per me quasi perfetto… un indiscutibile equilibrio tra le componenti, senza rammollirsi mai… o eccedere in carica, rimanendo sempre bello teso, verticale, carsico. Naso pungente ma pulito... sboccia lentamente regalando piacevoli sensazioni di frutta candita, ma anche agrumi e nespole, soprattutto note erbacee, fiori di campo, fieno e un tocco di miele di acacia… fresco, pungente, acidulo, verticale... sempre in crescendo e sempre piacevole. Ma è soprattutto alla beva che vien fuori la grandezza di questa Ribolla, pieno, compatto, rotondo, ricco di materia e discretamente tannico...  dimenticatevi i soliti “pesanti” vini bianchi tutta polpa dolce… qui il vino ha uno slancio incredibile, fresco, sapido, minerale… struttura e carattere da vendere… finale teso e persistente… un amalgama perfetta, senza forzature… fresco, semplice, naturale… 

La forza di questa Ribolla (ma in generale tutte le bottiglie di Terpin) credo stia proprio nella capacità di proporre vini che con grande naturalezza riescono ad intrecciare e mettere in equilibrio tutte le componenti… qui trovi la carica, la consistenza e se vogliamo l’originalità che ti aspetti da un vino macerato e trovi la sapiente mano del vignaiolo che la sa gestire alla perfezione… trovi la freschezza e la bevibilità che ti aspetti da un vino “natur”, trovi la rocciosa e pungente mineralità carsica espressione del terroir e quella verticalità che ricerco in un sign. bicchiere di vino, quella beva pulita e rinfrescante che vorresti sempre trovare in un vino natur... (senza dover aspettare 3 giorni per riuscire a berlo!!). 

Bevuto su una grigliata ha fatto il suo sporco lavoro, ma ancor più si é reso protagonista sulla formaggella di caprino alle erbe. Ma con un carattere così gustatevelo anche in solitutine con i Wilco che cantano She's a jar in sottosfondo... abbinamento eno-rilassante...

sabato 22 giugno 2013

V**O > GLI ESTREMI DEL VINO 2013 - Prima edizione



Resoconto spannometrico da Pisogne "Gli estremi del vino" prima edizione.. Storia di una trasferta in terra camuna...


Week-end del 15-16 giugno, finalmente, quasi all'improvviso é sbocciata l'estate all’ennesima potenza, con tanta voglia di godersi un paio di giorni "easy" in trasferta. Il giusto stimolo arriva da Pisogne, paese a me sconosciuto e porta di accesso alla Val Camonica… in un paio di ore sono li, compresi 10 minuti di sosta in Val Cavallina per 2 passi nella bella piazzetta di un piccolo paese a me sconosciuto (se non ricordo male San Felice) sul lago di Endine.

Come mi racconterà Rolando "Mineral" Zorzi, l'idea della fiera é nata un po' per caso ma con grande convinzione sugli obbiettivi... mentre si sorseggiava e si discuteva di vino... Massimiliano "Piccolo Lord", Enrico "Erbanno" Togni, i ragazzi del KAG (e qualcuno che sicuramente ho dimenticato) hanno pensato di dare vita ad una nuova eno-iniziativa denominata "V**O - Gli estremi del vino",  un nome "forte" che marca il territorio, con i simboli rupestri in bella vista e che ben rappresenta lo spirito della manifestazione e i viticoltori coinvolti. Estremi i territori su cui sorgono le vigne, estrema é la fatica del viticoltore che se ne prende cura, estrema é la scelta di proporre vino senza alcun vincolo, espressione del territorio e del suo produttore, al di fuori dalle logiche che spesso il mercato impone. Praticare la strada più impervia, ma che meglio ne rappresenta la loro essenza di vignaioli.

Consumata la prima parte della discografia dei Ramones colonna sonora di questa trasferta... da Blitzkrieg Bop a Born to Die in Berlin, trovo dimora a Castro vicino Lovere, un bellissimo borgo incastonato tra le montagne, il lago d'Iseo ed un "mammut" di acciaio e cemento che si specchia sull'acqua... la siderurgia ha segnato in maniera indelebile questi luoghi e sembra averne forgiato anche il carattere dei suoi abitanti. Una tavolata con gli abitanti del luogo alla locale sagra del Casoncello me ne daranno conferma. Tipologia quadrata... ma ci sono abituato, arrivo dalla prov. di Varese, patria della Lega e con teste simili devo ragionarci ogni santissimo giorno. 

