martedì 27 gennaio 2015

PINOT NERO 2008 - Vigneti delle Dolomiti I.G.T. - Dalzocchio



...il calore umido di un bosco autunnale, una rinfrescante ventata invernale, i profumi dei campi in primavera, la solare dolcezza di un giorno d'estate. 


Tendenzialmente preferisco le voci “fuori dal coro”, ma in questo caso non posso che allinearmi alla lunga schiera di estimatori che Elisabetta Dalzocchio si é guadagnata sul campo, a colpi di Pinot Nero. Soprattutto non posso esimermi (per quanto superfluo possa essere il mio apporto alla causa) dal rinforzare a gran voce il coro dei "fedeli", devoti al suo vino.


Fatevi un giro sul web, per capire come più o meno tutti hanno già entusiasticamente raccontato di questo Pinot Nero. Per quanto personali e soggettive siano le impressioni che il vino suscita in ognuno di noi, posso dire che tutto quello che i miei “colleghi” bloggaroli hanno scritto, è riscontrabile e "appoggiabile". E' quindi corretto definire questo Pinot Nero 2008 un vino delicato, fine, elegante, grazioso. Fragoline e fiori appassiti, violette, rose... una beva invidiabile, magra e “scivolosa”, lunga, con mineralità rinfrescante, tannino fine e palato pulito. Un vino apparentemente semplice nella sua complessità, dove il carattere marcatamente femminile, non nasconde nella sua naturalità, il territorio di provenienza e il suo animo contadino, attraverso note più "umide" e "rocciose", humus, sottobosco, terra bagnata, corteccia, erba. E' un vino in continua evoluzione e i profumi della montagna sono qui concentrati... il calore umido di un bosco autunnale, una rinfrescante ventata invernale, i profumi dei campi in primavera, la solare dolcezza di un giorno d'estate. 


Fidatevi quando leggerete quanto è “buono” questo vino, perché  posso garantire e (mi voglio rovinare) metterci le mani sul fuoco... é vino tridimensionale che non sfigura affatto in squadra con alcuni "Noir" de la Bourgogne. 


Non avrebbe senso chiudere qui, raccontarvi un grande vino senza parlare del suo vignaiolo. Qualche anno fa in quel di Fornovo a Vini di Vignaioli (probabilmente la miglior fiera dedicata al vino che abbiamo in Italia), appena entrato mi fermo a far spesa da Pacina, prima di avvistare poco più avanti, la figura minuta dalla chioma arruffata di Elisabetta Dalzocchio, che se ne sta li sola soletta con il suo unico vino, che nella consueta bolgia di Fornovo (e chi c’è stato sa di cosa parlo), mi fa quasi pensare che il suo vino non se lo fila nessuno, il che mi pare strano, ma voglio approffittarne. Vado deciso da lei, dico ciao, dico che tanto e bene ho sentito parlare del suo vino e per questo lo vorrei assaggiare, dico che mai ho avuto la fortuna di provarlo fino ad allora, non dico bugie. 


Deve essere suonato come un complimento, tant’è che Elisabetta inizia subito a raccontare in maniera molto emotiva e direi amichevole, la sua bella storia di vignaiola trentina con la passione per il pinot nero. Con timidezza e sorriso sincero, mi racconta di Rovereto, della sua casetta, dei boschi, del piccolo vigneto (2ha) tutto a pinot nero da cui ricava il suo unico vino... non più di 10.000 bottiglie, ma dipende dalle annate. Non enfatizza, non utilizza superlativi per descrivere quella che in realtà é un piccolo gioiello rurale, così incastonato tra l'azzurro del cielo, il verde dei vigneti, il bianco delle cime innevate, la vista sul borgo di Rovereto, la brezza che soffia dal Garda. Tutto merito del papà, ma adesso é lei ad occuparsi della vigna... E' sicura delle sue scelte, sa di aver intrapreso la strada giusta, é soddisfatta e orgogliosa del suo lavoro, del suo vino... ma non é stato facile per lei, commercialista laureata in economia, entrare in sintonia con il territorio, acquisire quella sensibilità contadina che ti permette di interpretare la natura, assecondarla e viverla senza la pretesa di dominarla.


Mi racconta dell'iniziale errore da neofita, che si lascia consigliare dagli asperti, dagli enologi... prodotti per la vigna, prodotti per la cantina, e alla fine nel bicchiere un vino che non ti piace e non ti rappresenta. La svolta dopo una gita alla Romanée-Conti per "imparare" come si produce il più grande Pinot Noir del mondo. Si inizia così ad operare nel rispetto della natura, niente pasticci, basse rese, cetificazione bio, ma soprattutto agricoltura biodinamica, poca solforosa, fermentazioni spontanee, sovescio e preparati in proprio... il microclima e il terreno di origine marina, ricco di fossili e pietre, completano un quadro pedoclimatico ottimale, che porta Elisabetta a produrre non solo un vino di alta qualità e grande personalità, ma a diventare una delle più apprezzate e stimate vignaiole che operano nel segno dell'artigianalità e della tradizione.


