domenica 28 aprile 2013

UNDER THE SKY 2010 - Dolomiti I.G.P. - Az. Agr. Mattia Filippi

L'impronta darkeggiante vira nel rubino come un cielo estivo poco dopo il tramonto, l'oscurità arriva lentamente attraverso note terrose e balsamiche, profumi di cuoio e sensazioni autunnali.


Per il quarto stappato della serie "La mano dell'enologo" rimaniamo nel nord d'Italia e ci spostiamo di un centinaio di chilometri rispetto a Bassano del Grappa (dove abbiamo incontrato lo Chardonnay di Villa Angarano), attraversando la Val Sugana in direzione Trento... ma in qualche modo rimaniamo collegati anche alla Sicilia (dove abbiamo incontrato il vulcanico vino di Salvo Foti e dei Vigneri), perché a Faedo troviamo l'enologo Mattia Filippi, il "viticoltore errante" e Rossella Marino Abate, coppia siculo-dolo(mitica) uniti dall'ammmore e dalla volontà di realizzare dei vini perfetti.  E' qui che Mattia ha dato vita alla sua piccola attività vitivinicola, costituita da un unico ettaro vitato, situato su un cucuzzolo conico (il cru Poggio di Casteller) e dalle vigne sottostanti, per una cartolina rurale di inesprimibile bellezza ed eleganza, oltre che terroir dal grande potenziale. Diventa logico che un visionario innamorato del proprio lavoro, abbia scelto una location così suggestiva per dare respiro alle proprie ambizioni enologiche.

I termini usati per inquadrare l'impronta di Mattia Filippi si sprecano... visionario, cosmico, ancestrale... sicuramente errante, viste le sue molteplici esperienze da enologo in giro per il mondo (Cile, Australia, Sicilia), sicuramente "tecnico" perché pur sempre di enologo stiamo parlando, un po' filosofo e per giocare anch'io a "trova un aggettivo per Mattia Filippi" ci metterei anche un "viticoltore tridimensionale" tanto si é innamorato di quei filari a spirale che salgono verso il cielo, con le viti di Cabernet Sauvignon esposte in tutte e quattro le direzioni. Chiamatelo caso, chiamatela folgorazione, ma é qui che Mattia ha deciso di diventare enologo di se stesso, o meglio svestire i panni dell'enologo girovago e indossare quelli del vigneron minuzioso, sicuro che in questo luogo "speciale" sarebbe riuscito a trovare le giuste sinergie ed alchimie per realizzare il "suo" vino perfetto.

Nel loro cru Mattia e Rossella devono farsi un bel mazzo... anche in questo caso parlare di viticoltura eroica, come spesso capita con i vini di montagna, non é un'esagerazione...  pendenze che arrivano al 100%, lavorazione "obbligatoriamente" manuale, rese bassissime, approccio "natur" e un gran lavoro per rivalutare e rimettere in equilibrio le viti ormai trentenni, il tutto con l'obbiettivo di ricavarne vini unici.

Ovviamente da un ettaro con rese sotto i 40ql/h., ne risulta una produzione piuttosto limitata, con due sole tipologie di vino commercializzate, entrambe a base Cabernet Sauvignon in purezza. La riserva Equinotium, prodotta con le uve del cucuzzolo e dall'affinamento più prolungato (e che non ho ancora avuto il piacere di assaggiare) e l'Under the Sky "frutto dell'incontro tra la vigna, il pensiero dell'uomo e il cielo.", un Cabernet di montagna, affinato per sei mesi in barriques.

E allora, se vi state chiedendo come sarà il "frutto dell'incontro tra la vigna, il pensiero dell'uomo e il cielo" provo a raccontarvelo... mai nome poteva risultare più azzeccato di Under the Sky, sia per l'approccio filosofico di Mattia, sia perché il Cabernet che mi ritrovo nel bicchiere é degnamente rappresentato dall'immagine di uno "Sky" scuro e notturno, ma dal fascino e dall'eleganza di una stellata di mezza estate.  

Questo il vino di Mattia... dimenticatevi (e mi dimentico) i Cabernet inchiostrati e grassottelli, spesso marmellatosi e alcolizzati... non é un cielo scuro e plumbeo carico di pioggia quello di Mattia. L'impronta darkeggiante vira nel rubino come un cielo estivo poco dopo il tramonto, l'oscurità arriva lentamente attraverso note terrose e balsamiche, profumi di cuoio e sensazioni autunnali. Un naso in levare... e quando la notte sembra farsi buia e cupa, ecco il cielo aprirsi lentamente e mostrarci piccole stelle a base di frutti neri, cacao e spezie dolci. Sono solo accennate, ancora velate, ma tanto basta per emozionarci e conquistarci. La visione di un cielo stellato non é mai cosa banale. Anche la beva gioca su questa sottile linea di demarcazione, come un pezzo dei migliori Cure (...giusto settimana scorsa 54 primavere per Robert Smith!), intreccio a tinte dark tra il pop e la new wave,  un equilibrio perfetto tra tannini notturni e fresca acidità estiva, la tensione del silenzio che ci permette di non addormentarci mai, prima di sdraiarci, con un ghigno di soddisfazione, tra i filari della vigna sotto un cielo stellato.