Una birra per combattere la calura e foderare lo stomaco… arrivo a Pisogne verso le tre, in una strana atmosfera di calma piatta… la ferrovia taglia in 2 il paese, da una parte il lago che risplende sotto il sole, dall'altra gruppi di pensionati sfoggiano magliette gialle, arancio, verdi... storie da "palio comunale", qualcuno fa la fila per ritirare i sacchi per la differenziata, ma nessuno sembra interessato all’evento enologico che si svolge qualche metro più su... e quando chiedo indicazioni devo specificare “Parco Damoli” perché “Gli estremi del vino” non sanno cosa sia… Scovo le frecce in cartoncino... seguo le indicazioni ed eccomi al parco… un gran bel parco... pago, mi tessero al KAG, metto il braccialetto e pam… in un pomeriggio finalmente estivo da 30 gradi, parto più o meno spedito con un paio di nebbioli eretici della Valtellina… rossi estratti dal frigo, mentre nel banchetto adiacente le bottiglie di spumante si auto-stappavano.

I banchi d’assaggio sono disposti nella tensostruttura,  "vicini-vicini" a semicerchio, distributori da una parte e vignaioli dall'altra... al centro formaggi e altri produttori locali. C’è un’atmosfera piuttosto tranquilla e familiare, il numero degli “assaggiatori” è quanto basta per rendere la fiera vivibile. Tra qualche nome noto che sovente ritrovo alle fiere (sia tra i produttori che tra il pubblico), lo spunto di interesse mi è dato dalla “territorialità” di questa manifestazione, con buona rappresentanza di vignaioli lombardi, in particolare camuni. Decido quindi di "scoprire" questi vini, fino a quando tempo e fisico me lo consentiranno.

Non sono un animale da degustazione, mi piace un approccio alla materia meno tecnico e più social, non posso quindi spararmi 20/30 assaggi, via uno sotto l'altro, meglio concentrarmi su una decina di produttori e basta. Niente trans agonistico… non sopporto le sputacchiere e le uso solo per pulire il bicchiere… capisco la volontà di assaggiare tutto, ma non mi viene proprio di passare troppo tempo con il naso sul bicchiere per poi sciacquarmi la bocca, sputare il tutto e prendere appunti... lo so, lo so che voi professionisti fate così, altrimenti "la capa gira" e dopo un paio d'ore inizi a non capirci più nulla… ma rimango dell’idea che sia meglio “gustare” che “degustare”… il vino “per me” va bevuto e se alla fine ci si “ubriaca” un po’, vorrà dire che ci sarà dell’allegria in più…

Rimango quindi in regione, salto e saluto il resto d’Italia che già ho avuto modo di stappare, da l’Acino a Crealto, da Nino Barraco a La Stoppa e Terpin, con il grande rammarico di essermene andato senza aver assaggiato il Proesedium di Mattia Filippi.. i due valdostani e Occhipinti... diciamo quindi che prendo in esame il lato "sinistro" dei banchi assaggi, con una piccola divagazione “Minerale” per assaggiare i vini proposti da Rolando e la sua Mineralwine… Ho comprato dei vini da lui qualche mese fa e mi sembrava il minimo conoscersi..  mi ha fatto assaggiare un bianco dell'Alto Adige, il fragrante Riesling Renano di  Bergamini, l’ottimo rosè calabro di Sergio Arcuri e lo dico da non fanatico di rosè, i due Beaujolais di Roland Pignard, da uve Gamay, vigneron biodinamico che sfoggia grande leggerezza e freschezza, oltre al super nebbiolo Breclemae dei Vigneti di Cantalupo, tra i migliori assaggi di giornata. Condivido il pensiero di Rolando e mi piace il suo lavoro di ricerca… vendere ciò in cui si crede e non vendere tanto per vendere... buona fortuna…

Tra i produttori come ho detto parto dal Nebbiolo di Valtellina, Boffalora con un super Pietrisco, davvero un gran Nebbiolo di montagna, Mozzi Alfio e Terrazzi Alti con il loro ottimo Sassella, teso, verticale e scattante. 