Assaggio il 2008 e il 2009, entrambi ottimi, chiedo se posso avere una bottiglia e mi lascio consigliare... mi dice che se avrò la pazienza di aspettare, forse il 2008 potrebbe evolvere meglio... ma chi può dirlo... Quasi si scusa per il prezzo... qui lo vendo a 18 in enoteca però si vende sulle 24 euro... Nessun problema... sgancio 20 euro, si deve impegnare non poco alla ricerca delle monetine necessarie per comporre le due euro del resto... dico di lasiar stare, che non é un problema, ma niente da fare, litiga con il portafoglio fino a quando riesce a recuperare il resto, scusandosi, sottolineando che "quel che é giusto é giusto"... Prima di andare mi dispensa un ultimo consiglio... non finire tutta la bottiglia, avanzane un paio di bicchiere e sentirai il giorno dopo che differenza, infilaci il suo tappo e basta, non usare pompette o altri marchingeni strani, che tra l'altro a me non piacciono, noterai notevoli differenze, secondo me é ancora più buono...


Come darle torto? Come non seguire il consiglio di una madre? Chi può conoscere suo figlio meglio di lei?? E' un vino dalle capacità evolutive incredibili... ed effettivamente Elisabetta aveva ragione, i due bicchieri del giorno dopo sono ancor più spettacolari, smorzati i toni autunnali, il vino si apre verso una assolata giornata primaverile, di quelle che ti mettono il buon umore.


n.b. Per la cronaca, il vino viene invecchiato in fusti di rovere da 228 litri per 18 mesi. Gradazione alcolica del 13%vol. Età delle viti tra i 10 e i 35 anni, con rese di 50ql/ha.

martedì 20 gennaio 2015

RUCHE' E GRIGNOLINO - Az. Agr. Renato Capuzzo

...due semplici ma gustosi vini, appaganti ed economici, acquistati da un produttore ai più sconosciuto, che sa vendertelo con orgoglio e senza "tirarsela".


Se spesso mi capita di arrivare ultimo nelle recensioni, proponendo nomi e bottiglie ben conosciute al popolo degli eno-appassionati, oggi ho il piacere di scrivere di una cantina minore, una di quelle poco conosciute ai più e di cui non troverete notizie sulle guide, sulle riviste di settore e credo (a voi il piacere di provarci) nemmeno in quel mega contenitore di informazioni che é il web. Potrei quindi essere il primo a scrivere dei vini di Renato Capuzzo, vignaiolo di Castagnole Monferrato (almeno tra i wine-blogger). 

Il bello del Monferrato, é che al di fuori di alcuni nomi mediaticamente noti e presenti alle varie fiere di settore, ci sono tante piccole realtà rurali, costituite da famiglie monferrine dove il vino si produce (e si beve) tradizionalmente da generazioni. Persone semplici, come i loro vini, fortemente legate al proprio lavoro e al proprio territorio, persone con cui é sempre piacevole parlare di vino, perché te lo descrivono e te lo raccontano senza la minima spocchia, quasi imbarazzati per la rustica semplicità dei loro vini, vignaioli che vendono soprattutto in damigiana o in bottiglie da poche euro, negli alimentari di paese o a qualche festa di paese, vini che hanno come unico scopo, essere fedeli compagni dei vostri pasti. 

Ed é infatti li, in quel della Fiera del Tartufo di Moncalvo che ogni anno incontro il signor Renato e i suoi vini. Siamo alla terza generazione, essendo l'attività iniziata nel 1920 grazie al nonno Dionigi. Vini nel segno della tradizione vitivinicola di queste zone che rientrano nella DOC e nella DOCG tipiche del Monferrato. Sono 4 i vini prodotti, tutti in purezza. Un bianco da uve Cortese, il Grignolino d'Asti, la Barbera d'Asti e immancabile per una cantina di Castagnole, il Ruchè. Appena ho assaggiato i vini del signor Renato, nonostante le condizione atmosferiche al limite (nebbia, freddo e assaggio nel bicchierino del caffè...) non ho avuto dubbi sulla bontà genuina dei suoi vini, in particolare del Grignolino, vino a me caro, se non altro perché quando ero piccolo, mio papà (che compra vino in damigiana) ne comprava qualche bottiglia per i giorni di festa.