Un buon vino, che esplora le potenzialità del Cabernet Sauvignon in una veste dalle tinte acquerello, in grado di sfoggiare una certa finezza ed eleganza, senza perdere il giusto piglio e la verticalità che ti aspetti da un vino territoriale, anche quanto si parte da un'uva di cui spesso "maldestramente" si abusa.

Sono soddisfatto della bevuta e anche di aver avuto modo di scoprire questa piccola e giovane realtà trentina. Mi piace molto l'approccio comunicativo di Mattia e Rossella, giovanile e di impatto, che ben esprime il legame tra la terra, l'uomo e il cielo. Bella e ricercata anche la veste grafica dell'etichetta... (sono un po' un maniaco di robe grafiche... va bé...). Spero un giorno di passare dalle quelle parti, sicuramante darò una sbirciatina alla "vigna tridimensionale" e magari passo anche in cantina per assaggiare la riserva, fare i dovuti e meritati complimenti... e capire se tutta questa aurea "visionaria" e "cosmica" di cui ho letto, sia solo un modo "originale" per incuriosire noi "terreni" consumatori (in tal caso "applauso" perché funziona...) o se Mattia nelle sue eno-esperienze sud americane abbia bevuto più ayahuasca che vino e "ci fa" sul serio!! (passami la battuta Mattia... in tal caso meglio non svelare il mistero...)

Se vi ho incuriosito potete trovare questa bottiglia su Avionblu,  a poco più di 20 euro, per accapparrarvi un vino che (se mi passate la tamarrata)  mi verrebbe da definire "cosmico ragazzi!!". Da sorseggiare mentre ascoltate "Sky" dei Cure... i was floating through the colours of a sky up to the stars and angels. 

domenica 21 aprile 2013

CA' MICHIEL 2008 - Veneto Chardonnay I.G.T. - Villa Angarano

...un vino sicuramente tecnico e dal respiro internazionale, magari senza una precisa identità, ma con una apprezzabile e mirata nota stilistica.


Terzo stappato per la rassegna "la mano dell'enologo", con virtuale risalita da sud verso nord, ma soprattutto dopo due rossi, passiamo ad un vino bianco, anzi, direi il più classico dei bianchi, trattandosi di uno Chardonnay... voliamo quindi dall'Etna a Bassano del Grappa, nella zona più a est della D.O.C. di Breganze, sulla sponda destra del fiume Brenta. La location é da paura, perchè l'azienda agricola Villa Angarano é nientemeno che un'antica villa palladiana, commisionata nel 1548 da Giacomo Angarano al famoso architetto Andrea Palladio. Con un'estensione di ben 50 ettari, il terreno di origine alluvionale che circonda la villa, comprende 8 ettari di vigneti, reimpiantati nel 2003 con cloni scelti di Merlot, Cabernet, Chardonnay e Vespaiola. Attualmente la gestione é nelle mani delle "5 sisters" Bianchi Michiel, da qui il nomignolo “veneto style” Ca' Michiel, da cui deriva anche il nome dello Chardonnay che vado a stappare.

Con i vini di Villa Angarano, rientriamo a pieno nella categoria "vino dell'enologo", dato che le cinque sorelle si avvalgono della consulenza enologica di Marco Bernabei, che come vi avevo anticipato in fase di presentazione, é figlio di Franco Bernabei, enologo di successo, che in terra toscana, ha valorizzato e "modernizzando" il Sangiovese (e quel gran vino che é il Flaccianello della Pieve porta la sua firma). Attualmente la famiglia Bernabei gestisce un'attività di consulenza enologica denominata "Enoproject" e offre i propri servizi ad una trentina di aziende vitivinicole.

Insomma quante volte abbiamo sentito di personaggi improbabili che hanno deciso di investire nel vino? (vedi l'ultima improponibile coppia di neo-vignaioli Rocco Siffredi-Jarno Trulli che dall’hard e dalla formula uno sono passati al Montepulciano#!? e a quanto pare... con buoni risultati). Bene, basta affidarsi all'enologo giusto e magari ad una buona impresa per costruire la cantina nuova... e nel giro di pochi anni eccovi al Vinitaly... pensano a tutto loro...  progettazione ed impianto dei nuovi filari, progettazione della cantina, tutte le fasi produttive, dalla cura della vigna all'imbottigliamento, fino al packaging e alla gestione del marketing... Questo se partite da zero e avete un bel gruzzolo da investire..

