martedì 27 marzo 2012

VINNATUR 2012 - VILLA FAVORITA - Wine Festival

PREMESSA
Maledetta primavera… in un solo colpo Vinitaly-ViniVeri-Vinnatur, un’enorme calamita nel cuore del Veneto che attira gli eno-appassionati italiani in un girone dantesco percorribile (al volante) in meno di un’ora. Un triangolo delle Bermuda alcolico in cui ognuno di noi, peccatori e peccatrici nel nome di Bacco, vorrebbe perdersi. 

Il fulcro è a Verona, il Vinitaly concentra l’attenzione mediatica di tutti, un po’ come Sanremo per la musica o i Mondiali di calcio… anche i meno interessati non vogliono perdersi l’evento nazional-popolare da assimilare in massa. Da giorni posta e social network sono invasi da post e messaggi di aziende vinicole (tra cui alcune rispettabilissime, direi tra le mie preferite...), pronte a ricordarci che quest’anno ci sono anche loro, perché c’è il Vivit, capannone dedicato ai produttori bio… e penso che l’idea stessa di “produttore naturale” rinchiuso nel capannone “X” tra tanti prefabbricati in cemento armato, con uno stand fieristico degno del Motorshow mi sembra un ossimoro. 

Comunque, non voglio andare oltre e prolungarmi in merito alla diatriba interna tra i produttori naturali, su quanto sia eticamente corretto partecipare al Vinitaly. Dico solo che é come vedere Il Teatro degli Orrori sul palco dell’Ariston a San Remo, sono un gruppo che ha qualcosa da dire e meriterebbero un palcoscenico così importante, sarei quasi orgoglioso di loro nella speranza che molti "ciechi" possano aprire le orecchie verso certa musica, ma mi farebbe strano vederli in quel contesto li... che ci azzecca Pierpaolo Capovilla con il festival di Sanremo?? Quello che vado a cercare e voglio ritrovare in un vino e nel suo vignaiolo, é soprattutto un approccio culturale e se vogliamo politico, una scelta etica e consapevole, al di là del marketing o dei grandi numeri, che i signori del Vinitaly snocciolano ogni anno davanti ai nostri occhi, per dimostrare la loro grandezza. Nonostante l’invasione di mail e messaggi, io il Vinitaly “non me lo cago di striscio”, sono un appassionato e non mi interessa essere parte di quel calderone, solo perché il mondo (e il business) del vino è concentrato alla fiera di Verona.

TRASFERTA
Fatta la dovuta premessa… via per una doppietta Villa Favorita-Cerea.. Poi succede che trovare un posto decente ed economico per dormire da quelle parti è quasi impossibile (tutto pieno per il Vinitaly mi rispondono), che sabato mattina mi incastrano al lavoro e quasi mi tocca rinunciare al più “caldo” week-end enologico dell’anno. Ma sono i primi giorni di primavera, c’è voglia di gita fuoriparta… non demordo e decido per la “sbatta” in giornata… 230km per andare e altrettanti per tornare, la passione richiede anche sacrifici, è così per il rock’n’roll ed è così anche per il vino.. 

Per la prima volta (permettetemi un ringraziamento agli organizzatori) ho in mano due accrediti.. ma in giornata riesco a fare solo una rassegna.. uno sguardo ai siti internet, ecco la lista dei produttori partecipanti… voto Cerea, c’è Rinaldi, voglio assaggiare e se possibile portarmi a casa una bottiglia del suo Barolo e poi il Sagrantino di Bea, il Don Chisciotte di Guido e Crealto che ad Agazzano aveva anche “il salame”… Poi penso che è primavera e splende il sole, già il nome Vinnatur fa molto primavera, un occhio al sito, vedo le foto della gente in “ripiglio” sul prato, la villa con il parco, il servizio ristoro con tanto di cestino e copertina per il pic-nic.. ok, sarà per l’anno prossimo l’appuntamento con Viniveri, vado a Vinnatur, le premesse per un vero festival del vino naturale ci sono tutte.

LOCATION
Sono un appassionato e non un addetto ai lavori, l’ho sempre detto e mi piace questo status, riuscire ad avere un punto di vista esterno del movimento. Da 12 anni organizzo festival di musica alternativa (rock, indie, hip hop, reggae, drum’n’bass, metal, rockabilly, punk, electro fino alle dancehall fai da te nei boschi per intenderci..) e una cosa la so bene… E’ il festival in se a determinare il successo dell’iniziativa. Una bella location, qualche idea stimolante, organizzazione efficiente, creare un’atmosfera che fa sentire il pubblico a proprio agio… questo serve a rendere piacevole un’iniziativa ancor più di quanto è famosa la band che salirà sul palco. 

E in questo Vinnatur e i suoi organizatori sono eccellenti (a parte qualche difficoltà nel cercare i produttori piantina in mano.. ma é il meno), la location è fantastica e si respira proprio una bella atmosfera. Si esce dall’autostrada a Montebello Vicentino verso le 11, belli tranquilli, a Verona sud già decine di auto in coda direzione fiera, dopo pochi km in campagna ecco sulla sinistra il viale che porta a Villa Favorita, 100 metri di strada con due file di cipressi ai lati di toscana memoria, in fondo ecco la villa veneta circondata dai vigneti.. ma dove si parcheggerà? Proprio li tra un filare e l’altro.. insomma Vinnatur già dal parcheggio. Ingresso 20 euro, non pochi 5 in più della Sorgente del Vino di un mesetto fa, ma qui c’è anche il porta bicchiere, la penna, la guida con la piantina e una breve descrizione di tutti gli espositori, oltre ad un sacchetto con il pane su ogni banco d’assaggio per favorire la degustazione. E poi c’è l’area esterna, un bel prato verde dove tra un bicchiere e l’altro è possibile prendersi una pausa e un po’ di sole, magari una sigaretta e un panino. Io, vista la situazione, mi sono organizzato con bag, telo e pic nic casalingo... un po’ di spirito punkabbestia ci vuole anche in una villa. Poi scopro che gli organizzatori hanno pensato proprio a tutto, ed ecco un bel servizio ristoro dove con 25euro puoi recuperare cestino e coperta per il tuo pic-nic sul prato. Bella idea.  

Considerando l’interessante area esterna in futuro sarebbe bello un momento post-degustazione, diciamo un dopo-festival a degustazione ultimata, con un po’ di musica e di aperitivo, dove vignaioli e appassionati posso chiacchierarsela, interagire e farsi un brindisi insieme… butto lì un’idea per la prossima edizione... 

L’affluenza è buona, almeno quanto basta per rendere animata la villa senza il rischio di creare eccessivo “traffico” ai banchi d’assaggio. Pubblico trasversale in tutti i sensi, ma vorrei soprattutto sottolineare una consistente rappresentanza di under 40, anche tra i produttori. Buon segno di crescita e consapevolezza del movimento.

VINNATUR PERCHE'...
Come sempre l’approccio e lo scambio di informazioni tra vignaiolo e degustatore risulta fondamentale per questo tipo di iniziative. L’apertura, il piacere di raccontarsi, di discutere, di illustrare il frutto del proprio lavoro e cercare di trasmetterlo anche al più cittadino dei degustatori. L’etica, la cultura e i valori che contraddistinguono un certo modo di intendere la natura e di essere contadini. 

