Acquistata alcuni anni fa e praticamente dimenticata fra decine di bottiglie in cantina, é arrivato il momento di tirare il collo a questa bella boccia (forse 6 anni in cantina sono un po' troppi per questa tipologia di vino).
Comunque nonostante gli anni passati, devo ammettere che il vino si é mantenuto dignitosamente e pur essendo nella sua fase discendente si é rilevato davvero notevole.
Si tratta di un I.G.T. rosso del Lazio, Agropontino per la precisione, anche se il vitigno, come il nome dimostra, non é per nulla autoctono, ma bensì di provenienza francese e precisamente del Medòc bordolese dove viene in parte utilizzato per la produzione di alcuni Bordeaux.
L'azienda agricola in questione é il Casale del Giglio di Le Ferriere, provincia di Latina, gestita dalla famiglia Santarelli, attiva nel mondo del vino dal 1914. E' però solo nel 1985 che prende il via un interessante progetto di sperimentazione con alcuni ricercatori universitari, denominato appunto Casale del Giglio. Grazie ad alcune analisi sull'ecosistema viticolo della zona e su prove sperimentali atte a migliorare il sistema produttivo e qualitativo di alcune tipologie di vitigni, si sono ottenuti ottimi risultati di cui possiamo godere oggi degustando i lori vini.
Il progetto ha ottenuto un successo tale, da consentire a questa azienda di diventare con 125 ettari vitati e 1.200.000 bottiglie prodotte, uno dei punti di riferimento del movimento vitivinivolo del Lazio. Pur essendo amanti ed estimatori dell'autoctono, della tradizione e delle radici contadine, dobbiamo ammettere che al Casale del Giglio puntando sulla modernità e sull'internazionalità, sono riusciti ad ottenere con questo Petit Verdot un vino davvero amabile.
Ottenuto con la vinificazione in purezza di questa varietà tardiva del Bordeaux, vengono raccolte uve particolarmente mature, vinificate in parte a cappello sommerso e in parte con follature e fermentate, sempre a cappello sommerso, per una quindicina di giorni.
Terminata la svinatura avviene la fermentazione, parte in acciaio e parte in legno. Per concludere dagli 8 ai 12 mesi di affinamento in barriques e 6 in bottiglia.
Passiamo alla degustazione... Colore rosso rubino carico con riflessi violacei. Al naso sprigiona una buona intensità aromatica, con note di frutti rossi maturi, ma anche spezie, vaniglia e liquirizia. Nell'insieme vinoso con una nota alcolica persistente (13%vol.). Nell'insieme un bel bouquet variegato ed elegante. Al palato si presenta di buon corpo e struttura. Equilibrato da tannini morbidi e vellutati, caldo e piacevole, di buona intensità, con un finale abbastanza persistente che rilascia aromi speziati.
Nel complesso un vino ben fatto, equilibrato, piacevole e costruito a puntino. Amando i vini che sanno rappresentare il "terroir" di appartenenza, risulta un po' troppo "costruito", ma innegabilmente si tratta di un prodotto di qualità indiscutibile, che ben giustifica il prezzo di acquisto (tra le 8-9 euro.)
Facilmente reperibile presso la grande distribuzione, grazie al buon corpo e struttura dimostra buona longevità e ben accompagna piatti di carne e formaggi stagionati. Sicuramente un buon vino sia per delle cene che da assaporare davanti al caminetto.
ciao, innanzitutto complimenti per la recensione. Proprio questa sera ho aperto un petit verdot della stessa azienda e mi chiedevo cosa se ne dicesse in rete, inoltre credo che andando sulla grande distribuzione anche a livello qualità prezzo si tratta di un vino che può regalare piacevoli sensazioni, qui a Roma lo paghiamo anche 7 euro.
RispondiEliminaUn unico appunto relativo al momento in cui scrivi "il vitigno non è per nulla autoctono". In realtà pur non trattandosi di un vitigno autoctono possiamo definirlo un vitigno di territorio.
Infatti dopo la bonifica dell'agropontino, intorno al 1930, inizio l'immigrazione in quelle terre dei contadini friulani e veneti (all'epoca Regioni poverissime) e furono proprio loro a portarsi dietro il vitigno internazionale (in Friuli i vitigni internazionali hanno due secoli di storia), prova di tale radicamento storico sono proprio i nomi di origine friulana e veneta dell'attuale zona dell Agropontino come Borgo Podgora, Borgo Sabotino, Borgo Grappa etc.. Quindi anche il vitigno internazionale nella zona in questione ha una sua storia ben definita.
A proposito, ti manda i saluti di Corinna, della cantina il Cerchio a Capalbio ;)
Francesco
grazie x l'interessante delucidazione... é una delle prime recensioni che ho scritto... quindi qualche cavolata in questi scritti d'annata può esserci... il blog mi serve prorprio come strumente per imparare e condividere e non per insegnare... quindi grazie... probabilmente oggi... questo vino non sarebbe arrivato ad un 7 in pagella... degustibus...ciao Simone
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