Il Grignolino d'Asti DOC annata 2012 è davvero gratificante nella sua schietta sincerità. Senza troppi giri di parole, quello che ritrovo nel bicchiere è esattamente quello che mi immagino quando sento parlare di questo vino, purtroppo ancora oggi sottovalutato. Certo qui siamo ben lontani dalla tridimensionalità gusto-olfattiva del mio Grignolino preferito (il casalese Marcaleone di Crealto), ma che riesce comunque a farsi apprezzare per “onestà” se mi passate il termine… a partire dalle cinqueuroecinquanta richieste dal sign. Renato per questa bottiglia. Rosso tenue e scarico, fluido e trasparente, si fa notare soprattutto per la sua spiccata acidità, che lo rendono fresco e di facile beva, a tratti affilato come una lama di rasoio e un po’ nervoso, quasi acerbo, scivola, scalpita e rigenera il palato. Poca estrazione ovviamente e sentori pungenti di pepe, chiodi di garofano e piccoli frutti rossi. Piacevolissimo anche bevuto fresco, è il compagno ideale e low cost di ogni tavolata primaverile tra amici. 

Il Ruchè di Castagnole Monferrato D.O.C.G., sempre annata 2012, esprime invece qualche complessità in più, ha indubbiamente più personalità, ma anche in questo caso riesce a brillare soprattutto per una beva piuttosto scorrevole. C’è sicuramente maggior persistenza ed intensità gusto-olfattiva, il colore vira su tonalità più scure dai riflessi violacei, mantenendo comunque dinamicità e trasparenza. Bello il naso, un po’ sgraziato ma molto “rurale”, con note terrose, viole appassite, rimandi di sottobosco umido, frutto a bacca rossa… magro, spigoloso… Come anche al palato, asciutto, sapido, leggermente tannico, snello, rustico e con quel tocco di imperfezione che intriga e lo rendono piacevole. Anche per lui spiccata acidità. Un sorso tipicamente monferrino per soli 6.5 euro, a dimostrazione che spendendo poco, forse non si bevono vini di grande complessità, ma si può comunque essere soddisfatti, appagati e contenti… addirittura di più, rispetto a costose e decantate riserve che creano tante aspettative, ma (a volte) ci lasciano delusi.

Ecco in questi due semplici ma gustosi vini, mi è sembrato quasi di ritrovarmi in quelle bottiglie tanto amate e tanto ricercate da Mario Soldati nei suoi viaggi alla ricerca dei vini autentici. Eccone due... appaganti ed economici, acquistati da un produttore che sa vendertelo con orgoglio e senza "tirarsela". Insomma senza quell’atteggiamento di "superiorità" che adottano alcuni vignaioli alle fiere, a cui ogni tanto servirebbe qualcuno, che di fronte a tanti paroloni o a scene di scocciato mutismo, abbia il coraggio di affermare seccamente “il tuo vino fa cagare!”. 

Ecco, alla bancarella di Renato Capuzzo ne compreresti a dozzine di bottiglie, magari non perché sono eccezionali, ma anche solo per ricambiare la cortese gentilezza della persona che quasi sminuendo la qualità dei propri vini, te li serve con la dignità, umiltà e passione di chi nel suo mestiere ci investe anima e corpo senza farci troppi quattrini. 

Dal Ruché e la Barbera (entrambi ottimi) di Massimo Marengo al Grignolino e al Testa di Fuoco (molto buono) di Cascina Brichetto, fino a Renato Capuzzo... alla fiera di Moncalvo si fanno sempre interessanti acquisti a prezzi assai convenienti. 

martedì 13 gennaio 2015

BANDOL 2009 - Appellation Bandol Contrôlée - Domaine du Cagueloup

Prima eno-esperienza alle prese con un Bandol Rosso... se la prima volta non si scorda mai... non é detto che sia delle migliori!!


Riprendo a stappare ed inizio questo 2015 con un vino che per me rappresenta una novità, perché mai assaggiato prima. Pesco dalla cantina questo Bandol 2009, regalo di un amico dopo una vacanza estiva nel sud della Francia di un paio di anni fa (tank you). Non ho quindi termini di paragone e conoscenze approffondite in merito, posso solo dirvi che questa denominazione tipica della Provenza, una regione di grande storia e tradizione vitivinicola, comprende solo 8 comuni (compreso ovviamente Bandol da cui il nome), per circa 1500 ettari vitati e che quindi non può fregiarsi di grandi numeri, ma che può vantare una delle appellation più antiche di Francia (nel 1941).  