Il piacere di chiacchierare con Del Prete (i pugliesi hanno sempre una marcia in più!) che alla mia domanda su quanta Malvasia nera e quanto Negroamaro utilizzasse per il suo Torre Nova mi risponde “Noi siamo contadini e il vino lo facciamo in campagna non in cantina”… e ancora …“io a villa Favorita ci vengo volentieri, è bello e c’è sempre bella gente con cui parlare, chi viene qui sa cosa cerca e come comportarsi, qui c’è il vero vino biologico, perché bisogna inviare i campioni per essere accettati”. Parole semplici di un contadino che racchiudono l’essenza della rassegna. 

In Vinnatur e nel suo statuto si identificano quei produttori che agiscono nel rispetto del territorio, che ritroviamo espresso nei loro vini, limitando al minimo gli interventi e la tecnologia in cantina, oltre ad evitare l'utilizzo di sostanze invasive e di natura chimica in vigna. Per approfondire l'argomento e leggere lo statuto, date un occhio al sito di Vinnatur.

PRODUTTORI
Pronti via che si va ad assaggiare.. parto dal primo piano, nella bellissima sala centrale mi imbatto in TERPIN FRANCO, i bianchi del Friuli sono sempre eccellenti. Rigorosi, minerali, longevi, strutturati, territoriali, ma alla fine mi "prendo bene" con il suo Collio Ribolla Gialla del 2007, il più rotondo, morbido e solare del lotto. Rimango sui bianchi del nord e mi delizio con il Vermentino dei Colli di Luni di Andrea Kihlgren della cantina SANTA CATERINA, agricoltura biodinamica che da origine a vini freschi, dinamici, aciduli. Buono il Giuncàro mix di Sauvignon e Tocai. Prezzi contenuti (alla faccia di chi sostiene che i vini biodinamici costano..) e primo posto per la simpatica veste grafica delle etichette. 

Non siamo a "La Terra Trema" ma voglio assegnare la Roncola d'Oro di Vinnatur 2012 a FERDINANDO PRINCIPIANO. Chi segue il blog dirà che sono scontato, conoscendo il mio debole per il Nebbiolo, ma devo ammettere che il cru Barolo Boscareto 2006 é una spanna sopra tutto e tutti. Il costo é impegnativo (se non ricordo male circa 55 euro in cantina ma prendetela con le pinze), ma questa é la dimostrazione che anche i produttori naturali possono fare vini di gran classe e finezza che rasentano la perfezione. Ho assaggiato e conosciuto tutti i vini prodotti grazie al paziente e simpatico racconto della signora Principiano. Tutti ottimi e a parte il loro grande Barolo, voglio segnalarvi il Nebbiolo base, solo acciaio e una piacevolissima bevibilità (credo sia più difficoltoso scolarsi una lattina di Coca Cola che una bottiglia di questo Nebbiolo). Dalla nostra Borgogna scendo giù a Brindisi per incontrare i rustici e ruspanti rossi del signor NATALINO DEL PRETE, un personaggio autentico… dovevate vederlo mentre tentava di spiegare i suoi vini a 4 americani che prendevano appunti.. Tre generazioni di vignaioli e una simpatia rurale che solo i pugliesi riescono a trasmettere (chi é stato almeno una volta nella vita in Salento capirà). Non sono un fanatico dei suoi vini, ma ne apprezzo l'autenticità e il carattere. 

Rimango a sud ed eccomi in Sicilia da COS, diciamo una grande cantina con la mentalità dei piccoli. Faccio il giro dei rossi con due versioni di Cerasuolo, il Phitos vinificato in anfore é delicato, profumato e fresco, più rotondo e "piacente" invece il Cerasuolo affinato in legno (il mio preferito), leggero e succoso. Sorprende anche il Nero di Lupo, dal nome di aspetti il classico Nero d'Avola concentrato e legnoso, invece eccoti un vinello giovane, zero legno, fluido, dinamico, minerale, da bere fresco con un bel trancio di tonno sul piatto. Pochi km, giusto il tempo di salire lungo le pendici dell'Etna e beccare FRANK CORNELISSEN. Devo ammettere che sono i vini più particolari della giornata, fatico ancora a dire se mi sono piaciuti o no tanto sono particolari. Vini dalla forte personalità, macerazioni lunghe con il particolare utilizzo di plastica ecologica oltre all’ invecchiamento in anfore sotterrate e sigillate con pietra lavica. Più che tradizionalista direi estremista!!. 

Mi rifaccio il palato alla TENUTA MONTIANI. Tramite amici avevo già avuto modo di portarmi a casa e raccontarvi il loro Felix 2008 un Sangiovese in purezza che deve prendersi il suo tempo prima di esprimersi al meglio. Davvero un vino ben fatto sottile, piacevole ed elegante, niente retrogusti terrosi o salmastri, ma soprattutto niente logo Gallo Nero sulla bottiglia, a quello è stato preferito un bel gallo multicolore e questo la dice lunga sulle sensazioni "positive" che Tenuta Montani vuole e riesce a trasmettere. Mi sento in sintonia con il Felix, ancora una dimostrazione che anche al "naturale" il Sangiovese da grandi soddisfazioni. Fresco, beverino e gioioso anche il loro vino "da tutti i giorni" Le Terrazze del Merendero, da bere senza nessuna cautela. Continuo la risalita ed ecco un vino del terroir vicentino, finalmente conosco il gentilissimo Alessandro della cantina PIALLI, 100% Tai rosso, Colli Berici Style. Ammetto grande ignoranza in materia, io stesso scopro oggi il Tai rosso ed è un vero peccato che non sia molto conosciuto. I vini Pialli dimostrano che siamo al cospetto di un vitigno dalle grandi potenzialità. Assaggio le due anteprime 2008 e 2009 ancora in evoluzione e un po’ scomposte ma già di grande prospettiva. Succosi, carichi, concentrati a me sono già piaciuti così… figuriamoci quando saranno pronti. Una gran bottiglia è il Gregorio, sempre Tai rosso in purezza invecchiato in botti vecchie e strausate, ne esce fuori un vino di grande spessore e consistenza dalla gradazione alcolica elevata. Gran bel vino, ideale per chi cerca una bottiglia “importante” senza ricadere sui soliti nomi. Diciamo medaglia d’argento dopo il Barolo di Principiano. Alessandro è giovane e mi aspetto grandi cose dai suoi vini. Bella scoperta e speriamo di poterne parlare più diffusamente in futuro.

RITORNO
Quando ormai è tardo pomeriggio abbandono il campo di battaglia, il tempo di una “paglia” sulla scalinata di ingresso e torno tra i filare a recuperare la car. Sono pronto a ripercorrere i 230km del viaggio di ritorno mentre un caldo sole di inizio primavera tramonta. 