Rimango in "quota" con i vini della Val Camonica, Cantina Flonno situata nel cuore del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri e il loro "giovane" e piacevole Riesling. Rocche dei Vignali con il "Coppelle" bianco mix di Riesling, Chardonnay e Incrocio Manzoni e il loro Merlot "Assolo"... 8 ettari vitati, una cooperativa di 20 soci per la "numericamente" maggiore realtà vitivinivola della Val Camonica. 

Dopo 3 o 4 tentativi andati a vuoto presso il banchetto di Enrico Togni, solo l'intervento di Lorenzo in veste di sommelier, mi consente di assaggiare i suoi vini e scambiare due parole. La mia curiosità era tutta concentrata sull'Erbanno, ma purtroppo dovrò rimandare l'appuntamento. Assaggio il Merlot, una versione "sgrassata", lineare, di piacevole acidità e bella energia. Il Nebbiolo sorprende per dinamicità e finezza, freschezza e pulizia. Notevole. Enrico é un vulcano di energia, é colui che sta ridando visibilità alla viticoltura camuna e la scelta di puntare sull'Erbanno ne é la dimostrazione, un ulteriore passo in avanti per marcare una sempre più definita identità territoriale.

Un breve passo ed eccomi dal vicino di casa di Enrico, ovvero un gentilissimo Andrea Brignotti dei Cultivar delle Volte, 3 ettari di vigneto a conduzione familiare, con tanto sacrificio e ancor più passione. Assaggio i 2 Merlot, quello in purezza e il blend con un 30% di Cabernet Sauvignon. Mi racconta della sua famiglia, della sua mini-produzione di olio di cui sembra molto fiero ed esprime la necessità come viticoltore camuno, di un rilancio della valle, nel saper puntare maggiormente sull'eno-gastronomia locale, valorizzandone le realtà più piccole e radicate. Premio disponibilità. 

Concludo il mio giro lombardo con la Franciacorta... Ca del Vent di Cellatica... assaggio il Curtefranca, uve Chardonnay coltivate in biodinamica, profumato e di bella acidità. Poi via con i due Franciacorta, il primo è il Pas Operé, millesimato da uve Chardonnay e Pinot Nero, ottenuto con 18 vinificazioni separate, utilizzo di barriques e 32 mesi di affinamento in bottiglia. Bollicina fine e di bella eleganza, fresco e sapido, scivola su note floreali. A seguire il Blanc de Blancs più rotondo e decisamente burroso. In entrambi i casi, una beva assai piacevole e convincente. Sperimentatori...  

Casa Caterina di Eugenio del Bono, agricoltura biodinamica anche qui, bollicine leggere e sottili, per il Blanc de Noir e il Blanc the Blancs, con un'atmosfera di pressione in meno. Entrambi profumati e vivi alla beva, lunghi, minerali e appaganti. Due spumanti eccellenti, anche se forse il Cremant mi ha intrigato maggiormente. Arrivo verso le 19.30 a quello che sarà l'ultimo banco assaggi della giornata, direi giustamente, perché é stata davvero un gran bel finale con Il Pendio, 4 ettari e 25.000 bottiglie, più la grande simpatia di Michele Loda. Assaggio i due spumanti di cui non ricordo il nome, ma entrambi mi hanno colpito per un naso particolare, ricco di rimandi speziati, nocciola e carrube. 
Complesso e minerale, questa é decisamente un'altra Franciacorta. Ultimo bicchiere con bis, per il Cabernet Franc in purezza, ringrazio Lorenzo per la dritta, perché questo vino merita un applauso... ho provato a portarmene a casa una bottiglia, ma Michele ne ha pochissime e non molla l'osso. Naso fine e lungo che gioca soprattutto su una bella varietale, piccoli frutti, erbe, spezie... balsamico e vibrante, con una beva succosa, elegante e viva. Per me... n°1!!!

La giornata al "Parco Damoli" si conclude verso le 20... estraggo il telo da scampagnata e ci lasciamo andare ad un po' di sano ozio... durerà non più di un quarto d'ora, letteralmente assaltati dalle zanzare. La fame vince, mi dicono all'ingresso che la cena difficilmente si farà prima delle 21.30... faccio giusto in tempo a salutare nuovamente Rolando e con una prova di misto coraggio-incoscienza rientriamo a Castro per la sagra... .