Tale denominazione raggruppa 3 tipologie di vino, rosso, rosè e bianco. Per i rossi l'uva base é la Mourvèdre, che secondo la disciplinare deve rappresentare almeno il 50% dell'assemblaggio, che può essere completato con uve  Grenache noir e Cinsault, ed in parte minore con l'utilizzo di Syrah, Calitor, Carignan, e Tibouren. L'affinamento minimo richiesto é di 18 mesi in botte. mentre rosati e bianchi sono imbottigliati già a partire dall’anno successivo. Dimenticavo... mentre per i rosati vengono utilizzate le medesime uve dei rossi, i bianchi sono prodotti con Clairette, Bourboulenc, Ugni blanc e Rolle. Clima tipicamente mediterraneo con molte ore di sole, mitigato e rinfrescato dalle brezze marine che rinfrescano e asciugano i grappoli dei vigneti, coltivati mediante terrazzamenti e muretti a secco su terreni aridi e secchi, in prevalenza calcarei e pietrosi. Tra le tre tipologie di vini prodotti, sono i rossi e soprattutto i rosè, quelli più espressivi e prodotti in maggior quantità. Detto questo, e lette alcune interessanti recensioni sui vini di Bandol, mi sono apprestato con un certo interesse a stappare questa versione in rosso del 2009, prodotta dal Domaine du Cagueloup, di Richard Prebost. Cantina con ben 40 ha vitati di cui ben 18 nella AOC Bandol, a Saint-Cyr-sur-Mer sotto il massiccio di Saint Baume.

Questo Bandol si presenta in un rosso rubino scuro e incupito, concentrato e piuttosto consistente. Naso con grande spinta alcolica (15%vol.), punge e scalda, offuscando un bouque che si articola sulle note tonde della frutta nera matura, ma anche con gli spigoli delle spezie piccanti e quelle meno scontate della macchia mediterranea arsa dal sole. Vinoso, intenso, asciutto e a tratti quasi saturante. Beva piuttosto impegnativa, riempe il palato e "pizzica" la papille gustative con il suo forte accento alcolico e una carica speziata che prevale sulla polposità e la morbidezza della frutta matura. Piacevole anche senza incuriosire, tiene botta per un paio di bicchieri, e dal terzo inizi già a sorseggiarlo con una certa fatica.

Non avendo termini di paragone, questa prima esperienza con il Bandol Rosso non mi ha certamente impressionato. Se é vero che la piacevolezza di un vino si misura con la velocità con cui si finisce una bottiglia, non essere riuscito ad andare oltre la mezza é un'indicazione significativa. Il problema é che a questo Bandol, manca tensione gustativa e acidità, manca in finezza e nerbo, in struttura e trama tannica, spegnendosi sorso dopo sorso, lanciando pochi segni di quella vitalità essenziale per rendere il vino gustoso e invogliare al bicchiere successivo.

Spero di non essere stato troppo negativo, o almeno di non aver dato questa impressione, rimane comunque un rosso che convince solo parzialmente. E' risaputo che anche in denominazioni prestigiose, bisogna saper pescare, non basta d'altronde la scritta Barolo in etichetta, per essere sicuri di avere tra le mani un grande vino.

mercoledì 7 gennaio 2015

Editoria > VINI E VINILI... 33 giri di rosso

Giusto un'annetto fa dedicavo un post al bel librone di Federico Graziani e Marco Pozzali intitolato Grandi Vini d'Italia, per il semplice fatto che pochi eno-blogger avevano riposto la giusta attenzione ad un volume che meritava attenzione. Torno oggi a scrivere di editoria enoica, e lo faccio fondamentalmente per il medesimo motivo... Poteva un indie-wine-blogger's come Simo diVino, non dedicare un post alla fatica cartacea di Maurizio Pratelli "Vini e Vinili"? (dopo tutto sono o no l'unico eno-blogger che ha avuto l'accortezza di deliziare le vostre letture enoiche con le musiche di Fugazi, Pavement e attualmente i Deus??). 

Sono sicuro che dall'altra parte dello schermo sono tanti i wine-rockers che aspettavano un volume in grado di unire due rami della cultura così emotivamente forti e fragili come il vino e la musica (entrami d'autore). Personalmente sono anni che cerco di mettere insieme le mie passioni ed esperienze in ambito vino-musica come ha fatto Maurizio Pratelli, e ogni tanto a fine post qualche abbinamento musicale non manca (ad esempio Il Pigro de La Marca di S.Michele con Kid A/Amnesiac dei Radiohead), ragion per cui la mia prima sensazione vista la copertina, può essere semplificata con il termine "invidia".

Critico musicale free-lance, scrive per le pagine di cultura e spettacoli del Corriere di Como, oltre a collaborare con alcune riviste italiane di rock, e scrivere di musica nel suo blog Torno ai Vinili. Presentazione di Maurizio Pratelli fatta, entriamo nel merito... libro graficamente snello e accattivante, carta lucida e immagini a supportare i 33 abbinamenti vini-vinili. Li scoprirete in 6 pagine per abbinamento... dopo l'introduzione (personalmente le pagine più belle ed emozionali), 4 pagine "effetto scheda", dedicate rispettivamente al 33 giri scelto, alla band che lo suona, al vino rosso in abbinamento e al suo vignaiolo, prima di chiudere con un'altra spassosissima pagina contenente 5 feedback sul tema, rubati da personaggi conosciuti nel mondo eno-musicale. Questo il contenuto.

