lunedì 29 giugno 2015

MALVAZIJA 2013 - MARKO FON


... un poeta del vino, o ancor più semplicemente, un contadino innamorato del suo lavoro e del territorio su cui affonda radici robuste... di sicuro Marko Fon dimostra ancora una volta, che i vini buoni sono fatti dalle belle persone. Cuore-Carso-Mami


Qualche sera fa mentre bevevo la Malvasia di Fon all’ Erba Brusca di Milano, mi sono sentito sul pezzo e anche un po' alla moda, sicuramente a mio agio, cosa che difficilmente mi capita quando scendo dalle prealpi in direzione movida milanese pseudo-alternativa, molto fighetta, decisamente odiosa.

Dopotutto oggi i bianchi Friulani più gettonati provengono dall'area del Carso e non più dal Collio, l’appassionato "moderno" va alla ricerca di garagismi natural’artigianali… niente grandi nomi e solo piccole produzioni... roba di nicchia e direi che con  la Malvazija di Fon sono assolutamente sul pezzo. Aggiungiamo che l'Erba Brusca è indubbiamonete uno dei ristoranti più apprezzati in quel di Milano, grazie ad un ambiente eco-friendly e ad una cucina leggera e fantasiosa, un posto dove non mancano commensali stranieri e si avverte una certa dinamictà. Piacevolissimo passarci la serata, soprattutto il mercoledì con il jazz suonato dal vivo, che da quel giusto tocco fighetto e un po' newyorkese alla situazione.

Del ricordo di una serata, rimane nero su bianco il nome di Fon, che al cospetto di una produzione limitata e alla nazionalità Slovena, sembra uno dei nomi più gettonati e chiacchierati tra gli italici appassionati e blogger. Vi rimando a loro per saperne quanto di più su questo vignaiolo, a suo modo unico.


4 ettari di vigneti, metà dei quali a malvasia, il resto si divide in vitovska e teran, per 5-6000 bottiglie l'anno che vanno letteralmente a ruba. La malvasia è indubbiamente il suo cavallo di battaglia, e viene proposta in ben tre versioni, quella di cui vi scrivo, che fa solo acciaio ed è realizzata con le uve più giovani, la riserva che affina in legno e la "4 Stati", sempre in legno, con uve di una vigna centenaria. Conduzione esclusivamente familiare senza alcun tipo di intervento sistemico, concimi e diserbanti. Anche in cantina si lascia che il vino faccia il suo percorso, in modo da offrire sempre a chi stappa una sua bottiglia, un sorso naturalmente autentico, quanto più possibile espressione del vitigno, dell'annata e del territorio.

La Malvazija 2013 è di un bel giallo intenso dai riflessi oro, non particolarmente brillante e trasparente. Pur non essendo un macerato, (come molti illustri colleghi della zona), trasmette comunque una sensazione di consistenza, leggera ma non troppo, fluido si, ma qui c’è anche sostanza. Ti viene proprio voglia di berla solo a guardarla… Non tradirà le aspettative, un bianco da favola come raramente capita di trovare, piacevole e gustoso, con naturalezza e disinvoltura, senza eccessi ed estremismi carsici, ma anche senza scadere in facili note e ritornelli da hit parade, che entusiasmano al primo sorso e stufano al terzo. Questa malvasia istriana in purezza da solo acciaio, è il suo vino più semplice, fresco, diretto… e forse proprio questo è il suo punto di forza… 

E’ classe cristallina pura, eccellente nella complessità di un sorso senza troppe sovrastrutture, mantenendo un equilibrio tra fluidità e succosità che consentono alla malvasia di Fon di impossessarsi di te e non poterne più fare a meno. Tanto buon nettare profumato da goderne dal primo all’ultimo sorso… E' il Carso delle giornate invernali, teso, verticale, che non fa mai mancare il suo apporto minerale, roccioso, salino, che profuma di agrumi, lime, salvia... ma è anche il Carso gentile e generoso che mostra il suo lato più solare, carico e profumato, estivo nei fiori di campo e il fieno, il miele e le albicocche. 