La fiera indubbiamente é piaciuta, tralasciamo il caldo,  ben venga un week-end estivo dopo una pessima primavera, bella situazione, piacevole atmosfera, bella gente. Mi é piaciuta la scelta dei vignaioli di favorire i produttori locali, accurato anche il poker dei distributori, tutti con roster di vini davvero notevoli. Mi sono piaciute le dimensioni raccolte della fiera, meglio pochi banchi assaggio ma mirati, l'affluenza buona ma senza grossi "ingorghi" e la possibilità di soffermarsi più tempo a chiacchierare con i vignaioli. Mi é piaciuto il lavoro degli organizzatori locali, delle persone coinvolte nell'evento e dei ragazzi del Kag, una bella unione che dimostra l'attaccamento alla valle e all'amore per il vino autentico. Mi è piaciuta la scelta di far pagare con sconto gli accreditati... la trovo una forma intelligente ed eticamente corretta, é giusto che anche loro (noi) contribuiscano al finanziamento dell'iniziativa, oltre a garantire la partecipazione di chi é veramente interessato e non di chi pensa solo allo "scrocco". Ovviamente, e concludo con i like, mi sono piaciuti i vini, in particolare i Franciacorta, mentre (Togni-Rebaioli a parte) il resto della truppa camuna, pur con bevute piacevoli e tecnicamente ben fatte, deve ancora trovare una propria precisa identità.

Unico appunto... anche in queste iniziative, un po' più "indie" e meno "leccate", ho notato un paio di commenti eno-snob nei confronti di assaggiatori più giovani e apparentemente meno preparati o interessati. Lo scopo principale é far scoprire e conoscere al consumatore, un modo "diverso" e "altro" di bere il vino, soprattutto a quelle persone che magari partecipano per la prima volta ad una fiera...  D'altra parte mi é piaciuta la quasi "timidezza" e la disponibilità di alcuni vignaioli, nel proporre il frutto del loro lavoro.

Mi chiedo quali saranno i progetti futuri degli organizzatori... una seconda edizione sicuramente, entusiasmo ed energie positive erano palpabili e mi sembra che in valle ci sia la giusta "vibra" per andare avanti. Magari mantenendo questo profilo raccolto a poche ma mirate realtà, diversamente, cercare di far crescere nei numeri l'iniziativa, sacrificando un po' lo spirito "artigianale" e dalla forte "identità" che ha contraddistinto questa prima "fortunata" edizione.

Domenica  niente fiera, sfrutto il caldo sole per un giro del lago e due passi alle Piamidi di Zone, non é certamente la mia amata Cappadocia... ma fanno la loro sporca figura, bellissismo paesaggio. Rientro accaldato attraversando le vigne della Franciacorta, passo davanti a Ca' del Bosco direzione autostrada, solo a vedere il cancellone ti impressioni, i 4 fratelli Joe, Johnny, Marky e C.J. attaccano con la cover di Substitute degli Who,  batto il tempo e penso alla Franciacorta che ho gustato il giorno prima... tutta un'altra musica. 

Il mio resoconto spannometrico si conclude "spero" con un arrivederci all'anno prossimo, sono arrivato in ritardo con il post come al solito, ma il tempo mi é spesso tiranno e vado un po' per le lunghe... alla fine credo di aver detto tutto quello che potevo dire e spero di aver reso giustizia alle persone e ai vignaioli che in questa iniziativa ci hanno messo prima di tutto il cuore. Gabba Gabba Hey!!

In questo scatto notiamo un tentativo di assalto a la "Beccaccia" di Michele Loda




























martedì 18 giugno 2013

NIIMBUS 2011 - Giratempopub

Bevuta fresca scivola via che è una meraviglia, decisamente appagante e a suo modo originale, con il caratteristico retrogusto amarognolo della birra, si amalgama con più dolciastre ed amabili note del Moscato...