Il titolo parla chiaro, solo vini rossi e solo gracchianti vinili. L'immagine felice da estrapolare vede il sottoscritto pantofolato, accendere il camino con uno sguardo alla neve fuori dalla finestra. Stappare un bottiglia di vino rosso, appoggiare la puntina sul vinile, prendere un buon libro dallo scaffale e sdivanare per almeno un paio d'ore senza interruzioni di alcun tipo. Un intreccio culturale tra elementi che si completano e per questo vanno scelti con cura. Anche se musicalmente viro su sonorità un po' più forti, se non altro per gusti musicali meno classici e più sonici, concordo con le scelte "emozionali" dell'autore. Per chiudere il cerchio, un buon rosso che ti scalda il cuore, merita un vinile che sappia fare altrettanto, quindi ben vengano cantautori e band più soul e folkeggianti, sonorità intimiste che sanno emozionare, strapparti il cuore, evocarti ricordi e amori, farti sorridere e piangere.  

Effettivamente risulta difficile pensare alla situazione di cui ho scritto sopra, con Fresh Fruit for Rotting Vegetables dei Dead Kennedys sul giradischi. E allora ben vengano i così detti classici... tanto per fare qualche nome tra i citati ecco Johnny Cash, Tom Waits, Dylan, gli Stones, Springsteen (che non manca mai), Neil Young... e molti altri... con qualche incursione meno old style, con i The National, Jonathan Wilson, Glen Hansard e quella roba che ballavo quando indossavo la camicia di flanella, qui rappresentata dai Counting Crows (porca paletta ma indosso ancora la camicia di flanella!! Certo dal grunge avrei sicuramente pescato l'acustico Jar of Flies degli Alice in Chains in grado di sverniciare l'intera discografia dei Counting Crows in poco più di 30 minuti).

Sui vini poco da dire, sposo in toto la selecta, che come é giusto che sia é basata su vini artigianali e "naturali", vini che ben si abbinano ai long playing scelti, vini che sanno trasmettere calore ed emozioni. Non una scelta casuale ma un viaggio nell'Italia enoica di rurale qualità... dalla Valle d'Aosta con i ViniRari di Giulio Moriondo, fino alla Sicilia della simpatica garagista Anna Martens e del suo Vino (di Anna), da Nerello Mascalese in purezza. In questa discesa incontriamo vini più o meno conosciuti, ma soprattutto si incontrano i loro mentori con le loro storie, le loro fatiche e il loro territorio. Storie che emozionano anche se le conosci a memoria (Lino Maga e il suo Barbacarlo), storie dissidenti (il Barolo di Cappellano), retiche (AR.PE.PE ), eleganti (Foradori), ancestrale (Gravner qui con il Rosso), ruvide (come il Bressan, ma di eleganza con il suo Schioppettino). Attraversare la Toscana dei "Super" per rifugiarsi nel Paradiso (di Manfredi) e in Abruzzo nell'Oasi (degli Angeli) di quel fenomeno di Marco Casolanetti. Luoghi dove il tempo sembra essersi fermato (da Emidio Pepe), o rimesso in moto (il Poliphemo di Tecce).

208 pagine in cui non si descrive tecnicamente un vino, ne si assegnano voti, nemmeno si recensiscono album, sappiatelo, non state leggendo la guida ai vini d'Italia, e nemmeno le pagine delle recensioni di Rumore, ma racconti emotivi ed emozionali, quasi intimi, come é giusto che sia, perché vino e musica (come altre forme di cultura), devono suscitare in ognuno di noi differenti reazioni. Quindi gli abbinamenti?? Ognuno potrebbe fare il suo, ma se vi incuriosiscono quelli di Maurizio Pratelli (che tendono alla perfezione) non vi resta che comprarvi il libro... non ve li dico (con un pò di spirito di osservazione, ne noterete uno...), altrimenti vi rovino il piacere della "scoperta". Poi divertitevi a criticarlo se secondo voi al Lambrusco di Donati preferite i Pop Corn di Ligabue anziché Let It Bleed degli Stones. (io ad esempio mi trastullerei con i Califone e una boccia di Pinot della Dalzocchio).


Finalmente un libro (anche se indirettamente), che ricorda come certi vini non devono obbligatoriamente essere bevuti a tavola, ma assaporarne il piacere di goderseli così, da soli, prendendosi il giusto tempo e abbinandogli le giuste sonorità. 