In zona Garda necessito di un caffè, sosta in un autogrill affollato da giovani su di giri e signori in assetto da scampagnata domenicale. Ecco il popolo del Vinitaly. Un ragazzotto con occhi a “fessura” e dal passo barcollante mi urta, istintivamente mi giro e chiedo scusa, il ragazzo in dialetto veneto (lo capisco bene perché i miei sono veneti) mi dice “fa niente tanto sono ubriaco”. Mi convinco sempre più che quella fiera non fa per me. Diciamo che se Vinnatur può essere un festival di gruppi indie-rock al Vinitaly suonano i Kiss mascherati con i lancia fiamme e i fuochi d’artificio. Il resto del viaggio è affollato e rallentato, ascolto un vecchio cd degli Helmet, l’ultimo di Bugo e Profondo rosso degli Assalti Frontali. Arrivo a casa giusto in tempo per il 2-0 di Alex Del Piero.. e rileggere qualche appunto preso a Vinnatur. In passato macinavo  km per i rock festival, oggi lo faccio per gli eno-festival, ma lo spirito che mi muove rimane sempre lo stesso.

venerdì 23 marzo 2012

GRATTAMACCO 2005 - Bolgheri Superiore D.O.C. - Collemassari

...se oggi può avere ancora un senso esaltare i supertuscan il merito è di vini “intelligenti” come il Grattamacco. Cuore e cervello al posto dei muscoli. 



Che i supertuscan non se li fila più nessuno è un dato di fatto, ci sono però alcune occasioni speciali in cui un bel “bottiglione” bolgherese ci sta alla grande e fa ancora la sua sporca figura. Così per festeggiare il giorno dell’anniversario con la mia compagna, niente spese folli al ristorante, in tempo di crisi si resta a casa e si pesca dalla cantina la bottiglia delle grandi occasioni. Avendo abituato parenti ed amici a regalarmi “vino” anziché vestiti, profumi o altri classici regali che proprio non mi interessano, succede che Natale dopo Natale, compleanno dopo compleanno qualche buona bottiglia in cantina è arrivata.

L’anno scorso abbiamo festeggiato con un Solaia del 2000, quest’anno invece decidiamo di tirare il collo al Grattamacco del 2005. Chi legge questo blog sa bene che non sono un fanatico del taglio bordolese, che prediligo l’autoctono, che amo il Nebbiolo e i vini “naturali”, però al di la dei gusti personali (e a volte di alcuni stupidi pregiudizi), devo ammettere che se c’è un vino toscano che mi ha sempre attirato e volevo provare, è proprio il Bolgheri Superiore del podere Grattamacco, tanto ne ho sentito parlare (bene) anche da parte di chi non impazzisce per i blend bolgheresi. E così un paio di natali fa (si può dire natali?) mi son fatto regalare una bottiglia.

Attualmente di proprietà dell’az. Vinicola Collemassari (che gestisce anche l’omonimo podere a Cinigiano dove produce il Montecucco) il podere Grattamacco nasce nel 1977 e si trova nel comune di Castagneto Carducci con un’estensione di 32 ettari di cui 12 coltivati a vigneto, da cui si ricavano all'incirca 80.000 bottiglie l'anno. Trovandoci nel Bolgherese la parte del leone la fa il Cabernet Sauvignon, ma c'è spazio anche per i vigneti di Merlot, Sangiovese, Vermentino, Petit Verdot e Cabernet Franc, tutti a regime biologico certificato. Oltre al più famoso Grattamacco, viene anche prodotto un Bolgheri Rosso, L'Alberello (ottenuto da un piccolo vigneto di 2 ettari ad alberello) e il Grattamacco bianco che é un Vermentino.

Il vino in questione è un Bolgheri Superiore D.O.C. annata 2005, un blend a base di Cabernet Sauvigno (65%) con l'aggiunta di Merlot (20%) e Sangiovese (15%), provenienti da una vigna di 10 ettari, dall'età media di 20 anni e dalla resa di circa 60ql. Tutto il processo produttivo, a cominciare della fermentazione, avviene in legno, con un invecchiamento in barriques nuove e usate di circa 18 mesi, a cui segue un anno di affinamento in bottiglia.
Stappato con un’oretta abbondante di anticipo, io e la Betta ce lo gustiamo in abbinata ad una tartare di manzo battuta al coltello, una deliziosa formaggella francese (il cremoso e saporito Cabrissac) e uno sformato di radicchio. Almeno nelle grandi occasioni è giusto trattarsi bene. 

Nel bicchiere risalta un colore rosso rubino piuttosto carico ed intenso, limpido e viscoso lungo le pareti. Al naso si dimostra vino assai elegante, con un bel bouquet aperto, pieno, etereo, dove è possibile ritrovare in grande equilibrio tra di loro, un ventaglio olfattivo “completo” e variegato. L’attacco è piuttosto vinoso, con vena alcolica persistente ma non fastidiosa. Bastano poche rotazioni per lasciare spazio all’ingresso delle “dolciastre” note fruttate, soprattutto frutta nera e rossa matura come ciliegie e more. Secondariamente é il turno di pepe, cannella e liquirizia, con accenni balsamici e minerali, che conferiscono quel tocco in più. Gran bel naso, pulito, elegante e variegato. Al palato non si scompone e mantiene inalterate tutte le caratteristiche espresse all’olfatto. Articolato e strutturato, si fa apprezzare per corpo, calore, rotondità, equilibrio e succosità. Piacevolissimo alla beva, il palato è quello classico di un grande vino bordolese. L'ingresso é fresco e minerale ma mai austero, c’è la polpa dolce che richiama la frutta rossa matura, una marcata vena alcolica (14%vol.) mai stonata ma sempre attiva nel sostenere e dare tono ad un vino che a volte eccede in dolcezza. Il tannino è bello presente, ma anche lui non alza mai la voce, anzi, va a disegnare una trama tannica morbida e vellutata, molto avvolgente, che lascia una piacevole sensazione di pienezza. Il finale è lungo ed importante, molto aromatico con retrogusto speziato. Una bottiglia godibilissima sià in giovane età, ma anche adatta a lunghi invecchiamenti. Insomma senza troppi giri di parole, questo è un gran vino. 

Stiloso, equilibrato, senza sbavature. Diciamo che non è proprio il mio genere, essendo amante dei vini meno rotondi e un po’ più rustici e caratteristici, ma se devo pensare ad un vino fatto veramente bene, che può entusiasmare sia gli intenditori che i consumatori “occasionali” questo è il vino giusto. C’è il piglio moderno e internazionale che può entusiasmare chi acquista in base ai 3 bicchieri del Gambero Rosso, ma non pensate al classico Supertuscan muscoloso e parkerizzato, qui troviamo classe, finezza e una certa freschezza, una goduria per il palato, un vino che può trovare il consenso sia di un francese residente a Bordeaux, sia di chi è ormai arcistufo dei blend toscani a base di Cabernet e Merlot…

Sicuramente un gradino sotto il Solaia 2000 stappato l’anno scorso (per quanto possa aver senso il paragone... visto che il Solaia 2000 costa 3 volte il Grattamacco), ma anche un bel gradino sopra rispetto ad altri vini similari degustati. 

Costato (a chi me l’ha regalato) 45euro in enoteca Bianchi a Varese (ebbene si il post “Non stressateci in enoteca” l’ho scritto pensando anche a te…non per lo stress ma per la spocchia..), ma, considerando che i Supertuscan in Italia rimangono ad abbellire le vetrine delle enoteche, potete trovare annate più recenti (magari su internet) anche intorno alle 35euro, e portarvi a casa un gran bel vino e una bella bottiglia (nella sua semplicità la bottiglia di Grattamacco, soprattutto nella cassetta di legno, fa sempre una gran bella scena…).