Non storcete il naso e non cambiate "canale" cari i miei enofanatici... come avrete capito oggi vi scrivo di birra... e so cosa state pensando... Perché mai in un blog dove si parla solo di vino scritto da uno che di birra é tutt'altro che esperto deve recensire una birra?? Già ho "svirgolato" settimana scorsa con il sidro... e adesso addirittura birra... niente "enosnobbismo" per favore... come per il sidro, anche per questa Niimbus prodotta da Giratempopub c'è un punto di contatto con il mondo del vino... e non poteva essere diversamente visto che ci troviamo nei pressi di Cuneo... provincia del vino per eccellenza... allora ve lo dico... la particolarità di questa birra é l’utilizzo di mosto di uva Moscato e dei suoi lieviti autoctoni aggiunti durante la fermentazione. Quindi ok, é birra ma anche un po' vino...

Io vi avevo avvisato, a questo giro primaverile di Passaggi Etilici non si stappa solo vino, almeno non nel senso più classico del termine... inizia a far caldo e un bel bicchiere di sidro fresco o di birra, può far godere anche i più intransigenti vino-dipendenti... quindi in alto i boccali e niente "enosnobbismo"!!

L'ascesa che ha avuto la birra negli ultimi anni é palese. Nel mercato forse ha anche rubato spazio al vino, grazie ad una cultura della birra più radicata, oltre che meno impegnativa economicamente. Molti birrifici hanno visto la luce ultimamente, anche i pub e le birrerie sembrano rivivere le gioie degli anni 90, soprattutto quelli producono in proprio o dispongono di una vasta gamma di birre originali e particolari. Basta farsi un giro anche al supermercato, alle classiche birre nazionali e di importazione é sempre crescente il numero di birre artigianali o quasi. Addirittura qui al paesello dove abito io (circa 6000 anime) da un paio di anni ha aperto una birreria con relativa produzione.

In questo filone possiamo metterci anche Giratempo pub, che si trova a Sant’Albano Stura, non solo birreria, ma anche micro-birrificio, visto che a quanto dicono loro "  Il nostro impianto di produzione è tra i più piccoli d’Italia". Sono quindi solo 4 le birre prodotte, ma dobbiamo ammettere con una proposta davvero particolareggiata. La birra principale é proprio la Nimbus che andrò a bere, realizzata sia nella versione chiara che ambrata, ma in entrambi i casi la ricetta prevede l'utilizzo di mosto uve Moscato. La terza birra si chiama Albina, ed é una birra bianca con aggiunta di scorza d’arancio e coriandolo. Per concludere la Yule, birra particolare adatta all'invecchiamento.

La Niimbus che vado ad assaggiare é una birra concettualmente semplice, prodotta con 2 varietà di malto e una di luppolo, oltre alla particolarità dell'aggiunta di un 20% di mosto da uve Moscato, mixaggio che avviene dopo un paio di giorni di fermentazione. La birra non viene ne pastorizzata, ne filtrata, per questo é possibile avere del deposito sul fondo della bottiglia. Gradazione alcolica di 6.6%vol. e prezzo di vendita sulle 9-10 euro. Come ho scritto sopra la produzione é limitata e non é facile trovarla. Sul web la potete trovare qui.

La differenza rispetto ad una birra “da grande distribuzione” balza subito all’occhio… Birra bionda dal colore compatto, un giallo oro impenetrabile alla vista, apparentemente piuttosto denso, sovrastato da una bella schiuma alta, cremosa e persistente (non fosse per la schiuma mi ricorda alcuni bianchi macerati piuttosto estremi!). La goduria sta tutta nel bicchiere… mi aspettavo una beva piuttosto consistente, come spesso mi è capitato con certe birre artigianali, sicuramente dal gusto particolare ma altrettanto "pesanti", soprattutto per chi come il sottoscritto, ama il vino e asseconda la birra a semplice bevanda “dissetante” da sgargarozzare in bicchierozzi di plastica durante i festival estivi. 

In questo caso invece contrariamente a quanto lasciava presagire alla vista, la beva è stata davvero piacevole, fluida e leggera. Bevuta fresca scivola via che è una meraviglia, decisamente appagante e a suo modo originale, con il caratteristico retrogusto amarognolo della birra, si amalgama con più dolciastre ed amabili note del Moscato, che rilasciano dei particolari sentori fruttati (pesca). Molto interessante anche l’aspetto “effervescenza”, decisamente fine, il che mi ha evitato la sensazione di “gonfiore” che spesso mi causa la birra… diciamo che le bollicine sono da Moscato!!