La fresca dinamicità di un sorso appagante che si spiega nell' esigenza di berne ancora un bicchiere per sentirsi persone felici. Un vino che vorrei far diventare la mia hit per l’estate, ma mi accontenterò di questa dolce istantanea... una calda serata d'estate, un tavolino all'aperto, della musica jazz, del buon cibo e la malvasia di Marko Fon. 

Si sono sprecati gli aggettivi per descrivere il lavoro e la dedizione con cui questo vignaiolo sloveno si prende cura delle sue uve, un poeta del vino, o ancor più semplicemente, un contadino innamorato del suo lavoro e del territorio su cui affonda radici robuste... di sicuro Marko Fon dimostra ancora una volta, che i vini buoni sono fatti dalle belle persone. Cuore-Carso-Mani. La sintesi perfetta.

lunedì 15 giugno 2015

CHIANTI CLASSICO 2009 - D.O.C.G. - Castell'in Villa



...quello che più mi è rimasto dentro, è la bella storia di tenacia e di "nobile" contadinità di Coralìa Pignatelli, principessa vignaiola devota al Sangiovese.


Difficilmente bevo un vino appena comprato. Soprattutto quando si parla di rosso. Ho la pazienza di saperlo aspettare, di metterlo li, nel buio della cantina, guardarlo ogni volta che scendo a scegliere una bottiglia, coccolarlo un po' e gustarmelo con gli occhi, far crescere l'attesa, aumentarne la goduria e a volte la delusione (soprattutto con i vini più rinomati e costosi) per un esborso che non ripaga le aspettative. Tutto questo per quel impagabile momento di eccitazione in cui impugni cavatappi e bicchiere e ti appresti a sorseggiare il primo bicchiere. 

Questa volta invece non ho opposto resistenza al richiamo del Chianti Classico di Coralìa Pignatelli, la principessa di Castell'in Villa, anche perchè da appassionato di vini artigianali, raramente mi capita di investire in vini di cantine dal nome e dalla storia tanto nobile. Principessa Coralia Ghertsos Pignatelli della Leonessa per la precisione.. un ricordo "fantozziano" nel pronunciarne il nome per esteso (chiedo scusa ma come non pensare al Megadirettore Ereditario Dottor Ing. Gran Mascalzon di Gran Croc Visconte Cobram??), siamo al cospetto di una delle più nobili ed importanti donne del vino italiano. Tanto ho sentito decantare il suo Chianti, che l'altra sera mentre una costata da 1,2 kg sfrigolava in verticale sulla brace, mi è sembrato doveroso impugnare il cavatappi e togliermi la curiosità. 

Castell'in Villa non é solo una cantina, ma un vero e proprio borgo medioevale del 1200, nella campagna di Castelnuovo Barardenga, uno dei comuni del Chianti Classico più a sud della denominazione, una tenuta di quasi 300 ha, una cinquantina dei quali coltivati a vigneto. Il resto sono uliveti e boschi, oltre ovviamente alla villa padronale, i casolari adibiti ad agriturismo, il ristorante... una cartolina di Toscana rurale e signorile che manda in "brodo di giuggiole" gli americani alla ricerca del Chiantishire, ma non solo direi... almeno una volta nella vita bisognerebbe avere la fortuna di passare un week end in un posto scenografico come questo. 

Quella di Castell'in Villa è una bella storia che risale alla fine degli anni '60, e vi consiglio di ascoltarla direttamente dalla parole della "principessa" in questa intervista su You Tube (clicca qui), che mi ha letteralmente "preso", una testimonianza che non può lasciare indifferente ogni appassionato del nettare di bacco e chi ama il Sangiovese. Storia nobile di chi ha dedicato una parte importante della propria vita alla viticoltura, un legame indissolubile fatto di amore e rispetto per questa terra e il suo Sangiovese.

In tutto a Castell'in Villa si producono 70.000 bottiglie, con tre Chianti Classici da Sangiovese in purezza (il base, la riserva e il cru del Poggio delle Rose), oltre ad un blend 50 & 50 con il Cabernet Sauvignon (il Santacroce) e un po' di Vin Santo che non deve mai mancare. In futuro arriverà anche un Cabernet Sauvignon in purezza.