Vi ricordo che su "Vini e vinili" troverete solo vini rossi e dischi stranieri (più americani che inglesi). Non ci resta che attendere a questo punto un volume analogo dedicato ai bianchi, magari a 45  giri (ma in tal caso più che di bottiglie, bisognerebbe parlare di bicchieri... comunque tranquilli nell'introduzione si annuncia già il prossimo volume "33 giri di bianco"). Chissà se mineralità, acidità, tensione e macerazioni estreme non spingano l'autore verso sonorità più affilate e sgraziate... (per la serie... non ci starebbe bene Henry Rollins abbinato a Bressan?) o un tocco electro magari un po' lo-fi in stile Bristol sound o indietronica alla Lali Puna?? Scherzi a parte... con gli annunciati accoppiamenti del Pico con This Year's Model di Costello e White Ladder di David Gray con il Trebbiano di Cirelli, l'autore non sembra intraprendere significative variazioni sul tema musicale legato ad autori classici... chiediamo quindi a gran voce almeno un posto x Joe Strummer!!

Da avere in ogni biblioteca che si rispetti, sta a voi scegliere se metterlo insieme ai libri sul vino o a quelli dedicati al rock. Nel dubbio ci sta bene anche sulla mensola delle bottiglie svuotate...

Concludo con una domanda/curiosità per Maurizio Pratelli... chi ha dettato legge?? I vini o i vinili?? E' il vinile ad essere stato accoppiato al vino o si é scelto il vinile e poi si é andati alla ricerca del vino giusto?? Ecco penso a tante bottiglie bevute e a tanti album che ci starebbero bene insieme... ma se dovessi stilare la lista dei miei 33 dischi preferiti ed andare alla ricerca del vino giusto da abbinarci... ne uscirebbe un progetto lungo una vita... vi immaginate quanti vini "estremi" dovrei bere per trovare un giusto abbinamento a Roots Bloody Roots dei Sepultura?? 

Ne avevamo bisogno di un libro così... noi che su vini e musica ci abbiamo costruito una vita e li viviamo emotivamente, che i nostri ricordi più belli parlano di concerti e bevute, noi che abbiamo imparato (anche l'inglese!!) più dai testi delle canzoni che dai libri di scuola... ma anche per voi che vantate l'intera discografia di Vasco Rossi e in cantina conservate una verticale di Tignanello... c'è sempre tempo per imparare a vivere con passione.

 Vini e Vinili - "33 giri di Rosso" di Maurizio Pratelli - Arcana Edizioni - 22euro

venerdì 2 gennaio 2015

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2014.... ECCO LA PLAYLIST!!

Uno sguardo al passato per affrontare il futuro. Il 2015 enoico a Simo diVino parte da qui, con i doverosi auguri di buon anno. Come ho già fatto negli anni passati, mi diverto a riassumere in un piccolo "The best of....", le più interessanti "stappate" dell'anno appena trascorso prendendo in considerazione solo le bottiglie recensite su questo blog. Non si tratta di una classifica e non ha pretese esaustive, non ho tenuto conto di assaggi volanti, fiere mercato e tavolate gogliardiche. Diciamo che si tratta di una selezione dei vini assaggiati dalla prima all'ultima goccia, vini di cui ho potuto farmi un'idea precisa e per molti di essi parlarne anche con i produttori. Probabilmente non si tratta nemmeno dei più buoni in assoluto (diciamo a livello organolettico), ma quelli che per un'insieme di motivazioni mi hanno maggiormente convinto e coinvolto. Eccovi i 10 che hanno segnato l'anno appena trascorso. Alcuni di voi li conoscono molto bene, per tutti gli altri qualche buon consiglio per gli eno-acquisti del 2015 !!. (clicca sul nome del vino per leggere la recensione completa!!)

 

> BRAZAN 2001 (140 mesi) - Collio Goriziano D.O.C. - I Clivi
Cosa aspettarsi da un Tocai che passa 140 mesi sui lieviti? Tiratura limitata per un vino in stato di grazia, un sorso pazzesco che è l’arma in più di questo Brazan e che ben rappresenta l'anima de "I Clivi". Da un vino così complesso, intenso, strutturato, ti aspetteresti una beva piuttosto impegnativa, da sorseggiare in degustazione più che da “sgargarozzare” a tavola… Invece mentre tutto quel "popò" di roba che troverete nel bicchiere vi rimarrà inchiodata alle papille gustative per interminabili secondi di piacere, il vino scivola via pulito, grazie ad un’acidità naturale e una mineralità levigata, che conferisce una leggerezza e una bevibilità disarmante...
Non vincerò il premio "originalità 2014", ma devo essere onesto con il mio palato ed inserire questo vino “contenitore” nella top ten. Qui trovate tutto quello che vorreste trovare in un vino bianco... ricco, pieno, variegato ed intenso. Parla e non sussurra… sa essere carico e solare, maturo e materico, come ti aspetteresti da un vino del sud... il frutto é pieno e ricco, bilanciato da una ventata nordista... quindi tensione, mineralità, acidità rinfrescante, note floreali ed erbacee, sapidità marina e aromi mediterranei. Vino di grande bevibilità, verticale, fluido ma anche di grande piacere gustativo, croccante e masticabile. E’ un continuo susseguirsi di suggestioni dolci/amare di bella intensità e profondità. Piacevole, pulito, appagante, preciso, incisivo e a tratti rinfrescante.