Bella scoperta e bella novità, davvero una birra particolare e caratteristica, che concordiamo con il produttore... é puro stile italiano!! Fantastica soprattutto se bevuta a tavola. Per i concerti rock niente vetro... continuate pure ad esagerare con le annacquate birre alla spina nel bicchierozzo di plastica!

giovedì 13 giugno 2013

CIDRE DU MONT BLANC 2012 - Methode Ancestrale - Maley

...emblema del terroir del Mont Blanc... con questo sidro metodo ancestrale riscopriamo un'antica bevanda ricca di storia e tradizione...


Nei post precedenti vi avevo avvisato... per questo giro di Passaggi Etilici, spazio a bottiglie piuttosto particolari. Così dopo il vino al timo di Ibiza eccomi a raccontarvi una bevuta insolita, non propriamente vino... ma le affinità non mancano. Sto parlando del sidro di mele, bevanda non conosciutissima e che probabilmente alcuni di voi, avranno assaggiato in qualche pub nelle serate tra amici, come alternativa alla solita birretta. Da perfetto ignorante in materia mi ci metto anch'io nel calderone, avendo sorseggiato sidro solo un paio di volte in birreria, ritrovandomi una bibita che onestamente... non mi ha mai entusiasmato. Stappando il sidro di Maley e informandomi un po' sull'argomento ho scoperto una bevanda "sorprendente" e di ben altro spessore rispetto ai precedenti assaggi. 

Siamo a ridosso del Monte Bianco, ed é proprio in quest'area geografica che unisce Italia e Francia abbracciando Valle d'Aosta, Savoia e Alta Savoia,  che il sidro di mele é bevanda secolare con profonde radici storiche e culturali. Mentre in Francia (soprattutto in Normandia) si beve abitualmente riscuotendo un discreto successo commerciale, in Italia é decisamente ai margini rispetto al consumo di vino e birra. Oggi grazie a realtà come Maley, azienda italo-francese di recente costituzione, si torna a parlare di sidro anche qui. Sidro vero, realizzato con quella passione e attenzione che tanto ci ricorda il lavoro meticoloso dei viticoltori, sia nella cura dei meleti che nella fase di trasformazione in cantina. Partire quindi dal territorio delle Alpi, qui dove la cultura del sidro é storicamente radicata, recuperarne i metodi produttivi "ancestrali", utilizzare e ricercare costantemente le tipologie di mele tipiche della zona, per ottenere un prodotto che sappia esprimere e rappresentare una perfetta cartolina alpina. 

Il nome stesso Maley é un tuffo nella storia di questo territorio, perché così veniva chiamata anticamente la mela della Valtournenche, oltre ad essere uno degli antichi nomi del Monte Bianco. Se il buon vino si fa in vigna, altrettanto si fa con il sidro... si é quindi partiti dalla ricerca e conseguente recupero di piante secolari, spesso situate oltre i 1000m di altitudine, utilizzando alcune varietà di melo tipiche della Valle d'Aosta come Raventze, Barbelune e Rodzetta ed una di pero Critchen d’Iveur. C'è quindi un grande lavoro alla base del progetto Maley, che non ha solo lo scopo ultimo di produrre un buon sidro, ma come per molti vignaioli, recuperare un bagaglio storico, sociale e culturale che stava scomparendo.

La Maley ha sede a Brissogne, le lavorazioni vengono effettuate a Saint Marcel nella storica distilleria La Valdôtaine e alla Novalaise nel cuore della Savoia, mentre i meleti sono sparsi in varie zone tra Valle d'Aosta, Savoia e Alta Savoia. Sono tre le tipologie di sidro commercializzate, il Cidre Jorasses, spumantizzato, con metodo classico, proprio come si fa con il vino, il Cidre du Saint Bernard prodotto con la sola mela autoctona Raventze e il Cidre du Mont Blanc che vado a stappare, prodotto con metodo ancestrale. Un sidro spumante quindi, che nasce dal matrimonio tra la mela Raventze e la mela Coison de Boussy, tipica della Valle di Chamonix. Secondo la tradizione delle Alpi occidentali, durante la spremitura delle mele viene aggiunta la pera Blesson.