L’abbianamento gastronomico consigliato è quello classico dei vini rossi strutturati. Personalmente preferisco vini più rustici a tavola e abbinare un vino con questa classe a qualche assaggio più sfizioso, come formaggi particolari, tagliate, tartare ecc… in modo da lasciare al "bicchiere" il ruolo del protagonista. Se il termine ha un senso... possiamo definire il Grattamacco un vino da libro e caminetto (o meditazione come dicono alcuni filosofi del vino…). 

In tal caso l’abbinamento musicale deve essere fine ed elegante come il Grattamacco... io punterei sul Bristol sound o giù di li... sul trip hop . Non pensate al suono scuro e contorto di Tricky o dei Massive Attack, ma all’elettronica che diventa fine ed elegante, alla drum’n’bass quasi sussurrata, al suono degli archi e al fascino seducente del cantato femminile.. Portishead, Lamb e Goldfrapp possono essere dei degni compagni di viaggio per la vostra degustazione.

Se oggi può avere ancora un senso esaltare i supertuscan il merito è di vini “intelligenti” come il Grattamacco. Cuore e cervello al posto dei muscoli.

domenica 18 marzo 2012

BAROLO FOJE D'AUTUN 2004 - D.O.C.G. - Veglio Angelo

...questo rimane un Barolo "minore" e non solo per chi pasteggia a colpi di Monfortino. E per questo deve essere giudicato, un ottimo approccio alla materia per chi non può permettersi grossi esborsi economici e non vuole ricadere sul solito, Terre di Barolo da autogrill.


Circa un paio di anni fa notai in enoteca a La Morra il Barolo di Veglio Angelo. Mi aveva colpito soprattutto per il prezzo, circa 15 euro a bottiglia. Decisamente poco per un Barolo, considerando che mi trovavo in una "turistica" enoteca di centro paese e che non siamo al cospetto di un produttore da grande distribuzione. 

Inizialmente  diffidente, decisi di non acquistarlo, ma qualche mese dopo mi ricapita sotto il naso in confezione doppia, abbinamento Barolo Bricco dei Gania 2006 e Barolo Foje d'Autun 2004. Segno del destino quindi, quando una bottiglia mi ricapita troppo spesso sotto il naso, ti scatta un meccanismo strano in testa e sei costretto ad acquistarla. Il prezzo poi (25 euro per tutte e due) non poteva che essere convincente. Ragion per cui a scatola chiusa, senza averne mai sentito parlare prima, acquisto le due bottiglie. 

Circa un anno fa ho stappato il 2006, giusto per la curiosità di assaggiarlo giovane, mentre ho preferito lasciare ancora un annetto in cantina il 2004,  considerando l'eccellenza dell'annata e la longevità di questi vini, ho preferito aspettare ancora un po'. Oggi però é giunta l'ora "X" anche per questo Foje d'Autun e devo ammettere che mentre il 2006 era risultato piuttosto mediocre, il 2004 ha decisamente una marcia in più, risultando decisamente più maturo e piacevole. 

Vado quindi a raccontarvelo...  Cantina Veglio Angelo, attualmente gestita da Franco, quinta generazione della famiglia Veglio, che gestisce questa cascina di langa in borgata Gancia (La Morra) dal 1856. L'attività imprenditoriale prende piede soprattutto negli ultimi 30 anni, grazie all'aumento delle esportazioni (il 95% delle bottiglie prodotte vengono esportate) e ai continui investimenti per l'ampliamento della cantina. La produzione vinicola é legata al territorio, ed oltre alle due citate versioni di Barolo, propone i classici piemontesi come la Barbera, il Nebbiolo, il Dolcetto, il Freisa e per i bianchi lo Chardonnay. 

Il Barolo che vado a bere é prodotto in 38.000 unità attraverso una selezione di uve provenienti da vari vigneti (ad inerbimento spontaneo) situati nelle vicinanze di Alba, per una superficie di circa 5 ettari. Le uve raccolte manualmente vengono lasciate a macerare sulle bucce dai 5 ai 12 giorni, prima di invecchiare per 3 anni in botti di legno di varie capacità. Tutto il processo produttivo avviene all'interno dell'azienda vitivinicola. Direi che per un Barolo da 15 euro in enoteca é già positivo sapere che il vignaiolo segue tutto il processo produttivo (molto spesso alcuni vini "importanti" low cost sono opera di aziende imbottigliatrici...). Bevo in abbinamento a dell'ottimo manzo in umido... 

Caratteristico colore del Barolo rosso rubino scarico tendente al granato, buona fluidità e trasparenza, non troppo concentrato ed effetto "lacrima" sulle pareti del bicchiere. Al naso risulta abbastanza intenso e persistente, inizialmente vinoso e chiuso con decisa vena alcolica in evidenza (14%vol.), successivamente si apre (faticosamente) e risulta più etereo, trasmettendo un intreccio di sentori floreali e speziati, senza dimenticare le più aromatiche note di frutta a bacca rossa. Buone sensazioni ma la complessità olfattiva che ti aspetti dal re dei vini made in Italy é ben altra cosa. Al palato si fa apprezzare in primis per vena alcolica e tannicità, poi viene fuori il suo lato più fine, lasciandoci buone sensazione gustative che rispecchiano quanto avvertito al naso, ma soprattutto dimostrandosi un vino austero e robusto, equilibrato da una piacevole sensazione di finezza e morbidezza, prima di spegnersi lentamente con un finale lungo e armonico. 

Manca un po' in complessità ed eleganza, risultando meno articolato ed intrigante, rispetto ai grandi Barolo che tutto il mondo ci invidia, ma sicuramente molto più apprezzabile della versione 2006 precedentemente degustata (molto più chiusa e quasi astringente), differenza probabilmente dovuta al maggior livello di maturazione di questo 2004, meno "difficile" e più amabile alla beva (anche questo 2004 avrebbe meritato ulteriore riposo in cantina). Sicuramente rimane un vino dall'ottimo rapporto qualità/prezzo.

Ripeto a scanso di equivoci, che questo rimane un Barolo "minore" e non solo per chi pasteggia a colpi di Monfortino. E per questo deve essere giudicato, un ottimo approccio alla materia per chi non può permettersi grossi esborsi economici e non vuole ricadere sul solito, Terre di Barolo da autogrill. In alternativa rimane un ottimo "low cost" per innaffiare il vostro brasato al Barolo.

Temperatura di servizio tra i 18-20°C, ossigenare non meno di un'ora e accompagnare a piatti della tradizione piemontese, soprattutto con il brasato o equivalenti carni in umido che sono sicuramente la morte sua. Se siete dei filosofi amanti dei vini da "caminetto e libro" allora lasciate perdere e investite su bottiglie più "importanti", perché questo, a mio modesto parere, é un Barolo da pasto.

lunedì 12 marzo 2012

IL PIGRO 2008 - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva D.O.C. - La Marca di San Michele

...tutto il mio apprezzamento per questo Verdicchio e per il suo produttore... la volontà di produrre una Riserva non solo di nome ma anche di fatto, ricca, rigorosa e grande espressione del terroir di provenienza. 

 
Anche se probabilmente non é ritenuta "nobile" come il Piemonte o la Toscana, i vini della regione Marche mi hanno sempre interessato un sacco; perché la spiccata biodiversità territoriale, climatica e agricola, ha permesso lo sviluppo vitigni autoctoni assai variegati, che formano la base della produzione vinicola regionale.