Il Chianti Classico 2009 di cui vi dirò, è prodotto con uve Sangiovese in purezza, attraverso la selezione dei migliori grappoli provenienti dai vari vigneti. Fermentazione attivata da lieviti indigeni e affinamento in botti di rovere di Slavonia di media capacità per 12 mesi, a cui segue un lungo riposo in bottiglia prima di essere commercializzato.

Un rubino tenue tendente al granato, con fluide e luminose trasparenze tipiche di certi vini esili e sottili... poi infili il naso nel bicchiere e ti ritrovi un vino energico e vivo, quasi vigoroso ed inebriante alle narici. Quasi un'espressione ad immagine e somiglianza della “principessa”, é il vino a parlare di lei e per lei… solo apparentemente una donna esile e minuta... le sue parole, il suo lavoro, la sua dedizione dimostrano una forza interiore tipicamente contadina fuori dal comune. 

Il vino è un tradizionale Sangiovese purosangue… mi ritrovo a pieno nelle parole di Niccolò Desenzani su “Gli amici del bar” in merito a questa annata 2009… (leggi qui), nonostante io abbia stappato un anno e mezzo dopo... e quindi mi aspettavo un vino più pronto, ma rimane la sensazione di un grande Chianti Classico che merita parecchio riposo in cantina. Ancora un po’ scomposto, non perfettamente centrato, fin troppo purosangue, scalpita esuberante, perdendo un po’ in eleganza. Detto questo, il vino dimostra comunque il carisma dei grandi sangiovesi, fortemente territoriali e fedeli alla tradizione. Se inizialmente mi lascia qualche “piacevole” perplessità, con sentori dolciastri di frutta piena e matura, viva e solare (molto piacevole ma un po’ spiazzante rispetto alle attese), in seconda battuta, vira sulle note che più mi intrigano… terroso, boschivo, quasi selvaggio, sempre teso… balsamico, sapido... un vino che non si concede… siamo noi a dover entrare in sintonia con lui… 

Decisamente schietto… esprime le sue origini chiantigiane senza il savoir-faire e il tocco al femminile che ti aspetteresti, avvicinandosi maggiormente a quello stile diretto e senza filtro che si ritrova nei Chianti più "fedeli alla linea" e meno “taroccati”. Di sicuro non gli manca complessità, lunghezza, intensità, materia, sostanza… dobbiamo solo avere la pazienza di saperlo aspettare, come spesso accade, quando si acquista un grande vino, ottenuto da un uvaggio nobile, coltivato in un terroir di eccellenza. Un Chianti Classico da goderne in futuro, che convince proprio per il suo essere classico e tradizionale. 

Prezzo in enoteca sulle 20 euro… leggermente sopra la media, ma indubbiamente ci troviamo tra le eccellenze... e Castell'in Villa è da inserire nella top ten delle cantine del Chianti Classico, anche se quello che più mi è rimasto dentro, è la bella storia di tenacia e di "nobile" contadinità di Coralìa Pignatelli, principessa vignaiola devota al Sangiovese.

lunedì 8 giugno 2015

FALERIO 2013 - Colli Ascolani D.O.P. - Aurora Vini



...vino generoso che ama farsi bere e non degustare, a cui piace riprendersi quel ruolo di vino quotidiano che un po’ si è perso, adatto a tutti i palati e a tutte le tasche. 


Più che il solito post dedicato a vino e cantina, quella odierna assume i connotati di una segnalazione al consumatore (stile “garantito da me” di Ziliani per intenderci), o meglio ancora di una risposta “pratica” (fatti mica chiacchere…) alla infelice uscita dell’industriale del vino Zonin, che con le sue dichiarazioni da imprenditore vitivinicolo, poco ha da spartire con il termine vignaiolo, scatenando l’ira di parecchi appassionati e piccoli produttori, che inferociti non si sono trattenuti dall’invadere i social network disgustati dalle affermazioni di Zonin e (aggiungo io) più in generale del modo di pensare di quella categoria di industriali che rappresenta. 


Volevo anch’io unirmi al coro, dire la mia, ma poi mi sono trattenuto, meglio non perdere tempo… lasciare che Zonin si beva il suo vino e buttarmi sul Falerio di Aurora, proprio perché vini e cantine come queste, sono la prova concreta e materiale che il signor Zonin ha sparato una bella cazzata (per chi non si fosse aggiornato... Il “piccolo” oggi è diventato un handicap che impedisce al nostro Paese di crescere e competere). 