Le mele vengono raccolte a mano dalle piante centenarie sui comuni di Saint Marcel, La Salle, Servoz e la Novalaise; quindi vengono tritate e pigiate mediante l’uso di un torchio a rulli continuo: il fresco mosto ottenuto, viene fatto decantare al freddo e successivamente travasato. Non vengono aggiunti coadiuvanti enologici e la stessa fermentazione è spontanea. Raggiunti i 2,5 %vol. di alcol, la botte viene raffreddata e filtrata, si procede quindi alla messa in bottiglia del nuovo sidro e, al raggiungimento di 3,5/4 %vol., si procede a pastorizzare senza nè degorgiare nè aggiungere coadiuvanti.

Verso e nel bicchiere ritrovo un giallo oro poco brillante, non bellissimo in controluce, velato, quasi intorbidito. Abituato ai bianchi macerati, la mancanza di limpidezza nel bicchiere non mi disturba affatto e non lo ritengo un difetto. Visivamente molto bella è invece la spuma, un paio di centimetri consistenti, compatta e cremosa, effetto Guinness se mi passate l'esagerazione, che andrà ad estinguersi molto lentamente. Al naso piuttosto tenue rispetto ad un vino, sviluppa una gradevole e fresca fragranza, dove la dolcezza caratteristica del sidro si unisce a note più pungenti e amarognole, come fiori di campo, mela verde, cedro. Alla beva svela il suo lato migliore... dinamico, snello, effervescente... squisitamente dolce, ma ben bilanciato da una punta di acidità e da una discreta mineralità... giusto un tocco di sapidità per ricordarci che siamo ai piedi del massiccio più alto d'Europa. 

Bollicine e spuma accompagnano con grande delicatezza la beva, senza mai gonfiarci o appesantire. Anche dal punto di vista gustativo, risulta appassionante l'intreccio di retrogusti che ammaliano il palato, dalle mele gialle mature, alla punta acida delle mele verdi, fino alla dolcezza "polposa" delle pere sul finale, adagiate su fondo sapido amarognolo. 

Provate a dimenticarvi l'ultimo sidro che avete bevuto al pub o lo Strongbow qualcosa che pubblicizzano in televisione... ed immaginarvi un buon spumante a base di mela anziché di uva... giusto per farvi un'idea... immagina...puoi!! Proprio per questo il sidro Maley può essere un originale alternativa al solito prosecchino che stappate per l'aperitivo, (la mia compagna l'ha confuso con uno spumante) ... un buon bicchiere di questo "cidre du Mont Blanc", servito fresco durante una calda serata estiva in abbinata ad un bel piattone con fichi, culatello o crudo di Parma e mozzarelline di bufala...  potrebbe svoltarvi l'estate.

Una bella sorpresa e una bella ventata di leggera freschezza alpina che potete trovate qui intorno alle 13 euro... Al di là della piacevole bevuta, mi é piaciuta la volontà di ridare lustro e nuova vita a tradizioni e usanze antiche, oltre che salvaguardare la biodiversità di un territorio unico. Un bel progetto...

sabato 8 giugno 2013

TINTO TRADICION 2010 - Can Maymó

...per chi va alla ricerca di una bevuta particolare e non omologata, per chi ama vini che sanno esprimere le caratteristiche culturali e territoriali di un luogo, oltre che simbolo del lavoro di vignaioli devoti, che al cospetto del business e del turismo da spiaggia, continuano un sapiente lavoro agricolo sotto il sole cocente delle Baleari.


Allora vediamo un po'... su la mano tutti quelli che sono stati almeno una volta ad Ibiza... direi parecchi... e adesso su la mano quelli che sono stati ad Ibiza e si sono accorti che oltre al bel mare e alle discoteche ci sono anche dei produttori di vino... mmm... decisamente meno... scusa scusa... come dici? Tu sei andato ad Ibiza apposta per fare la Ruta del vino? Ma dai che non ci crede nessuno... comunque sappiatelo amici eno-appassionati... visto che in vacanza ad Ibiza ci andate in molti... se riuscite ad alzarvi dopo le nottate da bagordi, una valida alternativa alla playa può essere un bel tour eno-turistico tra le bodegas dell'isola.