In verità a Villa Angarano le vigne ci sono sempre state, ma solo da una decina di anni le “five sisters” hanno iniziato a fare sul serio… Detto fatto, se nel 2003 l'azienda iniziò con i reimpianti, il nostro Chardonnay del 2008, é vino ricavato da uve piuttosto giovani (chissà cosa penserebbero i bianchisti di Borgogna...), ma il risultato é comunque piuttosto interessante... merito anche di attente pratiche enologiche... 

Siamo sul versante est della villa, qui sono stati riprodotti e trapiantati i vecchi biotipo dei vitigni a bacca bianca. Sono quindi presenti diverse tipologie di Chardonnay, il cui processo produttivo, dalla vigna fino alle ultime pratiche di cantina, avviene separatamente e solo in ultima fase il vino viene assemblato. Si trattano di appezzamenti da 4500 piante per ettaro con una resa massima di 60 quintali. La vinificazione avviene in acciaio, con circa un mese di fermentazione a temperatura controllata. Affinamento a contatto delle fecce per almeno 6 mesi in barriques di rovere, a cui segue l'assemblaggio e l'affinamento finale in bottiglia di 4 mesi.

Nel bicchiere sfoggia un giallo paglierino piuttosto luminoso, fluido e pulito, una visiva sensazione di leggerezza che riscontriamo anche all’olfatto, mai sopra le righe. Il naso viene accarezzato da sentori piuttosto tenui che richiamano la frutta matura a pasta gialla e frutta secca, con una lieve e amarognola nota agrumata. Direi un approccio soft, quasi a non volersi svelare del tutto… così come al palato, dove troviamo un vino di grande equilibrio e bevibilità, fine e scorrevole. Un vino aromatico in cui predomina una piacevole sensazione dolciastra, frutta ma anche vaniglia, una leggera tostatura ed una discreta acidità che regala un po' di vibra e contrasta la nota alcolica (14%vol.) leggermente sopra le righe. 

Le uve Chardonnay, grazie alla loro facilità di adattamento e alle caratteristiche non particolarmente marcate, sono spesso utilizzate da molte cantine e dai loro enologi, che riescono a "costruire" vini secondo il proprio stile e le proprie idee. Conseguentemente sono molti i fattori che ne vanno ad influire il risultato finale ed indubbiamente a Villa Angarano sanno quel che fanno, riuscendo ad ottenere un vino sicuramente tecnico e dal respiro internazionale, magari senza una precisa identità, ma con una apprezzabile e mirata nota stilistica. Punta sulle note aromatiche e una gradevole finezza, il che lo rendono piacevole ai più. Devo ammettere che prima di stappare, dalla bottiglia all'affinamento in barriques, fino alla gradazione alcolica piuttosto elevata, mi aspettavo il classico bianco "caricato" a mille, grasso, polposo e alcolizzato... ed invece la scelta stilistica di giocare su "colori pastello" mi ha positivamente conquistato.

Non un super-bianco ma una bottiglia più che valida che può piacere a molti per la sua godibilità. Poi a parità di prezzo (intorno alle 15 euro)... tra questo Chardonnay aromatico e la spiccata mineralità del penultimo bianco stappato (il Cinqueterre di Forlini Cappellini)... beh... sapete già su chi investo i miei denari... ma qui si entra nella sfera dei gusti, delle suggestioni personali e del cuore. Comunque un buon cin cin...

domenica 14 aprile 2013

VIGNERI ROSSO 2010 - Sicilia I.G.T. - Az. Agr. I Vigneri



"Erano i primi vini dell'Etna perché la Sicilia era solo nero d'Avola. Da lì è partita la rincorsa a trasformare l'Etna nel nuovo Montalcino a recuperare una realtà storica, ma senza l'esperienza per vinificare in maniera corretta. Sono uscite migliaia di etichette Etna bianco e rosso, vini stabili un anno poi venivano fuori i difetti vini cotti, puzzolenti e privi di nerbo. Salvo Foti non ha sfruttato le conoscenze a scopo speculativo, ma ha valorizzato un territorio e una tradizione: un signore"
 
Secondo stappato per questa quinta somministrazione curata da Avionblu e dedicata alla “mano dell’enologo”. Da chi si avvale della collaborazione del miglior enologo in circolazione, fino al vignaiolo “faccio tutto io”… Cerchiamo di capire come l'influenza dell'enologo (che spesso non sono limitate alla semplice consulenza, ma partono dalla scelta del luogo dove impiantare nuove vigne) riesca ad incidere sul vino che ci ritroviamo nel bicchiere e quello che il produttore vuole esprimere. Quindi non solo un discorso puramente tecnico, ma anche etico, non solo esplorare il risultato finale, ma anche il percorso fatto, il lavoro svolto in vigna e in cantina, capire qual è l’obbiettivo di quel vignaiolo o enologo e cosa ha voluto valorizzare e trasmetterci. 