Per me questa é una delle scoperte più interessanti del 2014. Ecco un esempio di come deve essere un bianco macerato. Un'esplosione complessa e assai piacevole che appaga i sensi a 360° tra profumi vegetali, spezie piccanti, note sapide, frutta polposa e dolciastra, senza dimenticare un tocco ossidativo che piace. Una fusione d'insieme caleidoscopica, pieno e tondeggiante, ha buon corpo e struttura, senza perdere in allungo, nerbo e sapidità. Come spesso accade le sorprese più sorprendenti, spesso arrivano dalle denominazioni meno conosciute.
Anche quest'anno un bianco ligure sugli scudi. Un grande vino che bisogna saper aspettare, perché dimostra grandi capacità evolutive. E allora ecco saltar fuori le suggestioni liguri che volevo. Varietale, con la delicatezza e l’eleganza dei vini che amano farsi scoprire per non lasciarti indifferente. Il giallo inizia ad attenuarsi per lasciar spazio al verde della macchia mediterranea, dei pini marittimi e della resina, del timo e della salvia, alloro, basilico e lavanda, fino al cedro, il pompelmo e il lime. Il sorso sale di tono, e pur mantenendo una bella pulizia e una piacevolissima sensazione materica, acquista tensione gustativa, con acidità leggera e mai sopra le righe, mineralità e sapidità fini e ben integrate che conferiscono al sorso allungo e scorrevolezza verso un finale lungo e tipicamente amarognolo che sfocia nella frutta secca.

Il più grande vino che abbiamo in Italia non può mancare in una top ten di fine anno, soprattutto se la firma é illustre come quella di Giovanni Canonica. Vigneron tradizionalista e dissidente, perché alla tradizione contadina e piemontese è legato, lontano da qualsivoglia concetto di marketing. Il sorso "ruspante" é ancora saturo di giovanil furore, ma se é vero che il 2010 barolista é anno di grazia, ne goderemo assai in futuro (fortunatamente ho fatto scorta). Il sorso é incredibilmente teso e pulito, si beve con gusto grazie ad una "ruvida" scorrevolezza dettata dalla sua grana "imperfetta" che conferisce un tocco fortemente artigianale, contadino e anarchico. Nel complesso mondo del Barolo, il Paiagallo è una piccola (grande) chicca che non può mancare sul tavolo di ogni appassionato che sa bere con il cuore.

L'altra Franciacorta... artigianale e rurale, ben lontana dallo stile dei grandi nomi a cui i più sono abituati e che a sorpresa mi entusiasma con un rosso di ottima leggerezza espressiva... tanto da "sverniciare" i piatti di una cucina stellata... Un intrigante mix di frutta rossa, note balsamiche, rimandi erbacei, eucalipto, sottobosco e spezie piccanti, il tutto avvolto da una leggera affumicatura. Un eccellente equilibrio tra tannini, alcool e acidità, con un frutto vivo e succoso che ti rimane li attaccato al palato dopo un finale appagante e pulito. La Beccaccia mi entusiasma per la sua leggerezza espressiva... riesce ad essere un vino assolutamente "godereccio" senza rinunciare ad una naturale eleganza, un'intrigante complessità e un tocco di austerità.

> CAMPORENZO 2009 - Valpolicella Classico Superiore D.O.C. - Monte Dall'Ora
Quella di Monte Dall'Ora é una di storia contadina e "dissidente", di quelle che fanno innamorare noi che di vino scriviamo e il loro Camporenzo é un vino di quelli che ti prendono "emotivamente", costringendomi a mangiare solo per il piacere di accompagnare questo rosso buonissimo. Un Valpolicella vivo e vigoroso, al naso come al palato, dove si contraddistingue per un ingresso discreto, quasi fresco, prima di esplodere energico e succoso, ricco e materico, gustoso, con una trama tannica ben integrata, che scivola via grazie ad una interessante vena acido-sapida che rendono il sorso vivo e mai sulle gambe, verso un allungo finale di grande appagamento. E' un vino che da grandi soddisfazioni... non so bene come spiegare questo concetto, bisogna berlo per capirlo, ma é una cosa che capita solo con i vini "naturali".

> SASSELLA ROCCE ROSSE RISERVA 2001 - Valtellina Superiore D.O.C.G. - Ar.Pe.Pe

Questa non vuole essere una classifica, ma se lo fosse, ecco a voi il vincitore. Un perfetto pezzo "folk" di razza pura e cristallina... un caleidoscopico ventaglio di sfumature aromatiche e suggestioni che ne fanno un vino di grande espressività territoriale e grande eleganza, dalla beva "tridimensionale". Vino per palati fini, che richiede attenzione e che deve essere capito...  Se devo dirvela proprio fuori dai denti... se non capite la grandezza di questo Rocce Rosse forse non siete in sintonia con questo blog e vi meritate un "vino frutto" consigliato da Luca Maroni!!

