Niente enologo,
niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa
esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di
riferimento assoluto.
Deve
essere poco stimolante per gli appassionati bevitori internauti, trovarsi
davanti per l’ennesima volta ad un post sul Fiano di Ciro Picariello. Come si
dice, è il prezzo del successo, quello che meritatamente si è guadagnato questo
piccolo/grande vignaiolo di Summonte, che nell’arco di una decina d’anni (imbottiglia “solo” dal 2004) è riuscito a diventare un punto di
riferimento assoluto per la denominazione, tanto che il Nick Hornby di Alta Fedeltà, lo avrebbe sicuramente inserito nella top five dei Fiano di Avellino. Inutile dilungarsi troppo quindi, vi basterà un giro sul web, per leggere decine di post, su blog molto più autorevoli
di questo.
L’azienda
è a 650 metri di altitudine, 7 ettari a conduzione familiare, con Ciro si
rimboccano le maniche la moglie Rita ed i figli Bruno ed Emma. Niente enologo,
niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa
esprimere al meglio il territorio.

Il
Fiano di Avellino di Ciro è realizzato con le uve provenienti da entrambi i
vigneti, in quella che a tutti gli effetti, è una delle zone di elezione per la
tipologia. Raccolta delle uve tardiva, verso fine ottobre, solo acciaio,
lieviti indigeni e affinamento per un anno sulle fecci. Nessuna filtrazione.
Poca solforosa. Operazioni semplici (ma non facili...) per ottenere un vino di
grande longevità e fortemente legato al territorio. Gradazione alcolica elevata
per questo 2012 (siamo sui 14°) e prezzo in enoteca che si aggira tra le 13-15
euro.. decisamente onesto, considerando l'artigianalità del lavoro e la qualità (o meglio "la goduria") che ritroviamo nel bicchiere. Devo aggiungere
altro per convincervi all'assaggio ed inserire questa bottiglia nella
track-list dei migliori acquisti sotto le 20 euro????
Giallo
paglierino con riflessi verdognoli, piuttosto carico in verità, non
limpidissimo ma vivo e luminoso. Appena infilo il naso nel bicchiere, lo trovo
un po' scomposto e sono colpito da una nota citrina piuttosto netta, scorza di
limone, lime, pompelmo, citronella, poi lentamente il vino si apre, acquistando
maggior eleganza e finezza, smussando gli spigoli a favore di un bouquet
intrigante e tridimensionale. Una punta di "lemonade" è sempre presente,
accompagnata da una vena minerale che rendono il vino affilato ed incisivo. Ma come ho scritto sopra è vino tridimensionali e non mancano ad
ogni "sniffata" le note dolci della frutta bianca e quelle più amarognole degli agrumi, il profumo dei fiori di campo e della macchia
mediterranea. E ancora frutta secca tostata, suggestioni balsamiche e
fumè.

E' assai consigliabile concedergli qualche anno in più di cantina, per fargli acquisire ancor più equilibrio ed eleganza, per consentirgli un'ulteriore evoluzione. Il problema ovviamente è riuscire a resistergli.
Un sorso
poco "sudista" se vogliamo, ma che sicuramente rimarrà nella memoria
tra i migliori assaggi "sudisti". Alla prossima...
non capisco il titolo del post Fiano di Avellino IGP? DOCG o DOP, il Fiano di Avellino non è IGP. Saluti
RispondiEliminacredo abbia ragione, chiedo scusa per l'errore... in effetti si legge molto chiaramente anche sulla foto dell'etichetta... grazie x la segnalazione Fabrizio :-)
Elimina"Sudista" nel senso che fa sudare?
RispondiElimina