Siamo partiti da un super-classico (il Montevetrano) di un super-enologo come Cotarella, ovvero le competenze di un professionista per produrre un grande vino. Con il Rosso 2010 de “I Vigneri” di Salvo Foti cambiamo impronta... enologo ma soprattutto vignaiolo le cui competenze e professionalità si mettono al servizio del territorio. Lo scopo ultimo è sempre quello di produrre vini eccellenti, ma il percorso é differente (e non é cosa da poco), partendo da quello che già si ha tra le mani, cercando di valorizzarlo e renderlo unico, senza bisogno di inventarsi niente, espiantare o ricorrere a facili scappatoie.

Per fare una bella città non é necessario distruggere per ricostruire, non dobbiamo radere al suolo i vecchi centri storici per nuovi grattacieli, ma valorizzarli, renderli attivi, fruibili, apprezzabili, mantenendone quelle caratteristiche e peculiarità che lo rendono un luogo unico, un luogo del cuore... in due parole bisogna "prendersene cura". Questo il lavoro di Salvo Foti alle pendici dell'Etna.

Credo sia un concetto importante da esprimere, perché quando si parla di vini come questo, per apprezzarlo a pieno non ci si può limitare a giudicare il versato, ma dobbiamo partire dal prima, da cosa c'è dietro quella bottiglia. E allora dobbiamo partire da lontano per raccontare la storia de "I Vigneri", di Salvo Foti e del suo coraggioso progetto nato ormai 30 anni fa... 
Bisogna partire dal 1435 (data marcata in rilievo sulla bottiglia), Sicilia sud-orientale... a Catania viene costituita la "Maestranza dei Vigneri", una associazione di viticoltori operanti sulle pendici dell'Etna, che aveva come obbiettivo, quello di tramandare e insegnare alle nuove generazioni come si coltiva la vite e si produce vino in un territorio così particolare.  Dopo quasi 6 secoli, Foti ridà vita alla "Maestranza" attraverso "I Vigneri", nome della sua azienda vitivinicola, ma anche del consorzio che ingloba una serie di viticoltori autoctoni etnei, uniti da una filosofia comune. 

Ripartire dalle radici quindi, per recuperare un bagaglio storico, sociale, culturale e vitivinicolo che stava scomparendo, al fine di produrre un vino che non sia solo prodotto sull'Etna, ma che lo sappia rappresentare. Bisognava quindi partire dalle persone, i vigneri, gli uomini della montagna, contadini coltivatori di vite e custodi del vulcano, per incarnarne l'essenza. Metterli insieme, creare delle sinergie, convincerli a ri-prendersi cura delle loro vigne. Il lavoro di Salvo Foti é quindi incentrato sul recupero e la valorizzazione di una cultura radicata nel tempo e trasmessa nei secoli. Per raggiungere questo obbiettivo bisogna prima di tutto coltivare "uomini", ridare dignità al lavoro agricolo, per formare i viticoltori del futuro, persone che fiere ed orgogliose continueranno a faticare sulle pendici del vulcano e a tramandare, di generazione in generazione, il proprio sapere.

Stiamo parlando di un territorio straordinario con caratteristiche uniche, una forma di viticoltura estrema, dove il lavoro manuale e le conoscenze dei vigneri giocano un ruolo fondamentale. Ci sono vigne che sorgono oltre i 1000 metri di altitudine, alcune quasi introvabili se non si é esperti del posto, nascoste tra la vegetazione. Belle e antiche sono le vigne ad alberello, frutto di vari cloni autoctoni mischiati tra loro e che superano anche i 100 anni di età... le rese sono ovviamente bassissime (20ql/h) ed é necessario eseguire reimpianti. Tanti piccoli appezzamenti quindi, varie tipologie di uve mischiate tra loro e di diversa età, un terreno sabbioso e lavico, molto fragile, una babilonia autoctona che grazie alla grande biodiversità del territorio riesce ad esprimere vini unici e caratteristici, figli del vulcano e delle mani esperte che se ne prendono cura. Per ottenere questi risultati la pratica agricola é il meno invasiva possibile, attraverso lavorazioni manuali, con un approccio "natur" e un lavoro di cantina "senza trucchi". 

Se oggi sentiamo sempre più spesso parlare ed apprezzare i vini dell'Etna, grande merito va senz'altro a Salvo Foti, per la qualità dei vini prodotti in primis, ma anche per aver condotto una battaglia che affonda le radici nel passato per guardare ad un futuro etico e sostenibile (anche economicamente). Per tornare all'argomento di partenza mi sento di dire, che siamo di fronte ad un enologo che riesce a sfruttare le proprie competenze mettendosi al servizio di un territorio e di una comunità... il suo territorio e la sua comunità. Ci vorrebbe un Salvo Foti in ogni area vitivinicola d'Italia... e per affermarlo mi bastano le parole di Andrea... "Erano i primi vini dell'Etna perché la Sicilia era solo nero d'Avola. Da lì è partita la rincorsa a trasformare l'Etna nel nuovo Montalcino a recuperare una realtà storica, ma senza l'esperienza per vinificare in maniera corretta. Sono uscite migliaia di etichette Etna bianco e rosso, vini stabili un anno poi venivano fuori i difetti vini cotti, puzzolenti e privi di nerbo. Salvo Foti non ha sfruttato le conoscenze a scopo speculativo, ma ha valorizzato un territorio e una tradizione: un signore"