> MONTEPULCIANO D'ABRUZZO 2003 - D.O.C. - Emidio Pepe
Annata 2003, contraddittoria per via di un'estate particolarmente calda che ha consegnato hai posteri vini decisamente "cotti"... Non é il caso di questo Triple A del mitico Emidio Pepe, prodotto con la stessa artigianalità di sessant'anni fa. Bicchiere dopo bicchiere ci svela le sue molteplici sfaccettature... così a random... fiori appassiti, ciliegia e frutta rossa macerata, spezie piccanti, noce moscata, cuoio, erba bagnata, respiro animale, note minerali, balsamiche e una piacevole sensazione di calore. Spirito "giovanile" nonostante gli undici anni di età e una piacevole freschezza che rendono il vino snello e incredibilmente bevibile. Struttura e longevità sono impressionanti, tannicità e morbidezza sono ben equilibrati, carnoso e potente, compatto, ma con quel filo di acidità che snellisce il tutto e rende "semplicemente" straordinaria la beva. E' come se il tempo da queste parti si fosse fermato e racchiuso in un Montepulciano d'Abruzzo tutt'altro che moderno. 

> CHIANTI CLASSICO 2010 - D.O.C.G. - Monteraponi
Non é un vino tirato, ma una semplice quanto ricca rappresentazione di un territorio, di un luogo, dove le viti sono abbracciate dagli ulivi e dal bosco. Così solare nel suo frutto succoso e dolce, nei profumi estivi di macchia mediterranea e prati in fiori; così intrigante nella sua texture piacevole e pulita al palato, quasi snella, ma dalla suggestioni polverose e terrose, una grana fatta di elegante rusticità. La beva di incantevole piacevolezza, senza grassezze e forzature, nessuna pesantezza... ha un tiro verticale e minerale, un allungo teso e vibrante, una ventata di fresca acidità sostenuta da un tenore alcolico che scalda, su una trama tannica smussata e perfettamente integrata. Bravo Michele Braganti, i suoi vini sanno parlarti di un luogo, hanno carattere, vibrano, sanno dimostrarsi rustici ed artigianali con l'eleganza e l'equilibrio di chi sa fare il proprio mestiere molto bene.




OUTSIDER 2014
Concludo menzionando una serie di vini che per i più svariati motivi hanno saputo convincere il mio palato, ma che ho dovuto escludere dalla lista, per non sforare... Devo partire ovviamente da Alfiano Natta dove ha sede Crealto, già protagonista nelle passate top ten di fine anno con il loro Marcaleone (ribevuto un'altrettanto sublime 2011!!). Quest'anno sono i primi degli esclusi con ben due vini a dir poco entusiasmanti realizzati a quattro mani e che potete scoprire qui. Il Crevijn é un zero solfiti realizzato mixando le proprie uve di Grignolino, con quelle di Cascina Tavijn, mentre il Flora, é un quasi "orange" realizzato macerando in maniera meno "strong" le uve di Sauvignon fornite da Tenuta Grillo. Proseguendo con i bianchi, convince sempre un best seller della viticoltura naturale come il Fontanasanta Manzoni Bianco di Elisabetta Foradori, così come é splendida la semplicità espressiva del Friulano di Doro Princic, autentico vignaiolo di Cormos. Tornando ai rossi, sugli scudi la leggerezza scarnificata del nebbiolo di montagna, marca distintiva del Sassi Solivi della Cooperativa di Triasso e Sassella, a cui si contrappone la gustosissima surmaturazione del Poiema di Eugenio Rosi, da anni é probabilmente il miglior marzemino in circolazione. Rimanendo in regione, colpisce il Pigeno il Blauburgunder di Stroblhof, vino fine, pulito e preciso, mai banale. Scendendo in direzione sud vi segnalo le ultime due "figate" del 2014... un toscano natur di alta classe che può far impallidire molti costosi e chiaccherati "super" della zona, come il Montecucco Riserva Arpagone di Prato al Pozzo, e il Sagrantino Colle Grimaldesco di Giampaolo Tabarrini, tra le più belle bevute di sempre all'interno di una denominazione con cui fatico ad entrare in sintonia.

Ora se ne avete le forze... riavvolgete il nastro e sfoderate la vostra playlist....
Leggi la top ten dell'anno scorso:

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3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!
Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti
...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto
Ancora Crealto, ancora un grande vino... prendetemi alla lettera, la loro Barbera affinata in terracotta è una chicca che sorprende e affascina...

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione
"Per noi acquistare una bottiglia di vino, significa acquistare consapevolezza e sapere, oltre che la gioia di godere di un vino come poesia"

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna
Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce
Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto
Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi
Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine
...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello
Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia
...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.