Grandi o piccoli che siano, tutti i produttori marchigiani puntano sulle locali uve autoctone, il che ha sancito un forte legame tra uomo e territorio, favorendo il sorgere di nuove e piccole realtà produttive, che puntano su una agricoltura sostenibile e tradizionalista. Ne é un esempio "La Marca di San Michele", piccola realtà di Cupramontana (AN) che ho avuto il piacere di conoscere durante la rassegna enologica de "La Terra Trema" e di cui mi sono subito innamorato, tanto da eleggere il loro Verdicchio "Il Pigro" miglior assaggio della rassegna(leggi qui). Ovviamente mi sono portato a casa una bottiglia e oggi ve la racconto.

Geograficamente parlando ci troviamo nella contrada di San Michele, area vitivinicola antica e particolarmente vocata alla produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi, tanto da avere la denominazione di "Classico". La Marca di San Michele é attiva dal 2006, per volontà di Alessandro e Batrice Bonci, quarta generazione di una famiglia di vignaioli che possiedono vigneti in contrada fin dai primi del '900. Dopo anni passati a lavorare come fotoreporter, Alessandro decide di tornare alle origini e alla tradizione di famiglia. Nasce così la Marca di San Michele, 6 ettari di vigneto di cui 4,7 dedicati alla produzione del Verdicchio (circa la metà impiantati nel 2005), mentre a completamento é stato recentemente impiantato un vigneto di Montepulciano ancora non in produzione. 

Una scelta radicale quindi, dare vita ad una piccola realtà che sappia coniugare l'attenzione e la cura in vigna, il recupero delle tradizioni, l'apertura al biologico e soprattutto tanta pazienza. C'è quindi un approccio culturale ed etico al mondo del vino per La Marca di San Michele, sia nella fase produttiva che in quella commerciale, privilegiando la vendita diretta e l'interagire con l'acquirente, mai rilegato al semplice ruolo di consumatore. Iniziative come "Adotta un filare" e "La confraternita dell'uva" lo stanno a dimostrare.

Oggi sono circa 12.500 le bottiglie prodotte, tutte a Verdicchio, con metodo biologico non certificato. Possiamo tranquillamente inserire La Marca di San Michele tra i così detti produttori naturali (sempre presenti alla Sorgente del Vino, come a Vini Veri e La Terra Trema), con interventi in vigna limitati all'esclusivo utilizzo di rame e zolfo. Basse rese (70-80 ql. contro i 100-110 permessi dalla disciplinare), lavoro manuale in vigna e interventi in cantina ridotti al minimo.

La bottiglia in questione é denominata "Il Pigro" e prende questo caratteristico nome, a causa del lungo periodo di affinamento a cui viene sottoposto (intercorrono 20 mesi tra la vendemmia e la messa in vendita). La produzione é limitata a 2500 bottiglie, ricavate da una piccola parcella (poco più di un ettaro), costituita dalle vigne più vecchie e con la resa più bassa. La raccolta manuale delle uve avviene a metà settembre, i grappoli vengono pressati interi, prima di iniziare la fermentazione in acciaio a temperatura controllata. A circa metà processo si passa in botti di rovere da 10hl., dove prosegue il processo di fermentazione e maturazione sulle proprie fecce fini, per una durata di 9 mesi, per poi affinare altri 9 mesi in bottiglia. Gradazione alcolica per questo 2008 di 14%vol., prezzo di acquisto al banco assaggi (quindi direttamente dal produttore) di 18 euro.

In abbinamento a due "massicci" branzini, si presenta con un bel giallo paglierino dai riflessi oro, leggera velatura in controluce e buona fluidità alla mescita, mentre dimostra una certa viscosità lungo le pareti. Direi "liscio come l'olio" considerando la totale assenza di bolle anche dopo ripetute rotazioni. Già all'occhio si ha l'idea di un vino "spesso". Il naso é piuttosto pulito, e si evolve lentamente. Non é un vino "spinto", che ti colpisce per intensità e persistenza, men che meno il classico bianco fruttato tutto polpa e frutta. Qui trovo particolari note vegetali e di frutta secca, con un leggero fondo di vaniglia. Si sente il lavoro del legno. Al palato si muove sinuoso e viscoso, si ha subito la sensazione di un vino importante. Leggermente tannico, elegante e deciso, dalla discreta vena minerale, tra sensazioni amarognole, quasi agrumate e il dolciastro dell'affinamento in legno. Anche il finale é importante e consistente con retrogusto amarognolo e leggera vene acida. Vino di grande struttura.

Quando ho acquistato questa bottiglia, al banco assaggi, mi ero innamorato de "Il Pigro" al primo sorso tanto mi aveva colpito, soprattutto al palato. Adesso che mi sono bevuto tutta la bottiglia, posso confermare che siamo al cospetto di un grande Verdicchio. Davvero un bianco importante, energico, concentrato, quasi "grasso". 

Pur riconoscendo le straordinarie qualità gustative di questo Verdicchio, devo onestamente ammettere che a gusto personale, preferisco bianchi più freschi, dinamici e bevibili. Arrivare a fine bottiglia é risultato un po' faticoso e pesante. Ma ripeto é una mia personale considerazione (essendo tra l'altro più da rosso che da bianco). Se amate i bianchi di corpo, struttura e concentrazione, beh non potete farvelo scappare. 

Al di là di questo appunto, rimane tutto il mio apprezzamento per questo Verdicchio e per il suo produttore, davvero una gran bella bottiglia, sia per estetica (mi piace molto la veste grafica) sia per la volontà di produrre una Riserva non solo di nome ma anche di fatto, ricca, rigorosa e grande espressione del terroir di provenienza. 

Vista l'importanza e la consistenza del bevuto, ci abbino due cd che vanno in tutt'altra direzione, ma che ben si sposano con il nome Pigro di questo Verdicchio. Vi consiglio quindi in abbinamento la doppietta "Kid A/Amnesiac" dei Radiohead. Ci sono voluti 3 anni per maturare questi 2 capolavori che tanto hanno fatto discutere i fans di "Karma Police". La musica si sviluppa per sottrazione, in una forma di elettronica scarna e sussurrata. Minimalista, quasi distaccato dalla "forma canzone", ipnotico, freddo e spettrale. Un incidere Pigro. Abbinamento eno-musicale per dissonanza.

L'acquisto é ovviamente consigliato, perché questo é un grande vino, che richiede impegno, attenzione e anche un po' di fatica. Se invece volete sbevacchiare più snelli e freschi vi consiglio il Capovolto, "l'altro" Verdicchio de "La Marca di San Michele". Stessa impronta ma solo acciaio. 

Vignaioli indipendenti si nasce, anche quando lo si diventa.

venerdì 9 marzo 2012

CANNONAU DI SARDEGNA RISERVA 2007 - D.O.C. - Sella & Mosca

...Non sarà il vino delle grande occasioni ma una buona bottiglia da recuperare al supermercato per una grigliata in compagnia, dove la protagonista é la griglia e il vino puro accompagnamento.