Entrando nello specifico dello stappato, il Vigneri Rosso 2010 è un I.G.T. ed costituito da un mix di uve Nerello Mascalese, Capuccio e Alicante. La lunga macerazione e la vinificazione avvengono in vasche di vetro cemento, con affinamento in vetro. Definiamolo vino "minore" se volete rispetto al resto della piccola produzione de "I Vigneri" (circa 7.000 bottiglie e 2 ettari vitati), trattandosi del vino del consorzio vinificato per conto dei contadini conferitori. Della massa ne viene trattenuta una parte che viene venduta sotto il nome de  I Vigneri Rosso. Inserito all'interno del progetto "interpretazioni" viene vinificato senza l'utilizzo di lieviti selezionati, controllo delle temperature, enzimi, filtrazioni e con travasi che tengono conto delle fasi lunari.

Il vino si presenta con un bel colorito rubino dalle sfumature chiare, pulito e non molto concentrato. Al naso ha una buona persistenza,  "nebbioleggia" se mi passate il termine, il che mi piace molto. Olfatto fresco leggermente vinoso, con note di frutta a bacca rossa ma anche lampone e ciliegia, fusi con note più scure, suggestioni vulcaniche di terra e pietra, speziatura pungente, e piacevole mineralità. Al palato scivola snello e dinamico, dimostrandosi fresco e croccante, con un tannino vispo ma mai sopra le righe, così come il sentore alcolico (14%vol.) ben presente ma equilibrato da una buona acidità, che ne agevola la funzione "alimentare" e ne fanno un vino non troppo sofisticato ma assai piacevole e scorrevole.

Sicuramente un'ottima bottiglia per approcciare al progetto de "I Vigneri", un'altra cosa rispetto al "Vinupetra", qui si parte dalla base, ma il livello é già alto e il prezzo più basso rispetto al resto del catalogo, lo rendono appetibile (lo trovate qui sulle 23 euro).

Forse non vi ho fatto scoprire nulla di nuovo, tanto si é già scritto e detto su Salvo Foti (che se non erro ha scritto anche un libro), sono però felice di avervi raccontato il suo progetto e magari di averlo portato a conoscenza di qualche nuovo appassionato. Sono vini che val la pena di comprare, perché (a mio avviso) sono soldi spesi bene!! Lasciamo stare che il bevuto possa più o meno piacere e giustificare l'esborso, però non mi pento mai quando so che i miei sudatissimi euro vanno (nella loro piccola percentuale) a sostenere un progetto così "bello".

domenica 7 aprile 2013

MONTEVETRANO 2008 - Colli di Salerno I.G.T. - Az. Agr. Montevetrano

...mi sarebbe piaciuto maggiormente un grande vino autoctono, ma rimane comunque l'esempio di un vino "costruito" con grande intelligenza, che ha saputo "trasversalmente" conquistare gli eno-appassionati.


Dai che partiamo... primo stappato per questa nuova serie di Passaggi Etilici in collaborazione con Avionblu... come anticipato nel post di presentazione "La mano dell'enologo" 5 vini da assaggiare figli di 5 scelte enologiche differenti. Per affrontare l'argomento non potevamo non partire da un grande vino, oramai diventato un classico, figlio della mano di un grande enologo... ovvero il Montevetrano di Silvia Imparato firmato dal più blasonato enologo italiano ovvero Riccardo Cotarella.

Ci sarebbe da scriverne un libro o quasi sull'argomento, tanto fa discutere (e divide) gli eno-appassionati di mezza Italia, tra chi a priori prende posizione contro (o pro) i così detti "vini dell'enologo". Si discute sulla scelta di "tagliare" le uve provenienti da zone vocate con il soliti vitigni francesi, ci si domanda se il successo di certi vini non sia figlio di marketing ed immagine ecc... se sia la firma di un enologo di fama internazionale, piuttosto che l'effettivo livello qualitativo del vino a generare l'aumento di vendite e prezzi.

L'enologo che in alcuni casi va a sostituire il vignaiolo... c'è chi compra solo i "vini di vignaioli" perché quel vignaiolo, la sua storia, la tradizione, la sua etica e il territorio che esprime nei suoi vini sono una garanzia di "vericità" e "onestà"... e c'è chi compra i vini firmati da Cotarella, Tachis o Rolland... indipendentemente dal terroir, dall'uvaggio o dal paese di produzione, perché comunque sa di avere a che fare con un certo tipo di vino, fatto con un certo stile, magari non originale, ma quella firma ne é una garanzia.

