domenica 10 maggio 2015

VITA GRAMA 2004 - Vino da tavola rosso - Casa Caterina



...e quel nome “Vita Grama”, mentre posi ridente e soddisfatto la bottiglia svuotata sul tavolo, ti pare quasi un ossimoro.


In uscita da Milano, direzione sud, lungo la linea retta del Naviglio Pavese, poche centinaia di metri più avanti dall’ultima fermata della metropolitana, linea rossa stop Abbiategrasso, li dove la città si è mangiata la campagna e gli orti, sulla destra del naviglio incontriamo l’orto con cucina “Erba Brusca”, (leggi qui), uno dei posti dove meglio ho mangiato e bevuto ultimamente. Sempre in uscita da Milano, direzione sud, questa volta però lungo la linea retta del Naviglio Grande, fino ad incontrare l’abitato di Gaggiano, piccolo e pittoresco paese immerso nell’area agricola sud di Milano, tra campi, risaie e vecchie cascine. Questa è la patria del milanese in uscita dalla città... la meta più vicina per vedere l’orizzonte e non essere soffocati da palazzi e traffico urbano. Non solo il luogo ideale per chi ama campagna e piste ciclabili, ma anche meta imprescindibile per gli amanti della forchetta, in virtù di una quantità non indifferente di agriturismi, osterie e ristoranti vari.

Alcuni di questi si segnalano per la loro lunga storia e per alcuni piatti particolarmente riusciti, per questo motivo mi sono recato all’Antica Osteria Magenes, per provare il suo decantato risotto alla milanese… e posso confermare che il piatto merita il viaggio. Come avrete capito la cucina varia tra i piatti della tradizione lombarda ed altri più innovativi, forse anche con qualche eccesso “esibizionistico” nell’impiattamento (ma a qualcuno potrebbe piacere…). Sicuramente è un ristorante curato, che va a schierarsi tra quelle osterie moderne che tanto piacciono alla borghesia milanese e che poco hanno da condividere con termini “popular” come trattoria e osteria, dove l’ambiente dovrebbe essere spartano e meno ingessato…  insomma quello che ti aspetteresti da un’osteria situata a Barate di Gaggiano, tra quattro case circondate dalle risaie. 

Non mi dispiace il rinnovamento stilistico, decisamente meglio del solito agriturismo dove si sfornano centinaia di piatti da un pentolone, però diciamo che il cameriere in papillon può risultare un po’ eccessivo, e la giovanile informalità dell’ Erba Brusca ha decisamente un altro scatto (giudizio ovviamente soggettivo). Detto questo, si mangia bene e si spende il giusto per la qualità della proposta e il servizio…  Vi ho già segnalato l’imperdibile Risotto Milano 2010, così come vi consiglio di pescare da una carta dei dessert molto interessante, l’eccelsa spuma di cioccolato bianco, con frutti di bosco, fiori commestibili e bottarga di tonno. Un mix di dolce-salato tridimensionale. 

Per concludere quello che più interessa a noi bevitori e a chi scorazza su Simo diVino… la carta dei vini è ok, niente “sola” come purtroppo capita in molti ristoranti. Niente di monumentale (per fortuna), ma ben composta con alcune proposte “artigianali” interessanti e ricarichi non troppo eccessivi. Decido quindi di pescare dalla Franciacorta… terra di bollicine eccellenti, optando per un rosso, visto che in passato da Pietro Leemann, più dei suoi piatti new age, fu il cabernet franc La Beccaccia di Michele Loda, altro eccelso vignaiolo “artigianale” di Monticelli Brusati ad entusiasmarmi. Dopo tanto averne sentito parlare, mi sorprende vedere in carta, in questa osteria un po' fighetta, il Vita Grama 2004 di Casa Caterina, che come potete osservare dalla retro etichetta, è una chicca prodotta in pochissime bottiglie. 

I fratelli Del Bono Aurelio ed Emilio, sono giustamente apprezzati x le loro “bollicine naturali” (non sono un amante del genere, ma in suolo italico le bollicine di Casa Caterina, Cà del Vènt e Il Pendio sono tra le migliori che mi sia capitato di bere…), così come per le loro scelte decise e radicali, non solo per l’artigianalità e la naturalità dei loro metodi (qui si pratica agricoltura biodinamica), ma anche per la loro dissidenza, tra cui la rinuncia alla D.O.C.G. e alla fama del marchio Franciacorta. A ragione quindi, sentiamo spesso parlare di questa piccola cantina (7 ettari suddivisi in parcelle e ventimila bottiglie), come di “altra Franciacorta”, “Franciacorta eno-dissidente”, “Franciacorta underground” ecc…  

Tornando al Vita Grama... non avessi conosciuto e apprezzato i loro vini in giro per le fiere, probabilmente non avrei mai dato fiducia ad un rosso bordolese prodotto in terra di bollicine. Due cose per cui non impazzisco messe insieme. Aver bevuto La Beccaccia, mi ha fatto ricredere, perché quando un vignaiolo lavora bene e in maniera rispettosa, si possono realizzare rossi strepitosi anche da queste parti. 

Basta quindi uno sguardo all’etichetta “casalinga” con primo piano sulle mani “contadine” del padre, pensare all’esigua quantità di bottiglie prodotte, il lungo invecchiamento in cantina (l’annata bevuta, 2004, dovrebbe essere l’ultima uscita), per capire che a Casa Caterina, non si producono vini scontati, casomai estremi e coraggiosi. La retro etichetta scritta a mano, racconta di un assemblaggio con predominanza di merlot, di un esiguo numero di bottiglie prodotte e di una gradazione alcolica contenuta sui 12.5 gradi. Non conosco il processo produttivo, ma si tratta di un lento invecchiamento sui lieviti, con legni usati e tanto acciaio. Ne deriva un “bordolese” che si discosta dal suo concetto classico, siamo distanti sia da Bordeaux che da Bolgheri, ma soprattutto da quel concetto di super blend barricato. 

Ne deriva un vino semplice e a tratti rustico, non tanto nel senso stretto del termine, più che altro pensando ad una beva assassina, per un vino che vista la carta d’identità, riesce ad esprimere la freschezza e la bevibilità di un vino “quotidiano”, di un vino a cui nonostante tutto, la dicitura “vino da tavola” calza a pennello. Al di là di alcuni rimandi bordolesi avvertibili al naso, intriga per il suo colore inchiostrato, l’energia e la tensione che sprigiona, i rimandi terrosi, le note speziate, il frutto succoso. Mai stanco e sorretto da una spinta acida che trasformano un potenziale mammut  in un vino glu glu. 

Sarò ripetitivo, ma anche per chi come me, predilige vini più scarni, esili e scoloriti, diventa impossibile non inserire il Vita Grama nella lista dei vini del cuore, quei vini rari e un po’ “indie”, che se hai la fortuna di incontrare in osterie, appena lo ordini deciso e convinto, il sommelier capisce subito di che pasta sei fatto, ed evita di intortarti con mirabolanti descrizioni organolettiche per eno-fighetti… E quel nome “Vita Grama”, mentre posi ridente e soddisfatto la bottiglia svuotata sul tavolo, ti pare quasi un ossimoro.

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