...Prodotti schietti, fatti con un'idea di vino antica, niente affinamento in barriques nuove, gradazioni alcoliche elevate, polpa marmellatosa e zuccheri, in questa zona della Valtellina denominata Costiera dei Cech, trovate tanti piccoli vignaioli i cui vini sono espressione di poche parole ma tanta fatica, lavoro e amore per la terra.
Domenica 02 ottobre partiamo in direzione Valtellina per la manifestazione “Morbegno in cantina” annuale iniziativa intinerante tra le storiche cantine di Morbegno e di alcuni comuni limitrofi (Traona, Mello,Dazio ecc..). E’ la prima volta che partecipo a questa iniziativa e ne vengo a conoscenza grazie all’invito di alcuni amici che partecipano già da alcuni anni.
Siamo in 5, giusti giusti per fare una smacchinata, porto con me uno zainetto, l’obiettivo è riempirlo di bottiglie interessanti, magari di qualche produttore meno conosciuto o difficilmente rintracciabile nelle enoteche del Varesotto; mi piacciono parecchio i vini a base Nebbiolo e anche qui in Valtellina con questa tipologia di uva si riescono a produrre vini qualitativamente eccellenti (Sfurzat su tutti, ma anche Sassella,Grumello,Inferno ecc…). Alla fine tornerò a casa con zero bottiglie di vino, per una serie di motivi che poi vi spiegherò, ma comunque non proprio a mani vuote, saranno infatti formaggio, dolci (Bisciola, una pagnotta con uvetta, noci e fichi secchi) e la fantastica Slinzega a riempire il mio zaino (per chi non la conosce è una specie di Bresaola aromatizzata con cannella, garofano, pepe, aglio, alloro e vino rosso).
Comunque vi racconto un po’ come è andata la giornata e cosa abbiamo trovato e degustato. Ci siamo diretti al paesino di Traona, preferito a Morbegno in quanto più caratteristico e meno affollato. Giornata più estiva che autunnale, arriviamo per ora di pranzo (ottimo il menù tradizionale, con 10 euro una abbondante razione di polenta taragna con brasato, formaggio, dolce) e siamo accolti da un paese piuttosto sonnolento. Le attività sono appena cominciate e a quanto ci raccontano il “giro cantine” del sabato sera è stato piuttosto affollato e animato da un tasso alcolico sopra le righe. Quindi risveglio lento e faticoso. Oggi poca gente e soprattutto pochi gruppi di giovani chiassosi con l’unico scopo di bere il più possibile.
Il giro degustazione comprende 11 cantine storiche situate nei sotterranei del paese, quindi brevi distanze da percorrere, una sola degustazione per cantina (quasi sempre con una sola tipologia di vino), costo di 13 euro e come sempre bicchiere per degustazione serigrafato con tracolla porta-bicchiere di Bertinottiana memoria.
Iniziamo il giro della cantine verso le 14, dopo aver pranzato e aver preparato lo stomaco, 11 bicchieri di vino a stomaco vuoto possono essere pericolosi. Furbescamente partiamo dal fondo, per un satanico giro all’incontriamo, così evitiamo il grosso della “people” che si muove ordinatamente dalla prima all’ultima cantina.
Queste antiche cantine sotterranee non sono più utilizzate dai vignaioli locali e vengono riaperte e decorate con cura solo per queste occasioni festaiole, una situazione molto casereccia e rurale, dove oltre al vino è possibile assaggiare anche qualche formaggio, affettati e dolci tipici.