Ad ognuno il suo vino dico sempre io... chi mi segue sa da che parte sto.... ma al di là delle critiche che spesso leggiamo sui wine-blog verso supertuscan e similari, (vini che sembrano non interessare più a nessuno).... al di là della tendenza che negli ultimi anni ha portato ad un crescente interesse mediatico e di pubblico verso i vini di tradizione e territorio, basta guardare i dati di vendita e le vetrine delle enoteche del centro per capire che i vini dell'enologo, tutto sommato, hanno ancora il loro tiro... In Italia siamo un po' così... tutti sembrano non tollerare Berlusconi, tutti lo criticano, poi si va alle elezioni e quello che doveva essere un morto che cammina é ancora lì a giocarsela e a recitare il ruolo del protagonista... a dimostrazione che al di là del tam-tam mediatico, il suo stile piace ancora (mannaggialamiseriaccia) a molti.

Questo Montevetrano, questo "winemaker" che riempie le copertine delle riviste di settore, questo vitigno autoctono "annegato" negli uvaggi bordolesi, questo affinamento in barriques nuove, sembra avere ancora molti estimatori e i riconoscimenti ricevuti anno dopo anno, sembrano dimostrarlo.

Montevetrano non é solo il nome di un vino I.G.T. ma è anche il nome della cantina che lo produce, essendo questa l'unica tipologia di vino ad essere imbottigliata, anche se quest'anno in occasione dei 20 anni dalla nascita di Montevetrano, dovrebbe uscire una tiratura limitata di Aglianico in purezza che si chiamerà Core... (e chissà se si tratta di un'edizione unica e celebrativa o se anche qui hanno deciso di puntare su un vino più territoriale). Siamo nel comune di S.Cipriano Picentino, prov. di Salerno, qui sorge la splendida azienda agricola di Silvia Imparato, quasi 5 ettari di vigneti di proprietà incastonati tra gli Appennini e la costiera Amalfitana... Un vino inizialmente prodotto tra amici appassionati, ma ben presto le conoscenze enologiche di Cotarella e la grande passione per i rossi bordolesi, hanno portato all'impianto di vigneti come Merlot e Cabernet Sauvignon, oltre all'Aglianico, con la suggestione di creare un Bordeaux di Campania. Di li a breve nel 1993 viene commercializzato il Montevetrano come lo conosciamo oggi, ed é subito un successo....

Classificato come I.G.T. dei Colli di Salerno, questa annata 2008 é stata prodotta attraverso l'assemblaggio di Cabernet Sauvignon 60%, Merlot 30% e Aglianico 10% provenienti dai vigneti di proprietà, coltivati su terreni a medio impasto ricchi di scheletro. Resa per ettaro di circa 70ql. con densità di impianto di 5000 ceppi. Le uve dopo una macerazione di circa 20 giorni, fermentano in acciaio inox per altri 20, prima di passare in barriques nuove per un periodo di 8-12 mesi e affinare in bottiglia per altri 6. Il vino particolarmente longevo, continuerà a maturare ed evolversi per i successivi 10/15 anni. Produzione annua di circa 30.000 bottiglie, vendute ad un prezzo che si aggira, euro più euro meno, sulle 45 euro. Per gli amanti dei riconoscimenti (anche se tutti lo negano sono sicuro che c'è ancora chi compra vino dopo aver sfogliato le guide...) questa annata ha conquistato il punteggio massimo sia da parte dell'A.I.S., che sul Gambero Rosso e Slow Wine.

Stappo e come mi aspettavo mi ritrovo un vino dal colore rubino scuro concentrato, brillante e profondo, con unghia porpora che colora le pareti del bicchiere, dimostrando che questo 2008 non é ancora completamente maturato. Elegante e di buona fluidità, alle prime rotazioni dimostra da subito carattere e complessità, con un naso persistente e pungente, dove il calore alcolico (13%vol.) e una venature pungente, introducono un bouquet variegato che snocciola piacevoli sentori di piccoli frutti a bacca rossa sotto spirito, con un fondo di speziatura dolce come liquirizia, vaniglia, cioccolato, a contrastare ed equilibrare note più pepate ed erbacee. La sua complessità olfattiva ci conduce verso suggestioni floreali e balsamiche, grafite e roccia vulcanica, macchia mediterranea, tostatura e legno. La beva dimostra a pieno il grande carattere e struttura del Montevetrano, lungo, persistente, profondo, abbastanza equilibrato. La trama tannica é possente e ancora scalpitante, un' acidità che non ti aspetti, una rocciosa mineralità, il legno ben presente e una sapidità quasi marina, ci accompagnano fino ad un interminabile finale ricco di frutto.