Passata la sbornia e il “trip” di Agazzano nel vino naturale, rientro e mi ri-adeguo alla produttiva e laboriosa provincia di Varese con un modesto ma convincente vino “industriale”. Torno infatti a scrivere di una delle più grandi cantine sarde, ovvero Sella & Mosca, azienda vinicola di Alghero controllata dalla Campari Group. Un ritorno visto che su questo blog hanno già trovato spazio vini come il buon rosso Tanca Farrà, il Carignano del Sulcis Terrerare, o il meno entusiasmante bianco Torbato

Pur non essendo un fanatico dei grandi numeri è innegabile come anche a livello industriale ci siano produttori che riescono a proporre delle gamme di vini interessanti, piacevoli e a buon prezzo. Sella & Mosca è uno di questi, e nella fascia di prezzo tra le 7-10 euro riesce a proporre delle bottiglie interessanti, ma anche a meno, riesce a difendersi con vini da pasto molto piacevoli. Diciamo che insieme ai vini delle cooperative dell’Alto Adige, o qualche altro produttore come ad esempio i Feudi di San Gregorio, i vini di Sella & Mosca sono una garanzia per chi vuole acquistare un vino al supermercato e andare a colpo sicuro. 

La bottiglia che stappo oggi è un Cannonau Riserva del 2007. Costo sulle 8 euro. Direi non molto tenendo conto che si tratta di una riserva. Del Cannoanu abbiamo già parlato in passato, sicuramente il vitigno sardo più diffuso insieme al Vermentino, oltre ad essere anche il più conosciuto tra i consumatori (se dici Sardegna la prima risposta è Cannonau).  

Per questa versione riserva del 2007 vengono ovviamente impegnate uve Cannonau al 100% raccolte manualmente ad autunno inoltrato quando alcuni acini cominciano ad evidenziare un leggero appassimento. La fermentazione, a temperatura controllata di 25-28°C, ha una durata di circa 12 giorni. L’invecchiamento dura due anni in botti di rovere di Slavonia, a cui segue un periodo di affinamento in bottiglia. 

Nel bicchiere si nota un colore rosso rubino scarico, tendente al granato, con buona trasparenza e fluidità. Al naso spicca tutta la sua intensità e persistenza. Pieno e pungente, vinoso con deciso apporto alcolico (14%vol.). Decisamente un vino bello carico, ma con buona eleganza. Le sensazioni aromatiche rimangono in secondo piano e parlano soprattutto di frutta  a bacca rossa e profumi floreali (viola), ai quali si aggiunge una speziatura di  fondo, tipica di certi vini invecchiati. Al palato conferma le aspettative, dimostrandosi vino strutturato e austero, asciutto e sapido. Non pensate ad un monolite o ad un vino pesante e muscoloso, questo Cannonau riesce ad avere un’ottima beva, fluida ed elegante. 

Nell'insieme un Cannonau che (non cadete dalla sedia...) mi sento di definire "nebbioleggiante" per carattere. Essendo un amante del Nebbiolo ho apprezzato questo vino, anche se da una riserva mi aspettavo qualcosa in più. Rimane la sensazione di un vino molto tecnico, ben riuscito ma che fatica ad emozionarti, a prenderti. 

Ideale per pasteggiare, può accompagnare molto bene carni rosse e formaggi, ma difficilmente diventerà il protagonista della vostra tavola. Calcisticamente parlando, un buon mediano, tanta corsa e pochi errori, ma non aspettatevi la giocata che può risolvere la partita. Non sarà il vino delle grande occasioni ma una buona bottiglia da recuperare al supermercato per una grigliata in compagnia, dove la protagonista é la griglia e il vino puro accompagnamento.

mercoledì 7 marzo 2012

SORGENTE DEL VINO LIVE 2012 - AGAZZANO - Il vino naturale é femmina !?

Quest'anno ce l'ho fatta !! Mattinata lavorativa, pranzo, doccia, borsa per "l'eno-spesa", penna, blocchetto e via, from Varese to Agazzano... seguo le indicazioni stradali che "snobbano l'autostrada", il che significa uscire a Pero e spararsi 60 km di statale... direzione Val Tidone, va bé ci metterò di più, ma é una bella giornata assolata e preferisco godermi il panorama agricolo, piuttosto che sgasare in autostrada. In verità a parte gli ultimi 20km (diciamo da Castel San Giovanni in poi..) non é che ci sia proprio da stropicciarsi gli occhi.... comunque, verso le 16, con tre edizioni di ritardo, riesco finalmente a raggiungere la rocca di Agazzano (PC) per la quarta edizione della Sorgente del Vino Live.

Giusto per chi non avesse mai sentito parlare di questa eno-iniziativa si tratta di una "mostra dei vini naturali di territorio e tradizione". Ovvero un centinaio di produttori "naturali" provenienti dalle varie regioni d'Italia pronti a raccontarci la loro esperienza di vignaioli e a farci assaporare i frutti del loro lavoro. Come è riportato sulla home page del sito Sorgentedelvinolive, "Tre giorni in cui il protagonista indiscusso è il vino, la sua storia, la sua tradizione, il suo territorio e soprattutto il suo essere “naturalmente originale” ...vini nati dalla consapevolezza di un territorio e dalla disciplina che questo richiede: attenzione all’ambiente e coltivazione naturale dei vigneti, rispetto dei tempi necessari perché un vino sia davvero punta di diamante di una determinata area geografica". 

Arrivo alla rocca e c'è già un bel movimento, pago le 15 euro di ingresso, "recupero" un bicchiere e si parte...I banchi di assaggio sono dislocati su due piani all’interno delle varie stanze della rocca. Location suggestiva, anche se a volte le dimensioni piuttosto piccole delle stanze creano qualche problemino di “traffico”. Un pomeriggio non è assolutamente sufficiente per assaggiare tutto quello che meriterebbe di essere assaggiato, ragion per cui ho dato un occhio alla lista delle cantine partecipanti per decidere da chi andare. Poi come al solito, finisco all’interno di una spirale alcolica dalla quale ne uscirò (vivo e contento come sempre) alle 19.30, quando ormai la “festa” è finita da un pezzo e anche gli ultimi vignaioli rimasti si dirigono verso l’uscita.

Tra nuove cantine da scoprire, facce conosciute e qualche “famoso” esponente dei vini naturali, posso comunque ritenermi molto soddisfatto della rassegna e senza voler stilare classifiche (che avrebbero poco senso) tutti gli "assaggi" si sono dimostrati assolutamente all’altezza, sia per la qualità e l'originalità dei vini proposti, sia per la disponibilità dimostrata da tutti nel raccontarceli. E questo è un altro (a mio avviso fondamentale) punto a favore di queste rassegne  enologiche. La comunicazione diretta (e acquisti diretti!) con i vignaioli. Sinergie e scambi di opinione tra produttore e consumatore. L’idea di essere ad una degustazione ma anche ad una festa, ad un momento di partecipazione collettiva. Insomma si respira un'aria più da "festival" che da "degustazione seria". Un approccio molto più "popular" e "social", magari meno tecnico, ma la cosa mi piace molto e mi fa sentire a mio agio.

Nonostante quanto scritto sopra, anche qui becchi i sapientoni che si incollano al banco assaggi e straparlano al produttore con filosofiche astrazioni e immaginifiche considerazioni sul bevuto, ti vien voglia di dargli una puntinata sugli stinchi e invitarlo a non prendersi troppo sul serio... che magari un grazie, una stretta di mano e una battuta spiritosa, possono bastare. Scusate la divagazione sul tema.. ma ne ho beccati un paio davvero insopportabili.