Ma parliamo un po’ delle degustazioni e iniziamo con le cose che mi sono piaciute meno.. allora questo giro cantine di Traona è più adatto ad un’allegra scampagnata in compagnia che non ad un vero e proprio giro degustazione. Chi come me andava cercando una via di mezzo è rimasto un po’ deluso. Non volevamo di certo fare il giro cantine da 35 euro con i signori dell’A.I.S. , perché ci sembrava una situazione troppo “ingessata” e dispendiosa, però, pur cercando un percorso più rustico e popolare, mi aspettavo comunque qualche bevuta più interessante e di livello, nonché la possibilità di interagire con viticolturi, produttori ecc… invece al banco degli “assaggi” abbiamo trovato più che altro i volontari del paese, alpini, uomini della protezione civile, le signore dell’oratorio ecc.. tutti a versare vino prodotto da altri. Alla prima degustazione una simpatica sign. ci illustra il bevuto, giusto 4 informazioni di base, alla mia domanda se il vino fosse fatto solo con uve Nebbiolo o assemblato con altre uve la risposta che ho ottenuta è stata “no, viene fatto con uva Chiavennasca”, così già alla prima cantina ho smesso di fare domande e ho buttato giù senza troppo indagare.
In totale 11 degustazioni, con 4 piccoli viticolturi proprio del paese di Traona, mentre il resto delle cantine offriva vini di produttori più o meno famosi dell’area Valtellina, come ad esempio Bettini, Balgera, Negri e Sertoli Salis.
Purtroppo la proposta si basa sui vini meno pregiati, solo Balgera ha offerto una degustazione a base di Sassella e Valgella, non a caso da un punto di vista organolettico e strutturale sono stati i vini che più ho apprezzato, mentre purtroppo Sertoli Salis ha proposto un semplice Rosso Valtellina che purtroppo ho assaggiato per ultimo, quando ormai bevi-bevi risultava difficile apprezzare a pieno il bevuto. L’ultima pecca è stata l’impossibilità di acquistare le bottiglie direttamente in cantina. Degusto, mi piace, mi porto una bottiglia a casa. Invece qui no, forse per ragioni di sicurezza o evitare gli eccessi, ma non era possibile acquistare bottiglie in cantina. Peccato.
Di positivo devo segnalare molte altre cose, forse meno tecniche e meno legate al bevuto, quanto nell’insieme alla bella e paesana iniziativa, alla meticolosa cura con cui sono state riaperte e allestite le antiche cantine di paese. Niente sommelier, barricaie che sembrano gioiellerie e tenute a 5 stelle, ma un ricongiungimento rustico e genuino con la cultura e la tradizione di un piccolo paese di montagna e i suoi vignaioli, dove le vigne terrazzate partono dal paese per salire lungo il crinale che guarda a sud, dove il vino si produce e si beve di anno in anno, e che sa soprattutto di uva.. il vino come lo beveva mio nonno, semplice ed essenziale espressione di un territorio e del suo produttore.
Proprio per questo è stato davvero un piacere riuscire a scambiare due parole con alcune persone del paese che producono vino. Al diavolo le nozioni tecniche, i loro racconti parlano di storia, di tradizione di aneddoti su come si faceva il vino una volta, che l’uva si pigiava con i piedi, ma da donne vergini, così ne usciva un vino più nobile, il tutto raccontato sempre con il sorriso sulle labbra, un po’ in italiano e un po’ in dialetto e quando chiedi che tipo di vino producono ti dicono solo che fanno un vino genuino e sincero, fatto con l’uva vera.
Probabilmente (grazie a Dio) qui Wine Spectator non sanno neanche cosa sia e poco importa se il risultato del loro lavoro siano modesti vini da tavola da 12%vol., rustici e pungenti; perché sono le parole e i racconti dei produttori, l’acidità dei vini, le pareti del bicchiere che diventano quasi viola alla prima rotazione, un vino impenetrabile da cui non filtra neanche un raggio di luce a riconciliarci con il mondo del vino, quello vero, rustico e sincero che molto spesso oggi facciamo fatica a ritrovare nei più famosi produttori.
Qui non si cerca l’eccellenza, ma quasi mi commuovo quando un vignaiolo come il signor Bonini mi manda un mail il giorno dopo averlo conosciuto, per chiedermi quasi con timore, se avrò un giudizio negativo del suo vino non soffisticato, ma che comunque è fatto con sincerità, passione e soprattutto uva. Prodotti schietti, fatti con un'idea di vino antica, niente affinamento in barriques nuove, gradazioni alcoliche elevate, polpa marmellatosa e zuccheri, in questa zona della Valtellina denominata Costiera dei Cech, trovate tanti piccoli vignaioli i cui vini sono espressione di poche parole ma tanta fatica, lavoro e amore per la terra.