Cercherò di essere rapido e conciso, perché ho già scritto di Aurora, che scoprii ad una delle prime edizioni de "La Terra Trema". Questo stesso blog é nato scrivendo dei vini di Aurora dopo aver passato alcuni giorni da loro alcuni anni fa, ed essermi praticamente “innamorato” di tutti e tutto… la loro storia, il progetto, le persone, il paesaggio, i vini e anche l’olio… tutto troppo bello. Molto più di un’azienda agricola, una “comune” di amici e famiglie che hanno scelto l’agricoltura come alternativa di vita a quello che era il contesto economico e sociale degli anni 70. Tra i primi nelle Marche a praticare agricoltura bio, quando ancora non era una moda, ma solo perché i 30 ettari intorno alla loro cascina dovevano innanzitutto dargli sostentamento, garantire cibo e magari un reddito minimo a tutti… 


Naturale quindi avere rispetto per quella terra che oggi, con il sempre più crescente interesse per il mercato bio e i vini naturali, ha permesso ad Aurora di diventare una delle più interessanti realtà vitivinicole marchigiane e di farsi capofila di un nuovo  progetto a nome “Terroir Marche”, un consorzio di vignaioli che vuole promuovere e valorizzare la coltivazione e la trasformazione biologica e biodinamica della vite.


All’incirca 10 ettari vitati in quel di Offida. Il pecorino Fiobbo per i bianchi e il Piceno Superiore (da uve montepulciano e sangiovese) per i rossi sono a mio giudizio i loro vini migliori, ma è tutta la produzione dal Barricadero scendendo fino al Falerio a convincere. Proprio quest’ultimo che rappresenta un po’ il vino “base” della casa, è davvero una piacevole sorpresa. Prodotto attraverso un mix di uve locali con predominanza di trebbiano e aggiunta di passerina e pecorino (ad esempio per questo 2013 in percentuale, 60-20-20) con fermentazione spontanea in acciaio e maturazione in vetro. Vino dinamico e disinvolto, di poche pretese “organolettiche” ma di grande soddisfazione alla beva.


Mi è piaciuto proprio per questa sua snellezza e piacevolezza, vino più da bere che da annusare… ideale per invitare a cena un paio di amici e abusarne in quantità smodate senza alcuna contro indicazione. Bello fresco in queste calde giornate di inizio estate è una bontà. Ti vien voglia di far piazza pulita di tante costose e complesse bottiglie stipate da anni in cantina e sostituirle ogni primavera con il Falerio di Aurora per dissetarti tutta l’estate. Paglierino e dal profumo primaverile, ha nella beva assassina e disimpegnata il suo punto di forza. Pulito e fluido, dal retrogusto sapido e leggermente agrumato, con una piacevole nota acida ben integrata e mai fastidiosa, ma soprattutto senza eccessi fruttosi e bananosi. Non è un vino di grandi pretese sia chiaro, ma un vino generoso che ama farsi bere e non degustare, a cui piace riprendersi quel ruolo di vino quotidiano che un po’ si è perso, adatto a tutti i palati e a tutte le tasche. 


Un gruppo di amici che lavorano a regime biologico, manualmente, con rese che non superano i 60ql/ha e su vigneti con quasi 30 anni di età e senza aggiunta di porcherie, il tutto alla superdemocratica cifra di 6 euro, praticamente allo stesso prezzo di qualsiasi “insignificante” e massiva bottiglia di vino da supermercato (Zonin compreso!!). Ecco la dimostrazione che le piccole cantine sono la gioia e la fortuna della viticoltura italiana e di noi “bevitori con passione”. Noi che sudiamo tutti i santi giorni per far crescere economicamente il nostro paese, ma cerchiamo i vini buoni dei bravi vignaioli... gente che si merita il nostro sudore che non abbiamo intenzione di versare, per far crescere il conto in banca all'ennesimo industriale!! 

Uno dei miglior bianchi in assoluto under 10 euro. Non resta che sperare nella nuova generazione, affinché il sogno di Aurora possa avere ancora lunga vita. 

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CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.