Considerazioni in merito... direi tantissime... per prima cosa rimane un po' il rammarico per aver bevuto un vino di grande longevità tendenzialmente ancora "verde", con il tannino ancora scalpitante, la vena acida ancora marcata, il legno ancora sopra le righe... mi rimane così il dubbio su cosa sarebbe potuto essere il Montevetrano se stappato tra qualche anno, quando la completa maturazione, avrebbe regalato un vino complesso e potente ma anche perfettamente in equilibrio, vellutato e suadente. Se...il vino é come un bellissimo fiore che non si sa quando cogliere (cit.) vi consiglio (almeno per questo 2008), di saperlo aspettare ancora un po'. Se i punti a favore di questo vino sono indubbiamente tanti, personalmente (diciamo a mio gusto...) quello che un po' manca é.... il sole... quella solarità che un po' ti aspetteresti di trovare in un vino del sud. La sensazione é che sappia esprime più l'entroterra che il mare, il nero e cupo vulcano piuttosto che il "frizzante" clima mediterraneo. Il bouquet, la beva, le sensazioni gusto-olfattive in continua evoluzione, mancano di fresca leggerezza solare, quella snellezza estiva, quell' apertura primaverile, che ne farebbe un vino oltre che eccellente anche molto più "simpatico" (se mi passate il termine), mantenendo la beva importante ma anche leggera, spigliata e croccante... non vi nego che dopo tre/quattro bicchieri un po' mi ha appesantito e la mescita del giorno successivo é stata molto più entusiasmante, ritrovandomi nel bicchiere un vino meno cupo e più aperto. Un filo di immediatezza non gli guasterebbe (anche se forse in pochi possono condividere questo mio pensiero..).

Le ultime considerazioni le dedico alla cantina di Montevetrano... visto che questo vino é stato inserito all'interno della rassegna "La mano dell'enologo"... parliamone... devo ammettere di aver stappato il vino un poco prevenuto... l'enologo di grido, il "merlottiano" marchio Cotarella, il taglio bordolese, le barriques... mi aspettavo il classico vino internazionale e parkerizzato. Invece ha il pregio di non risultare mai esageratamente piacione o costruito. Il connubio tra Imparato-Cotarella ci regala un vino che guarda alla Francia ma che riesce ad esprimere il carattere del territorio di provenienza. Dobbiamo riconoscere a Montevetrano la capacità e il coraggio di puntare in alto, di voler proporre un vino importante in un'area vitivinicola che fino a quel momento non era riuscita a decollare (non dimentichiamo che siamo all'inizio degli anni 90) diventandone simbolo ed elemento di traino per tutto il movimento. Per riuscirci ci é voluto un professionista del settore e l'utilizzo di vitigni alloctoni, poco male... peccato, mi sarebbe piaciuto maggiormente un grande vino autoctono, ma rimane comunque l'esempio di un vino "costruito" con grande intelligenza, che ha saputo "trasversalmente" conquistare gli eno-appassionati.

Non é il tipo di vino su cui personalmente investirei 50 euro... ma per chi vuole una cantina importante (e può permettersi l'esborso), un paio di queste bottiglie lì a prendere polvere ci stanno davvero bene. Senza entusiasmarmi esageratamente, per i motivi di cui ho scritto sopra e di gusto personale, rimane un grande classico in grado di scalfire il tempo...

lunedì 1 aprile 2013

QUINTA SOMMINISTRAZIONE... LA MANO DELL'ENOLOGO

Prosegue con mio sommo piacere la rubrica Passaggi Etilici in collaborazione con l’enoteca Avionblu. La formula é sempre la stessa... Andrea mi propone un trittico di vini da assaggiare e raccontare, partendo da un argomento, uno stimolo, un'idea... un punto di incontro che li unisce nelle loro grandi e piccole differenze. 

Questa volta saranno ben cinque gli assaggi, per affrontare una figura importante come quella dell'enologo, ruolo da "dietro le quinte", ma spesso fondamentale nella realizzazione del vino. Cinque bottiglie per cinque tipologie di enologi differenti. 

Il Montevetrano, mono-vino di Silvia Imparato (che proprio in questo periodo sta uscendo con il suo secondo vino), firmato da Riccardo Cotarella, che ha timbrato alcuni dei più famosi vini italiani. Il wine-maker, il consulente di cantina, colui che grazie alle sue indicazioni, dispensa consigli e indicazioni, il giramondo, colui che pianifica la nascita di nuove cantine insieme ai proprietari per garantirne il successo. Il Michel Rolland di Mondovino made in Italy. Curriculum da paura, premi internazionali, uomo copertina....Personaggio in grado di influenzare lo stile e i "numeri" di diverse cantine. Se persone così influenti siano un bene o un male dipende dai punti di vista, di sicuro hanno ridato lustro internazionale all'Italia del vino, rivalutato terreni e vigne poco vocate trasformando quelle uve in oro, le cantine che si avvalgono delle sue competenze, si fregiano di una firma importante ed influente, che garantisce attenzione mediatica, premi, riconoscimenti e conseguentemente l'aumento dei prezzi dei loro vini. 