Passiamo agli assaggi che é meglio... il piano é poche cantine ma fatte bene, assaggiare tutto quello che hanno sul tavolo...se possibile. Parto dalle mie personali new entry, ovvero vini che non avevo mai assaggiato prima, di vignaioli che poco conosco.. Pian dell'Orino, da Montalcino, si parte con il fresco e giovane Sangiovese in purezza Piandorino, prima di passare al Rosso e alle due "eccellenti" versioni di Brunello 2005 e il nuovo 2007 (di grande prospettiva). Al banco assaggi adiacente incontro la realtà vinicola Rendondel, piccola azienda di 3 ettari in piana rotaliana. Dalle "anziane" vigne ecco in primis il Dannato, un vino che affina più in bottiglia (12 mesi) che in botte, meno concentrato e più "facile" del Beatome, il loro vino più importante. Come dire, piccoli ma belli...e grazie per l'invito in cantina...Tra i nuovi assaggi c'è anche l'interessantissima realtà calabrese dell'Acino. Ringrazio Dino (se non ricordo male) per avermi spiegato tutto senza neanche bisogno di fare domande. Buono il Chora ma ad incuriosirmi (e stupirmi) sono i due vini (rosso e bianco), ottenuti in purezza dal recupero di due vigneti particolari come il Magliocco e il Mantonico. Direi una chicca, e alla fine non posso rinunciare ad una delle 1800 bottiglie di Mantonicoz prodotte.

Da una novità ad un classico targato Valpolicella. Il giro é d'obbligo al banco assaggi di Monte dall'Ora, tanto da resistere alle visionarie considerazioni, di uno che a quanto pare "la sa lunga" o forse é un "poeta del vino". Alla fine riesco ad assaggiare tutto, dal Valpolicella Classico all'Amarone. Succosi e aromatici sono vini che convincono subito, anche a scucirmi 15 euro per una bottiglia di Valpolicella Superiore... ma solo perché l'Amarone costa troppo... vista la grafica é proprio il caso di dire "Su le mani per Monte dall'Ora". Passo nella stanza successiva e ritrovo Campi di Fonterenza. Avevo già conosciuto le due sorelle Padovani qualche anno fa a La Terra Trema, dove avevo assaggiato l'anteprima del loro Brunello. Qui ad Agazzano riprovo il Brunello (annata 2007) e il Rosso 2009, che mi colpisce per freschezza e succosità, tanto da convincermi all'acquisto.

Proseguendo con le conoscenze "milanesi" un salto da Corinna dell'agricola Il Cerchio , per una bottiglia di Ansonica ed una più chiaccherata sosta da Guido Zampaglione della Tenuta Grillo. Assaggio i suoi vini in serie e mi stupisce cogliere al palato un retrogusto particolare, difficile da spiegare (vicino al terroso), che accomuna e contraddsitingue tutti i suoi vini. Un marchio di fabbrica che li rende unici, emozionanti e mai semplici. O li ami o li odi. Io li amo e chi segue questo blog già conosce il Baccabianca.

Passo ai "pezzi forti" alle cantine "famose"... siamo in Emilia e una sosta alla Stoppa é obbligatoria. Precursori dei vini naturali, mi lancio all'assaggio dei loro Macchiona, Ageno e Stoppa. Anche qui c'è una forte identità, uno stile riconoscibile che accomuna i vini della Stoppa. Ecco come in Emilia, con uve meno "nobili", ma ben accudite, si possono ottenere eccellenti vini territoriali ed Elena Pantaleoni ce lo dimostra con successo da anni. Di fronte alla Stoppa ecco Emidio Pepe, o meglio la figlia Sofia, assaggio 3 annate del loro "mitico" e "discusso" Montepulciano d'Abruzzo. Tripla AAA per questo vino, che non può non invecchiare nella mia cantina. Prendo un 2003 e dio solo sa quando lo stapperò. Poco più avanti eccoti le sorelle Conti, diciamo le più vicine a casa mia, sia per chilometraggio, che per alcuni amici in comune (un saluto a Quilici e Bottanza); oltre che per la mia unica fede chiamata Nebbiolo. Dopo tanto chiaccherare, non posso lasciare due donne del vino come Elena e Paola, senza acquistare il loro "Rosso delle Donne", alla lettera Boca, dolce ed intrigante come solo un vino "al femminile" può essere.

Se Nebbiolo deve essere, che lo sia fino in fondo, quindi dalla prima all'ultima non mi perdo una goccia del Nebbiolo di montagna proposto da AR.PE.PE. Dal più semplice Rosso di Valtellina al Sassella Ultimi Raggi é un viaggio in crescendo. C'è feeling con il ragazzo del banco assaggi, così nessun tecnicismo e degustazione passata a parlare di sbronze e rischio di ritiro patenti!! Anche senza spiegazioni in merito, l'assaggio é stato sufficientemente convincente, tanto da farmi sganciare 40 carte per due versioni di Sassella. Rimanendo tra i grandi del vino naturale, non potevo non deliziarmi con la serie completa dei dolomitici di Elisabetta Foradori. Scherzosamente e con un cordialissimo sorriso sulle labbra, la ragazza del banco assaggi mi informa su tutto quello che assaggiamo e si rende disponibilissima nel rispondere alle mie curiosità sulla macerazione in anfora. Purtroppo nessun vino in vendita, peccato, ma detto con tanta gentilezza, mi evita la sensazione di rammarico. Sia i due bianchi che i rossi, si sono dimostrati vini di grande stile ed eleganza. Mi rimane un goccio di Taurasi Nero Nè dal Cancelliere (giusto perché ho una bottiglia in cantina e volevo provare un'anticipazione...) e mentre quasi tutti stanno sbaraccando, riesco a trovare la sala del "cibo", in tempo per assaggiare ed acquistare le ultime fette di torta alla nocciola della Pasticceria Quilico (come fanno le torte alla nocciola in Piemonte non ce né...) e un caprino "che si scioglie in bocca" dell'azienda bio Le Ramate.

Barcollante e appesantito dalle sette bottiglie di vino acquistate, torno alla macchina, mentre ormai il cielo é buio e tira un bel venticello fresco (e traditore visto il mio attuale mal di gola...). E' stata sicuramente una bellisima "festa del vino", una rassegna che ho apprezzato sia per la qualità dei produttori partecipanti, sia per la grande disponibilità degli stessi nel raccontare i loro vini e un po' se stessi. Ripensandoci é stata soprattutto una giornata molto femminile. Non solo perché ero in compagnia della Betta e tra il pubblico pagante ho notato molte donzelle (o meglio damigelle vista la location), ma soprattutto perché su tredici banchi assaggi passati in rassegna, in ben otto (9 contando Ar.Pe.Pe) ho trovato gentilissime signore e signorine... Posso quindi trarre la conclusione, che il vino naturale é femmina?? Ben venga....

Permettetemi un paio di appunti, giusto per non sembrare un parente dell'organizzatore capo... per la prossima edizione una sacca porta bicchiere. Esteticamente li appesa al collo é pessima, lo so, ma risulta di un comodo... sarà anche colpa dell'alcool, ma dovendo appoggiare il calice al tavolo per prendere appunti, o sfogliare la brochure, ho dimenticato il bicchiere in almeno 5 banchi assaggi!!

