...Eccovi servito un altro blend fatto con lo stampino....questi vini sono molto piacevoli per le nostre papille gustative, ben costruiti e ben equilibrati, ma in quanto a carattere hanno veramente poco da dire.
Domenica 24 Ottobre ci si sveglia a fatica dopo il “rumoroso” concerto di Peter Kernel la sera prima, ma alle 9.00 ho già fatto colazione e acceso il motore della mia utilitaria pronta a scattare verso Moncalvo, Fiera del Tartufo bianco del Monferrato (per chi vuole si replica domenica 30 ottobre).
Avevo già programmato un ritorno tra le colline del Monferrato un mesetto fa, per un giro cantine in occasione della rassegna “Benvenuta Vendemmia”, ma a causa di un cielo a pecorelle (e relativa acqua.. fate voi la rima...) avevamo rinunciato e optato per una degustazione casalinga.
La fiera è presa d’assalto, un sacco di gente e un sacco di pullman ingolfano le strade che portano alla piazza di Moncalvo. L’area è invasa da bancarelle e stand, sono oltre 140 gli espositori e quasi tutti offrono prelibatezze eno-gastronomiche, soprattutto dell’area Piemonte-Monferrato. Inutile negare... lo shopping è stato sfrenato, chi ama l’enogastronomia non può rimanere indifferente a tanto ben di dio.
Dopo un paio d’ore abbandoniamo la piazza (o meglio il campo di battaglia vista la ressa) carichi di sacchetti, (Barbera, Ruché, funghi, formaggi, dolci alle nocciole ecc…) e ci dirigiamo verso Camagna Monferrato; ormai è l’una e la pancia recrimina attenzione. Ci dirigiamo verso un piccolo ristorante a conduzione familiare chiamato “Trattoria di Campagna 1997”, ne abbiamo sentito parlare bene e così abbiamo prenotato. Arriviamo così in questo paesino sperduto tra le colline del Monferrato e svoltiamo in un piccolo vicolo, al termine del quale c'é un piccolo parcheggio da cui si gode una bella vista panoramica. Sulla destra ecco la trattoria. Esternamente non gli dai 2 lire, giardino incolto, una piccola casa vecchia senza insegna, e una porticina malconcia per entrare. Poi però osservi le decine di adesivi di guide attaccate alla porta, vedi anche la lumaca arancione di Slow Food e allora capisci che forse non sei finito “in culo ai lupi”, ma stai per addentrarti in una piccola chicca della ristorazione piemontese. E così sarà.
Conduzione casereccia ma con stile, moglie e marito all’opera (lei gestisce la sala, lui è il re dei fornelli), una trentina di coperti non di più, cucina tradizionale ma curata e ricercata. Dagli antipasti al dolce è un insieme di assaggi, in un percorso che si addentra nella gastronomia del Monferrato, dai bolliti misti (che metto al primo posto), ai tajarin passando per il fritto alla piemontese (che metto all’ultimo posto, sarebbe stato meglio un classico brasato), terminando con i dolci. Tutto di molto buono, in costante equilibrio tra tradizione e creatività.
Ovviamente tanto ben di dio va accompagnato da una buona bevuta, anche perché di vino si parla in questo blog e non di gastronomia o delle mie gite domenicali. Eccoci presentata una specie di carta dei vini. In realtà trattasi di un foglio unico con una quindicina di bottiglie consigliate "dal marito". Considerando la tipologia di trattoria mi aspettavo una selezione molto più autoctona e locale, puntavo deciso sulla Barbera d’Asti e il Ruché, magari qualche alternativa “langofona”, invece la lista è molto più variegata, con bottiglie di varie regioni italiane e alcune proposte dalla Francia.
Decido di provare con un vino francese un Bordeaux di Saint-Emilion e lo scelgo principalmente per 3 motivi. Uno, non potendo puntare sul territorio tanto vale sperimentare. Non capita spessissimo di trovare nella carta dei vini di una trattoria, bottiglie francesi. Due, una politica dei costi decisamente interessante e alla portata di tutti. I vini proposti rientrano tutti in una fascia di prezzo che va dalle 15 alle 20 euro. Direi ricarico onesto e scelta politicamente corretta. Certo leggendo la carta posso dire che non ci sono bottiglie particolarmente interessanti o di alto livello, comunque una politica del prezzo contenuto che condivido, anche se su queste cifre si poteva fare di meglio. Terzo, che poi è anche il motivo principale, la curiosità. Mi ha sempre interessato tutto il discorso sull’americanizzazione del vino negli ultimi 20 anni, una tendenza che ha portato all'omologazione del gusto e che è partita proprio dai produttori di Bordeaux.
E allora proviamolo un Bordeaux a basso costo e verifichiamo se il gusto è così similare a molti blend di casa nostra, interessati più ad avere un carattere “piacione” che “personalità”. Allora il vino che ci portano al tavolo è un Bordeaux Grand Cru AOC 2008 dello Chateaux Badon La Garelle, di Saint-Emilion, bellissima cittadina medioevale circondata da vigne e patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Il vino è un blend in puro stile merlottiano, dove le uve di questo vitigno rappresentano l’85% dell’uva utilizzata, mentre il restante 15 è a base di Cabernet Sauvignon. Allora senza entrare troppo nei dettagli, diamo subito una risposta al quesito che ci siamo posti inizialmente sulla somilianza tra i vini moderni... e la risposta è si!! Chi fino ad oggi ha sostenuto teorie in merito all’omologazione del vino, spiegando che poco importa dove li acquistate, se in Italia, in Francia, in Spagna o in California, tanto sono identici, beh, aveva ragione.
Ricordate il post sulla degustazione del Rosso 2007 della cantina Avignonesi? Ricordate che avevo mosso delle critiche in merito al fatto che mi trovavo di fronte al solito Supertuscan dal gusto internazionale? Eccomi servito con questo Bordeaux praticamente uguale al Rosso di Avignonesi. A migliaia di km di distanza non c’è spazio per le differenze. Il carattere, il terroir, la storia vitivinicola della regione di provenienza non si sentono assolutamente. I 2 vini ad etichetta coperta sarebbero quasi indistinguibili.
Dolcezza prima di tutto, zucchero a volontà, polpa, marmellata, frutta matura e un tocco di legno. Carico già dal colore, morbido, di facile beva e piacione. Gradazione alcolica sui 13%vol. Eccovi servito un altro blend fatto con lo stampino. Come ho già detto altre volte questi vini sono molto piacevoli per le nostre papille gustative, ben costruiti e ben equilibrati, ma in quanto a carattere hanno veramente poco da dire.
Prezzo al ristorante 17 euro, mentre in commercio lo trovate sulle 9-10 euro.
Soddisfatti dal mangiato, un po' meno dal bevuto, torniamo a casa con il baule pieno di Ruché e Barbera, sicuri di riscattarci con vini più rustici e territoriali. Un saluto al Monferrato e ai gestori della Trattoria di Campagna, ai quali ci permettiamo di consigliare una carta dei vini più centrata sul territorio. Per il resto tanto di cappello.. alla prossima bevuta.
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