Di contro questo ha portato all'emolazione di molti produttori, nel tentativo di produrre vini simili e quindi facili da vendere. Penso al successo internazionale di Supertuscan da lui firmati (Solaia in primis). E così abbiamo visto l'esplosione del taglio bordolese, il connubio italo-francese, tanto che anche in terroir vocati abbiamo assistito all'espianto del Sangiovese per lasciare spazio a Cabernet e Merlot, in cantina via le vecchie grandi botti e spazio alle barriques ecc... per non parlare dei "trucchi" di cantina, alla ricerca di vini che puntano a raccogliere il consenso internazionalità perdendo in territorialità.

Da Cottarella a Salvo Foti, passionale enologo che porta nel cuore il suo territorio. Non un consulente giramondo che dispensa ricette, ma un profondo conoscitore di un preciso terroir, un'idea di vino che parte dalla valorizzazione della vigna e dal recupero delle tradizioni, lavorando in sincrono con il vignaiolo, avendo lo scopo di ottenere vini caratteristici in grado di esprimere al meglio il territorio. Foti é il protagonista della salvaguardia, del recupero e della rinascita, della cultura vitivinicola della Sicilia orientale. Vecchie vigne ad alberello, uve autoctone, piccoli produttori, artigianalità, ricerca... le conoscenze e la tecnica enologica come valore aggiunto.... Scopriremo il suo lavoro assaggiando il Rosso della sua azienda agricola, ovvero "I Vigneri", che ingloba anche diversi piccoli vignaioli del "vulcano". 

Poi ecco l'enologo di se stesso, o meglio l'anti-enologo, il produttore fai da te, il vignaiolo che non si avvale di alcuna consulenza e segue personalmente tutto il processo produttivo, dalla cura della vigna al lavoro in cantina. Produzione legata al territorio e all' idea di vino del suo vignaiolo, a volte legata alle tradizioni, altre volte originale ed anarchica nella tecnica produttiva, nella scelta dei nomi, degli assemblaggi ecc... Scopriremo Mattia Filippi, dolomitico viticoltore errante, attraverso il suo visionario Cabernet "Under the Sky"...

Giusto per non farci mancare nulla, torneremo anche in Sardegna regione alla quale abbiamo dedicato un focus in passato. Terra ricca di biodiversità anche tra i produttori... e così dalla cantina "5 stelle" di Santadi a quell'anarchico di Gianfranco Manca, oggi andiamo da Quartomoro, piccola cantina in continua evoluzione gestita da Piero Cella e Giuliana Basso. Piero si appassiona al vino grazie al padre enologo e oggi porta avanti questo interessante progetto di recupero e valorizzazione degli autoctoni vitigni sardi, anche quelli meno conosciuti e salvati dall'estinzione. Cantina artigianale e uve recuperate da contadini che gestiscono vigne vecchie di oltre 40/50 anni. 

Assagerò il suo vino a base Cagnulari, vitigno autoctono situato nella regione del Coros in prov. di Sassari, oggi abbandonato da molti produttori, tanto che gli ettari vitati sono solamente 260. Piero ne produce solo 600 bottiglie con l'obbiettivo di ricavarne non solo un vino, ma realizzare "il viaggio, il sogno, il progetto di valorizzazione di perle viticole, il progetto di valorizzazione di vitigni autoctoni della Sardegna... un percorso attraverso le vigne più vecchie della Terra Sarda, attraverso i racconti appassionati e appassionanti di anziani vignaiuoli, che hanno, della vita e del lavoro in vigna, una visione per noi degna di grande rispetto, rispondente spesso ai nostri ideali." (cit.)

Concludiamo il nostro viaggio "enologo" con un bianco, ovvero lo Chardonnay
di Villa Angarano, strepitosa villa palladiana accerchiata dai vigneti in quel di Breganze. Oggi la proprietà é nelle mani delle cinque sorelle Bianchi Michiel che gestiscono una cantina nel segno della qualità, tecnologia ed innovazione. 8 ettari di vigneti nelle mani dell'enologo Marco Bernabei, figlio di Franco anch'esso enologo di successo in terra toscana, valorizzando e "modernizzando" il Sangiovese (quel gran vino che é il Flaccianello della Pieve porta la sua firma). Oggi la famiglia Barnabei gestisce questo progetto denominato Enoproject, ed offre la propria consulenza ad una trentina di cantine. Nasce così lo Chardonnay Ca' Michiel, un bianco barricato dal taglio moderno, figlio di un progetto enologico che guarda al futuro.
 
Cosa ne pensate? Quale impronta enologica preferite? Che stile di vino amate? Quali le differenze tra un consulente girovago, un enologo che conosce la sua terra come le sue tasche e un vignaiolo fai da te?? Sicuramente tante... cuore e denaro il vino é anche bussness e chi può permettersi di investire denaro lo fa... avvalersi di un grande enologo é come per una squadra acquistare un grande allenatore... l'obbiettivo é il successo.... Restate sintonizzati su Simodivino e Avionblu per leggerne delle belle... nel frattempo vi consiglio di esplorare l'argomento attraverso l'ottimo libro di Corrado Dettori "Non é il vino dell'enologo". Maledetta primavera...

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.