E poi un appello agli organizzatori e soprattutto alle aziende vinicole partecipanti, e non mi riferisco solo alla Sorgente del Vino ma a quasi tutte le mostre enologiche... visto che si paga l'ingresso e che alla fine anche a questo giro, in cambio dell'ambito nettare ho alleggerito il mio conto corrente di oltre 150 euro... ma un misero cestino con due grissini non potevate metterlo a libero consumo del degustatore? Ogni volta bisogna ricordarsi di portarsi qualcosa da casa, altrimenti come in questo caso, mi sono dovuto passare in rassegna 13 banchi assaggi al completo senza una briciola di pane per spezzare e rendere più piacevole la degustazione. Vi garantisco che non sono l'unico ad aver notato questa cosa...nessuno pretende la degustazione classica con tavolo, sedia, sommelier che versa ecc... non mi piacerebbe nemmeno... ma almeno un po' di pane... non costa mica così tanto....

La mia giornata si conclude nel buio delle colline piacentine, mentre mi perdo su sconnesse stradine tra le vigne in direzione Ziano Piacentino. Giusto il tempo di raggiungere la località Casa Bella, riempire la "panza" con massicce dosi di culatello e gnocco fritto, prima di ripartire in direzione Varese, mentre la Betta dorme e il sottoscritto si ripassa la discografia dei Godsmack. Il risveglio domenicale sarà easy (potere dei vini naturali..), giusto il tempo di sistemare in cantina le bottiglie (sicuro che quando le stapperò, mi ricorderò della bella giornata passata ad Agazzano), prima di ripartire con un il mio sport preferito, ovvero Chianti Classico e fiorentina...

giovedì 1 marzo 2012

FELIX 2008 - Toscana I.G.T. - Tenuta Montiani

"Ci piace pensare che ogni vino parli dell'annata che é stata. Noi ne siamo stati testimoni. Abbiamo partecipato alla sua nascita, con orgoglio possiamo parlarvi di Lui, della sua naturale origine, del suo bisogno di amore. Che sia nel vostro bicchiere messaggio di felicità. Ognuno sia libero di descriverlo come più gli piace, per noi é il Felix e non possiamo che parlarne bene."

Con questa frase riportata sull’etichetta la Tenuta Montiani presenta il suo vino Felix (produce anche un Sangiovese in purezza denominato "Le Terrazze del Merendero"). Quattro righe che racchiudono un mondo e un’idea di vivere e concepire il vino e la natura. Credo non ci sia altro da aggiungere e tutto ciò che scriverò in questo post potrebbe risultare superfluo. 

Non conosco direttamente questa azienda agricola biologica e non ne ho mai sentito parlare, almeno fino ad un anno fa, quando mi trovavo a Greve in Chianti presso il Podere le Fornaci ospite per un paio di giorni di Paolo, Sara e le loro caprette, produttori di ottimi formaggi bio. Prima di tornare a casa  ho acquistato qualche prodotto autoctono dal piccolo negozietto adiacente al caseificio, dove oltre ai formaggi vengono venduti alcuni prodotti biologici di alcune aziende agricole locali, tra cui il Chianti Classico di Marinai (ottimo… ma ormai un ricordo) e un certo Felix, nome strano e simpatico per un vino, che mi viene caldamente consigliato da Paolo. Ovviamente mi fido, pago, ringrazio, baci e abbracci, un colpo di clacson alle caprette e stasera, dopo 14 mesi di riposo in cantina decido tirargli il collo.  

"... ognuno sia libero di descriverlo come più gli piace..."  e allora per me il Felix é un vino freakettone, perché ti fa star bene e sa trasmettere allegria.. almeno.. questa é l'idea che mi ha lasciato. 

La Tenuta Montiani azienda biologica certificata, si trova a San Polo in Chianti, e da vita al suo progetto vitivinicolo nel 2006, mentre il Felix 2008 sarà il loro primo vino. La fattoria si estende per 25h, 4,5 dei quali coltivati a vigna. Dal 2005 i terreni sono stati convertiti a biologico, per dare vita ad una produzione vinicola il più naturale e tradizionale possibile, partendo dalla vigna, fino al "non" lavoro in cantina, per regalarci vini che sanno esprimere al meglio il terroir di provenienza. 

Questo blend dal nome curioso che mi sto per scolare, é dell'annata 2008, quindi il debutto del Felix. Per produrlo viene utilizzato un mix di uve autoctone come il Sangiovese, il Mammolo e il Cannaiolo. Le uve sono coltivate nell'area vinicola del Chianti Classico, con una resa di 45/65 ql., con l'esclusivo utilizzo di rame e zolfo in vigna. La vinificazione avviene senza l'aggiunta di lieviti, per una durata di 20-25 giorni in tini di acciaio, con 30-60 giorni di macerazione sulle proprie fecce. L'affinamento varia dagli otto ai dodici mesi in botti di legno e sei mesi in bottiglia. Gradazione alcolica di 13,5%vol., bella veste grafica e prezzo di acquisto da Paolo sulle 15 euro, se ben ricordo. 

Nel bicchiere spicca un bel colorito rosso rubino, piuttosto brillante e di buona trasparenza. Al naso è piuttosto fine ed equilibrato. Attacca leggero, la sua vena alcolica è sottile e solo dopo alcune rotazioni riesce a liberare una leggera vinosità di fondo e una fresca nota acidula, che accompagna sentori di frutta rossa, ciliegie in primis e una lieve punta speziata. Anche al palato ho ritrovato un vino leggero, molto amabile, succoso e croccante. Il tannino é morbido, mai aggressivo, una sottile e acidula vena minerale, conferisce al tutto una bella sensazione di freschezza. Godibilissimo per tutta la degustazione, non spinge mai sull’acceleratore, risultando assai piacevole grazie alle note di frutta rossa che richiamano le sensazioni olfattive. Il finale di media persistenza, rilascia una gradevole sensazione dolciastra che invita al bicchiere successivo. 

Per rendere l’idea,  siamo ben lontani da un Supertuscan polposo e muscoloso. Personalmente l’ho trovato un vino solare, che profuma di aria fresca, e trasmette sensazioni positive. Lo bevi e ti fa stare bene. Mi é piaciuto per digeribilità e piacevolezza di beva, ma anche per struttura e personalità, mai banale, omologato o eccessivamente ruffiano. 

Io me lo sono bevuto a casa, a cena, ma questo é un rosso che merita di essere bevuto in una fresca serata estiva, mentre si ride in compagnia degli amici, con in sottofondo Capossela, che al terzo bicchiere lascerà spazio al delirio balcanico di Bregovic. 

Sono proprio contento di aver avuto la possibilità di scoprire la realtà della Tenuta Montiani, esempio tangibile che un altro mondo del vino é possibile. Il Felix può essere fatto solo da persone felici, perché é questo il messaggio che riesce a trasmetterci sorso dopo sorso.

P.S. Stappata e scolata recentemente anche l'annata 2009. Questo Felix devo ammettere che é in continua progressione. Ho notato un ulteriore passo avanti da parte di Montiani. Hanno ulteriormente centrato il "pezzo", regalandoci un'annata ancora più fresca, amabile, appagante... davvero ineccepibile, spicca un bel fruttato elegante senza mai scadere nel marmellatoso, una bella vinosità e un naso davvero piacevole. Tra i migliori vini "natur" assaggiati. A Montiani il gallo é sempre multicolore. Avanti così... voto:8

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...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

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Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

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Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

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Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.