E che dire di quando giù in cantina Antonio mi spiega con parole che più semplici non si può, che il suo vino è più buono di quello che produce il suo amico? Perché pur con vitigni e processi produttivi simili, le uve non sono mai tutti uguali, le piante anche se a pochi metri di distanza hanno caratteristiche diverse, e quindi anche i vini sono differenti. Ecco qua il concetto di “terroir” spiegato in due minuti nella maniera più semplice e naturale possibile tra una battuta in dialetto e uno sfottò all’amico vignaiolo.
Non mancheremo mai di nutrire profondo rispetto per questi produttori, che ovviamente propongono un vino semplice, ma è anche vero che alcune cantine riescono a proporci vini di grande spessore e importanza con questa filosofia di semplice e naturale cultura contadina, con genuina passione e rispetto per la terra e i suoi frutti.
Non siamo riusciti a scoprire nuovi grandi vini; ma è sempre meglio un sanguineo e dignitoso bicchiere di "vino da tavola" che un bicchiere di pregiato Brunello prodotto da una cantina di fama internazionale ma con uve taraccote.. (e che la maffiopoli del vino ha avuto il coraggio di nominare “ambasciatore del sangiovese nel mondo”). Forse al palato in una degustazione alla cieca voteremmo per il Brunello taroccato, ma quando conosci il produttore (unico e vero metro di giudizio) non puoi non ammirare un vignaiolo come il sign. Bonani, esempio di viticoltura autentica, non omologata e in un certo senso “resistente” (e che sa produrre un vino di pronta beva davvero piacevole).
Nel complesso una bella esperienza, mi permetto di segnalare tra i bevuti il Valgella di Balgera (se non ricordo male annata 2001) per struttura e persistenza, diciamo il vino più "di spessore" assaggiato; ma anche il rosso “casalingo” del sign. Bonini , sicuramente la miglior bevuta tra i produttori locali insieme al Sentimento della Coop. Agr. Terrazze dei Cech, e all' Orgoglio di Piccapietra, vini che pur nella loro rusticità mi sono sembrati dignitosi, schietti e piacevoli alla beva.
Se solo questi sign. avessero la voglia e la possibilità di investire nelle loro cantine e provare a proporre almeno una linea di vini di qualità superiore, con affinamento in botti di rovere ecc…, diciamo come si fa con il Nebbiolo a Gattinara, potrebbero uscirne fuori delle eno-chicche davvero interessanti, ma forse questo significherebbe snaturare la loro naturale ed eroica attitudine di vignaioli d'altri tempi.
Bene così quindi… e da oggi My Sharona dei The Knack diventerà My Traona!! (Passatemi la stronzata ma ho visto scritto My Traona sul guestbook di una cantina e mi é troppo piaciuta!!)
Bellissima recensione... io abito a Traona e come altri,purtroppo non molti a tempo perso,coltiviamo la vigna e facciamo il vino.Negli ultimi anni molti coltivatori hanno abbandonato i vigneti e i pochi rimasti sono perlopiù gente di una certa età che lavora per passione e produce il vino per proprio uso.Qui nella bassa valle , da pochi anni è sorta una cooperativa, quella che produce il "Sentimento" ma non c'è una forte adesione, ognuno preferisce fare da sè e quindi non si riesce a dare grande risalto al vino prodotto in questa zona rispetto ai vini piu' conosciuti dell'alta Valtellina.Per quanto riguarda la manifestazione delle cantine ,il regolamento vieta di distribuire vino prodotto nella zona dai privati , il vino deve essere quello delle cooperative o quello delle varie case vinicole.Complimenti per l'articolo, quello che hai scritto rispecchia la realtò.Buona giornata CArmen
RispondiElimina