Pur senza grandi numeri, la produzione vinicola di queste isole é radicata nel tempo, anche se solo negli ultimi 20 anni é iniziata una fase di rinnovamento delle cantine, con investimenti che hanno permesso ai vignaioli locali di fare mercato anche al di fuori dell'arcipelago e dei confini nazionali. Ad Ibiza le cantine si contano sulle dita di una mano, con una produzione che spazia dai vini bianchi ai rossi senza dimenticare i rosati, sia utilizzando uve tipiche della zona che uvaggi internazionali. Già in passato, in uno dei miei primi mini-post, ho dato spazio ad un vino delle Baleari (il Joven Barrica di Terramoll), oggi invece andiamo alla scoperta della cantina Can Maymó e del suo particolare (per noi) / tradizionale (per loro) vino rosso.

Siamo nella zona settentrionale dell'isola, nel villaggio di San Mateo dove nel 1995 Antonio Costa ha dato vita a questa bodega a conduzione familiare. E' partito dai vigneti più vecchi, con le autoctone uve Monastrell e Malvasia, prima di impiantare quelli più giovani di Moscatel, Chardonnay, Tempranillo, Syrah e Merlot per circa 5 ettari di proprietà e una produzione che si aggira sui 18/20.000 litri. Quasi la metà del vino non viene "esportato" ma tenuto in cantina a disposizione della popolazione locale, che da tradizione, passano direttamente dal produttore ad acquistare il loro vino. Sono 5 le tipologie proposte... un bianco, un rosato da uve Monastrell e 3 rossi, un Merlot e un blend barricati, oltre al Tinto Tradicion che vado a stappare.

Questo é il vino tipico dell'isola e rappresenta il fiore all'occhiello della cantina. Viene ricavato dall'uva Monastrell, vendemmiata a metà agosto dal vigneto San Mateo, il più vecchio con oltre 30 anni di età. La caratteristica principale, che rende il Tinto Tradicion un vino unico e caratteristico di questa zona, consiste nell'applicazione di un'antica ricetta che prevede la macerazione con il "tomillo", pianta aromatica selvatica dell'isola. Questa erba tipica denominata "Frigola" altro non é che il nostro timo. Per ottenere questo particolare vino "al timo" si esegue una fermentazione a temperatura controllata in acciaio inox, a cui seguono 6 mesi di affinamento direttamente in bottiglia.

Devo ammeterlo... sono curioso... se é vero che c'è sempre una prima volta... ecco la mia prima volta con un vino aromatizzato al timo. Verso e ritrovo una tinta rubino scuro, impenetrabile e concentrato. Mi aspettavo un vino piuttosto "caldo", marmellatoso, figlio di uve stramature e di un clima piuttosto caldo. Invece il vino è piuttosto snello, ama farsi "scoprire" fin dai primi sorsi. Un vino semplice e di pronta beva, figlio di un affinamento breve che non lascia spazio ad una varietale complessa, ma vuole esprimere fin da subito la sue peculiarità, ovvero l'uvaggio e quella sottile fragranza di timo. Asciutto, fluido, di discreta struttura e corpo, con leggera punta alcolica (13%vol.), tannino pimpante e beva tonificante. E' vino che non lascia grandi tracce, ma sa essere comunque piacevole.


Nell'insieme un vino discreto, caratterizzato da questo aroma di macchia mediterranea in sottofondo, che lo rende a suo modo particolare e pur non impressionando, ha il merito di proporsi come emblema della cultura e della tradizione vitivinicola di Ibiza. 

Consigliatissimo per chi va alla ricerca di una bevuta particolare e non omologata, per chi ama vini che sanno esprimere le caratteristiche culturali e territoriali di un luogo, oltre che simbolo del lavoro di vignaioli devoti, che al cospetto del business e del turismo da spiaggia, continuano un sapiente lavoro agricolo sotto il sole cocente delle Baleari.

Per gli amanti degli abbinamenti (visto che ogni tanto me li chiedete) mentre date vita ad un'infuocata grigliata pomeridiana a base di carne, pompate a gran volume To Get Down, di Timo Mass. Mai abbinamento poteva essere più azzeccato, abbiamo il Timo nel nostro vino e nelle casse dello stereo, alla fine siamo ad Ibiza, ed un dj di grido non ci sta di certo male. Se il vino al timo vi ha incuriositi, lo potete trovare qui a meno di 15 euro.

P.S. Ma non notate una strana somiglianza tra il logo a forma di "m" di Can Maymo e la nostrana Cantina Margò?

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ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.